Hogwarts: Il Paiolo Magico - {Harry Potter GDR}

[VACCINAZIONE] - Leah Ashfield

CONCLUSA - 07/2018 - crystal;

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    L'arrivo in Galles degli Ashford aveva rivelato a Leah un dettaglio che avrebbe inciso nel suo modo di vedere il grande quadro e pianificare le mosse da opporgli: non sempre le cose vanno come previsto. Non importa quanto duramente si cerchi di tracciare il percorso passo per passo, un fiore qualsiasi potrebbe decidere, svegliandosi al mattino, di rilasciare una qualche sostanza tossica e far ammalare la popolazione magica, con il rischio di ucciderne qualche esponente illustre. Il riferimento ai fiori, nei pensieri di Leah, non era casuale, e specialmente dai girasoli, o dei simili loro, non si sarebbe aspettata un'agguato appena sbarcata nel vecchio continente. Fortuna volle che sua nonna fosse un'esperta biologa, medica, scienziata o giù di li, ancora non le era chiaro, e l'avvisasse della sventura abbattutasi sull'isola che abitavano al primo momento utile.
    Nonna Deanna spiegò a Leah e ai suoi genitori i dettagli di quel morbo, Henantus, o un nome del genere che alla bambina evocava il mare della Grecia, con tanta ricchezza di dettagli che sua nipote si sarebbe sentita in imbarazzo nell'ammette che, a conti fatti, le erano rimasti impressi soltanto due dati: che la malattia veniva sparsa da fiori simili a girasoli e se trascurata poteva rivelarsi mortale.
    Una persona meno maniacale di lei si sarebbe consolata pensando a sua madre. Olivia infatti sembrava comprensibilmente ossessionata soltanto dalla mortalità del morbo, e dal momento in cui Deanna ne aveva parlato loro sembrava decisa a diventare esperta di morbi di Henantus e girasoli magici. Chiedeva conto di qualsiasi aspetto della malattia alla suocera ogni volta che l'anziana donna restava ferma abbastanza a lungo da poter registrare una domanda per intero, e Leah, al terzo giorno dal loro arrivo, non poté che dirsi ammirata per la pazienza con la quale sua nonna riusciva ripetere la stessa solfa, sempre identica, senza mutare il tono di voce. Elemento in comune di tutte quelle conversazioni era la conclusione, molto simile a un rito propiziatorio con il quale Olivia teneva a bada l'ansia, con Deanna che si trovava a confermare che si sarebbero recate al San Mungo esattamente il lunedì successivo, e che no, Leah intanto non avrebbe corso rischi.
    Per quanto il comportamento di sua madre apparisse esagerato, in fondo Deanna sguazzava nel suo campo, più o meno, quello medico, e le sue valutazioni potevano dirsi più autorevoli delle parenti americane, a volte Leah, nei pomeriggi solitari o nelle notti insonni, domandava a sé stessa se la decisione di lasciare gli states per il Regno Unito non fosse stata frettolosa, se le pessime avvisaglie non qualificassero allo stesso modo la scelta di Hogwarts o se non stesse dando troppo peso a semplici coincidenze. La risposta a cui giungeva era sempre la stessa: arrivata a quel punto la strada non prevedeva giravolte che la riportassero al punto di partenza.
    Il lunedì mattina si svegliò avvertendo un fiotto d'agitazione correrle lungo i polsi, cosa che Deanna notò subito al tavolo della colazione, durante il quale affrontò ancora una volta l'argomento con piglio professionale venato d'umanità da nonna. Se anche il discorso non l'aiuto a superare la fase del panico - qualcosa avrebbe potuto andare storto? e in quale percentuale? -, e l'apparizione di Olivia la caricò di ulteriore stressa, le parole della nonna la distrassero dal controllare l'orologio con frequenza maniacale, e arrivata l'ora di ricorrere alla passaporta si stupì di non aver fatto caso allo scorrere del tempo.
    Il cucchiaino da tè incantato scaricò le tre Ashford senza troppi complimenti nell'appartamento che la società privata per cui Deanna lavorava le metteva a disposizione ogni qualvolta avesse bisogno di soggiornare a Londra. Si trattava di un trilocale molto elegante, come il tappetto sul quale Leah si ritrovò stesa dopo un viaggio turbolento. Il tempo per visitare le altre stanze, disse Deanna, sarebbe giunto prima del viaggio di ritorno, e con un fare sbrigativo che Leah non sapeva le appartenesse le condusse fuori, e poi lungo un tragitto di saliscendi in taxi e bus che aveva per meta finale la vetrina di un magazzino, dentro la quale un manichino abbigliato in modo orrendo abbatteva la valutazione dell'immobile. Deanna si fermò proprio davanti a quello e, con sorpresa di Leah, ancora alle prime armi con i metodi di occultamento dei maghi inglesi, intavolò una conversazione riguardo i motivi della loro visita. Il manichino si dimostrò comprensivo e li fece passare attraverso la vetrina per trasportarli nella sala d'aspetto di un ospedale.
    "Forza, andiamo," Deanna spronò Leah, ancora a bocca aperta per essere passata inosservata in quella ressa di babbani che sciamava sul marciapiede, ad affiancarsi a lei per condurre in prima persona le trattative con la donna alla reception, la quale la informò, in tono cortese, che il suo piano era il secondo, e avrebbe potuto raggiungerlo seguendo la via indicata dal suo braccio.
    Leah ringraziò e precedette nonna e madre per la via fino alla più classica delle porte da ospedale. Bussò e attese che la facessero entrare.
    "Buongiorno, dovrei effettuare la vaccinazione per il morbo di Heliantus." un effetto positivo delle chiacchiere ripetute? Dopo qualche giorno aveva almeno imparato il nome corretto del morbo.


