Hogwarts: Il Paiolo Magico - {Harry Potter GDR}

Duty

per Noruwei <3

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    Ethan Grant
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    ■ 16.10.2016
    ■ character sweet x
    ■ Hogwarts
    ■ Mood: Fuck you.
    ■ Settimo piano
    "Ethan, svegliati!" La voce della sirena dai capelli d'argento suonava dura. "E' il tuo turno, cazzo," la protesta della sua compagna di letto stavolta era incrinata dal desiderio. Ethan avvertì il calore del corpo di lei contro il suo, poi una lieve pressione al basso ventre, dove i suoi seni erano posati. Ethan obbedì al suo richiamo, non avrebbe resistito neanche si fosse opposto con tutto il suo essere. Lentamente aprì gli occhi, non sul mondo del sogno nel quale sperava di svegliarsi, ma in quello capovolto, reale. Sopra o sotto di lui, era difficile comprenderlo con i sensi ovattati, non c'era nessuna sirena e davanti agli occhi la chioma argentata era stata sostituita da una lama di luce lunare, tagliente e fredda come l'acciaio della spada di Godric. "Fanculo," sbottò Ethan, serranda le palpebre e voltandosi dall'altra parte. Nel tentativo di riacciuffare il fottuto sandman coprì la testa con il cuscino e premette i bordi sulle orecchie. Ma l'omino di sabbia era un gran bastardo, tanto sfuggente quanto capriccioso, e il ragazzo si arrese presto all'ennesima nottata in bianco. Dal ritorno a Hogwarts, per un motivo o per l'altro, non era ancora riuscito a dormire per un'intera notte. La sirena non faceva altro che presentarsi nei suoi sogni, farlo eccitare a dovere come le stronze seducenti della sua specie facevano in mille racconti pirateschi e abbandonarlo in quel dormitorio, sveglio e solo, ad ascoltare il concerto di fiati messo su dai suoi compagni di stanza. Quegli altri stronzi. "Vorrei sapere chi è il bastardo che si diverte ad aprire le tende del mio letto dopo che mi addormento," esclamò, la voce roca per il breve sonno. I letti attorno a lui rimasero indifferenti, e da loro, in risposta, si levò un nuovo coro di russa. Sospirò, rassegnato, e si voltò sulla schiena. In uno scatto d'ira lanciò il cuscino attraverso l'apertura nelle tende, dove la luna si era fatta strada fino a lui, senza puntare a un bersaglio preciso. Quello colpì la sponda del baldacchino accanto al suo e atterrò sul tappeto rosso senza far rumore. Ethan si voltò. Il letto bersagliato era quello di Allyn, ed era vuoto. Il prefetto doveva essere fuori per il turno di guardia. Ancora una volta non avrebbe avuto nessuno su cui sfogare il malumore. Sbadigliò, strofinò gli occhi, e piegò le braccia sotto la testa, a mo' di cuscino. Si era ormai abituato al chiarore argentato che irradiava il dormitorio, così come al bacio che la luna insisteva a riservargli attraverso le tende. Ti senti sola, vecchia baldracca dello spazio?! apostrofò la luna tra se e se, completando il giro dell'asino che lo portava a incolpare chiunque - o qualunque cosa - per la sua insonnia. "Un giorno verrò la su e assaggerai il mio, di bacio," fu la minaccia velata e irreale pronunciata mentre si tirava su a sedere. Nel non-silenzio del dormitorio, Ethan si sentiva inquieto. Non avrebbe retto a un'altra sera passata in sala comune a far niente. Sentiva il bisogno di una boccata d'aria, o forse era la prospettiva di una passeggiata notturna a stuzzicarlo e fargli accostare la monotonia della sala comune a una tortura. Scalciò con forza e si liberò dalla presa di lenzuola e coperte, gettandole a terra, di lato. Indossò un paio di blue jeans stropicciati e una felpa scura con cappuccio, recuperati dalla pila di roba che spuntava in maniera disordinata dal baule aperto. Dal comodino accanto al letto recuperò il pacchetto di sigarette sgualcito. Lo aprì e controllò che al suo interno vi fosse tutto ciò che gli serviva. Oltre a qualche sigaretta storta c'era perfino un accendino. Lo tirò fuori e fece qualche prova. Di norma, gli accendini che collezionava smettevano di funzionavano dopo poco averli sottratti al legittimo proprietario, quasi venissero colpiti da una particolare forma di karma. L'andazzo della nottata poi non era certo di quelli che ti fanno pensare a un'eccezione positiva. Fece scorrere la rotella, la pietra produsse appena qualche scintilla, poi si arrese, esausta. "Fanculo," protestò Ethan, scuotendo l'accendino. Richiuse il pacchetto e lo infilò in tasca, mentre la sinistra continuava a giocherellare con la rotella, facendola scattare a ritmo del russare dei suoi compagni. Da ultimo infilò le scarpe e si avviò verso l'uscita. "Dormite anche per me, schifosi bastardi," salutò i compagni di stanza. Uscì e richiuse la porta alle sue spalle. Il silenzio nella torre era assoluto, e nella discesa fino al ritratto non incontrò nessuno. La signora grassa abbozzò qualche protesta, ma Ethan la ignorò, accelerando il passo per allontanarsi dal suono fastidioso della vocetta stridula della loro guardiana. Arrivato all'angolo, si fermò e controllò che oltre quello non ci fosse nessuna spilla in agguato nel suo giro di ronda. D'istinto, la mano cercò l'impugnatura della bacchetta, infilata nella tasca dei jeans. Le dita del ragazzo si serrarono attorno al legno di corniolo, e subito il grifondoro si sentì meglio nel constatare di non essere indifeso. Sperava di non dover usare la bacchetta, specie contro quei nuovi prefetti del secondo anno, ma se quei piccoletti avessero provato a metterlo in punizione lo avrebbero trovato pronto. Dopo essersi accertato di aver via libera, Ethan svoltò l'angolo e proseguì la sua fuga. Avanzava per i corridoi senza fare più rumore del necessario ma senza nascondersi o prestare particolare attenzione dopo quella prima verifica fatta fuori dal dormitorio, quasi che il suo inconscio lo spingesse a fare qualche pazzia. A conferma di quell'attitudine, di passaggio davanti a un'ampia vetrata, sentì l'impulso irrefrenabile di fermarsi davanti e contemplare il parco. La fuori tutto era immobile, esattamente come lui in quell'istante.