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    Non ho trovato la stringa di codice per colorare il titolo, sorry ç_ç


    Edited by crystal; - 29/6/2018, 02:21
     
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    Fortunatamente il caos per le vaccinazioni per il morbo, aveva avuto il suo picco ben prima del mio ritorno al San Mungo, ritorno che comunque era stato abbastanza movimentato. L'ultimo turno l'avevo passato al terzo piano, al reparto di avvelenamento. Insomma, vedere gente diventare blu o vomitare praticamente ovunque non era mai una bellissima scena.
    Ero quasi a fine turno quando venni mandato al piano sotto a quello dove mi trovavo, quello dove, per l'appunto, eseguivamo i vaccini. Non avevo idea di quanti vaccini fossero stati somministrati quel giorno, ma per non aver richiesto rinforzi probabilmente l'afflusso non era stato eccessivo. Non sapevamo se questo fosse un bene, però, perchè o si erano vaccinati tutti oppure gli anti vaccinisti seguaci di Smith erano più di quanti pensavamo. Avevo seguito la vicenda dall'inizio, dall'arresto di Smith fino al processo preliminare, ma la fine di quella storia sembrava esser bella che lontana.
    In ogni caso mi ritrovai nella piccola stanza in cui eseguivamo i vaccini e, già pronto per la somministrazione, aspettai che la capo reparto per quel giorno, mi portasse il paziente. Era una ragazzina bionda, che, secondo quanto diceva il foglio delle prenotazioni che avevo sulla scrivania, doveva chiamarsi...Leah!
    ”Ciao Leah, io sono Alexander, accomodati pure” le dissi indicandole una sedia ed evocando un bicchiere d'acqua che le porsi. ”Allora, dimmi, ti sei già informata sul motivo per cui sei qui a fare la vaccinazione? E soprattutto di questa nuova malattia?” Non avrei di certo fatto un vaccino ad una persona senza che questa sapesse il motivo per cui lo stava facendo.
    Una volta risposto alle sue domande, nel caso ce ne fossero state, mi alzai per andare a recuperare velocemente tutto quello che mi sarebbe servito per il vaccino, compresa la fiala stessa contenente il liquido da iniettare. ”Con che mano scrivi?” chiesi, mentre finivo i preparativi, senza guardare la giovane in volto. Poi, una volta ottenuta la risposta chiesi: ”Puoi scoprire il braccio?” In questo modo avrei potuto fare tutto quello che c'era da fare per l'occasione.
    "Londra"


    Rispondi semplicemente alle domande e descrivi l'iniezione <3
     
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    Qualunque bambino abbia frequentato le scuole almeno per un giorno ha sentito pronunciare il suo nome da un adulto e dovrebbe essere preparato al suono che le orecchie ricevono nell'udirlo. Leah credeva di esserlo, eppure quando Alexander, il guaritore toccatole in sorte per la vaccinazione, pronunciò il suo avvertì una vampata di calore avvolgerle il collo. A colpirla non fu tanto l'aspetto del mago, curato e nel complesso piacevole, e neanche il fatto che fosse più giovane di suo padre, quando una sua mancanza imperdonabile. Non la rincuorava nemmeno che il mago non vi avesse fatto caso. La professione e la scortesia delle persone da visitare dovevano aver fatto si che facesse il callo alla maleducazione, ma lei teneva a certe cose, e il non essersi presentata appena varcata la soglia, ma aver sparato a zero sul perché della visita, la turbava. Avrebbe dovuto rimediare? E in che modo? Il guaritore aveva proseguito senza indugi, tornare indietro avrebbe rimarcato l'errore grossolano e creato imbarazzo, almeno in lei. Decise di passar sopra alla questione, e appuntarsi soltanto l'esperienza per avvenimenti futuri. Sedette sulla sedia che il mago le aveva indicato, e bevve un sorso dal bicchiere d'acqua che lo stesso aveva appellato. A scatenarle la sete non era stato un bisogno fisiologico, e quando posò il bicchiere da dove lo aveva preso non mancava che un unico sorso. L'acqua tuttavia l'aiuto nello sciogliere la lingua, così riuscì a evitare ulteriori figuracce, come schiarire la voce più e più volte come un vecchio nonno gallese o non spiccicare una consonante già alla prima risposta.
    "Mia nonna mi ha spiegato qualcosa. Sa, in America non ne avevo mai sentito parlare. Dice che è causata da dei fiori simili a girasoli e che può essere letale. Di cose più specifiche non ne ricordo. Serve sapere altro?" per rimediare alla figuraccia era disposta ad ascoltare per l'ennesima volta una lunga, lunghissima conferenza sul morbo, e anche ad impegnarsi per impedire al suo cervello di divagare ogni qual volta fosse costretto a fare i conti con dei termini medici complicati.
    Fu sempre con quell'intento, e in parte per placare la sua mania del controllo e della pianificazione, che pose la domanda successiva.
    "Una volta vaccinata non avrò più problemi? O dovrò tornare e ripeterli come per le malattie babbane?" che fosse per le domande oppressive di Olivia sulla malattia nello specifico, o perché ritenesse scontate le risposte, nonna Deanna aveva sempre sorvolato sugli aspetti più pratici che sarebbero seguiti al primo vaccino.
    Fugati i dubbi, toccò di nuovo a lei rispondere.
    "Con la sinistra, sono mancina," e per assecondare la richiesta, che già sapeva sarebbe arrivata, in fondo i vaccini funzionavano in modo identico a quelli babbani, sollevò la manica e attese, osservando i preparativi del guaritore. In quell'istante, nel vedere il medico armeggiare con ampolle e siringhe, tanti dei bambini che conosceva avrebbero iniziato a sudare freddo, terrorizzati da un singolo, sottile, ago ipodermico. Leah si riteneva fortunata, se non altro in quel particolare frangente, e proprio non riusciva a spiegarsi cosa, di preciso, ci fosse da temere. Di punture se ne ricevevano spesso e dagli oggetti più disparati, e nella vita di tutti i giorni, nell'elenco delle più fastidiose, quelle per l'ago di una siringa figuravano di certo dopo quelle degli insetti. Ricordava con orrore la serata trascorsa insieme alla famiglia su una spiaggia della costa occidentale. Per tutta la durata della cena aveva dovuto scacciare moscerini, zanzare e chissà quali altri insetti molesti, e nella settimana successiva una delle occupazioni principali delle sue giornate era stata grattare le bolle che le loro punture le avevano causato per placare il prurito.
    Alexander si dimostrò meno molesto di una zanzara, o forse la pratica lo aveva reso più abile, al punto da non causare dolore ai pazienti. Dopo averle applicato del disinfettante sul braccio iniettò il vaccino con delicatezza, senza che Leah avvertisse la puntura. Una volta estratto l'ago, osservò l'incavo in cui braccio e avambraccio si congiungevano in prossimità del gomito per accertarsi che il guaritore avesse svolto il suo lavoro, e un puntino rosso sangue, subito coperto con del cotone e del cerotto, le confermò che Alexander aveva fatto il suo.
    "Tutto qua? Abbiamo finito?" le sue incertezze sul mondo magico continuavano a metterla in guardia sul dare per scontato ciò che tra i babbani lo sarebbe stato.

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    La ragazzina, alla mia domanda, non riuscì a rispondere in modo specifico, ma comunque un minimo ne sapeva, così non mi restò altro da fare che sorridere alla giovane. ”Molto bene, vedo che ti sei informata a fondo. Se vuoi saperne di più, puoi leggere altre informazioni su questo opuscolo.” esclamai in breve, allungando la mano e recuperando un foglio piegato a fisarmonica su cui c'erano decisamente molte informazioni in più rispetto a quelle che aveva nominato lei. Avendo terminato domande, iniziai la vaccinazione chiedendole il braccio sinistro e poi procedetti come ero solito fare, affermando che no, non avrebbe fatto male.
    Concluso il vaccino, riordinai il tutto mentre chiesi a Evelyn: ”Come è andata? Ti ha fatto così male come ti aspettavi?” Poi la invitai a tenere un attimo premuto il cotone sul punto in cui era stato iniettato il vaccino per prevenire perdite di sangue che potevano tranquillamente avvenire durante la procedura. Quando il tavolo medico fu svuotato delle cose, che erano state utilizzate, mi avvicinai alla ragazzina e le applicai un cerotto di carta per tenere in posizione il cotone, aggiungendo: ”Tra una decina di minuti potrai togliere il tutto senza problemi. Per ora ti consiglio di tenerlo così da evitare che tu ti sporchi o il punto si infetti.” Era altamente improbabile, ma mai dire mai! Quindi mi misi dietro la scrivania ed estrassi un librone da uno dei vari cassetti, appuntando la vaccinazione appena effettuata ed il nome della ragazza con una piuma abbandonata sul lato destro del tavolo. Mentre scrivevo, senza alzare gli occhi dal foglio, spiegai le ultime avvertenze alla ragazzina prima di lasciarla andare: ”Cerca di limitare gli sport o qualunque attività fisica almeno per oggi, mentre da domani potrai tornare attiva come ogni giorno. Non spaventarti in caso di febbre o altri effetti collaterali, che scompariranno nel giro di un paio di giorni al massimo. Se, però, dovessero persistere puoi rivolgerti all'infermeria di Hogwarts o direttamente a noi, qui al San Mungo.”
    Conclusa anche questa parte, mi alzai ed accompagnai la bambina alla porta, aprendola e lasciando che questa uscisse prima di lei, per poi richiudermi l'uscio alle spalle. ”Ora puoi andare e ti auguro un felice primo anno ad Hogwarts!” esclamai salutando Evelyn e guardandola trotterellare via, per poi voltarmi verso le scale e raggiungere finalmente la stanza dei medici, dove avrei recuperato le mie cose e sarei corso subito a casa a farmi una bella dormita ristoratrice.
    "Londra"



    Compilami questo form sotto code in off, ovviamente, e fai il post di uscita, poi abbiamo finito <3

    CODICE
    <tr>
    <td>[URL=LINK PROFILO]Nick[/URL]</td>
    <td>[URL=LINK SCHEDA PG]Nome Cognome PG[/URL]</td>
    <td>Casata + Anno PG (es: Corvonero, III anno)</td>
    <td>[URL=LINK VACCINAZIONE]00/00/00[/URL]</td>
    </tr>
     
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    L'atteggiamento tenuto dal guaritore durante il colloquio riuscì a mettere Leah a suo agio più di quanto le fosse mai capitato nello studio di un medico. L'interesse di Alexander per i pazienti andava oltre il dovere, l'aspetto medico fisico. Il modo in cui le chiese se avesse sentito male durante la vaccinazione le diede modo di lanciarsi in una delle ipotesi fantasiose che caratterizzavano le sue divagazioni. Forse l'abilità di Alexander risiedeva nella voce. Il guaritore era ancora giovane, gli anni di servizio pochi per affinare il tono profondo, metallico, tipico del medico vissuto che avendo affrontato ormai tutti gli scenari ripete in maniera meccanica parole e gesti dei quali si è anche un po' stufato. Per la seconda volta Leah si ritenne fortunata. Da quel giorno in poi avrebbe sperato di incontrare sempre medici giovani.
    "E' andata molto bene, non ho sentito alcun male," con le dita premette il cotone sul foro lasciato dall'ago come suggerito, fino a che il guaritore applicò al suo posto un cerotto capace di reggersi da solo. Nonostante il suggerimento di attendere per almeno dieci minuti prima di toglierlo, Leah sapeva quale sarebbe stata la sorte di quel rettangolino. Avrebbe giocato per un po' con le due estremità collose, schiacciandole ripetutamente per farle aderire meglio alla pelle, poi stuzzicandole con le unghie, giusto per passare il tempo fino a che non avesse trovato qualcosa di più divertente che la intrattenesse. Si sarebbe ricordata dell'esistenza del cerotto solo nel momento in cui la parte adesiva, cedendo solo in parte, le avesse causato abbastanza fastidio da costringerla a rimuoverlo del tutto.
    "D'accordo, dieci minuti," ripeté. Non era necessario far conoscere le sue ossessioni al guaritore, e neanche che di solito gli adulti dovevano impuntarsi per farle fare anche il minimo sforzo fisico, figurarsi sport e attività più pesanti. Per il resto, le altre conseguenze, avrebbe potuto far poco in ogni caso, se non sperare di non subire gli effetti collaterali. Insieme ai consigli terminarono anche gli obblighi burocratici del guaritore, che le comunicò di essere libera di andare e la salutò con un augurio per l'anno scolastico.
    "Grazie, e buon lavoro," rispose con cortesia, "arrivederci."
    Solo davanti alla porta Leah realizzò di essersi tolta un grosso peso dallo stomaco e le sembrò, avvertendo un formicolio che partiva dall'interno del suo corpo e si espandeva all'esterno, di essere più forte di quando era entrata al San Mungo.

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    CODICE
    <tr>
    <td>[URL=?act=Profile&MID=7897930]Nate D.[/URL]</td>
    <td>[URL=?t=75751316]Leah Ashfield[/URL]</td>
    <td>//</td>
    <td>[URL=?t=75763119]25/06/18[/URL]</td>
    </tr>
     
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