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    Allyn Davies


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    e dita, infilate nella tasca della divisa scolastica, strinsero il freddo metallo. Il prefetto tirò fuori lo scellino, facendolo roteare un secondo nell'aria prima di riprenderlo al volo, mantenendolo nel palmo della mano. L'aveva trovato a Hogsmeade quel fine settimana, sul marciapiede, mentre usciva al Paiolo Magico. Il suo sguardo aveva sorvolato per una manciata di secondi la destra, venendo catturato al luccichio della moneta, probabilmente scivolata dal borsello di qualche strega distratta. Non se ne sarebbe mai accorta visto che si trattava solo di uno scellino - nulla di troppo valore. Quando si era chinato per raccoglierlo aveva sperato si trattasse almeno di un galeone, ma alla fine, constata la realtà, l'aveva comunque infilato nella borsa a tracolla, finendo per giocherellarci durante le lezioni, facendola girare sul banco distrattamente.
    Quella sera lui e la prefetta di Serpeverde - una tizia del secondo anno dalla lingua pungente - si erano divisi l'area del castello, in modo da sbrigarsela più in fretta. Per quel motivo Allyn Davies si ritrovava a vagare da solo nei corridoi con un senso d'inquietudine crescente ogni volta che gli pareva di percepire un cigolio alle spalle. L'abitudine, conseguenza del primo anno, lo portava a provare l'irrazionale timore di essere beccato, sebbene avesse il permesso di essere in giro a causa delle ronde.
    Se non altro aveva la scusa per farsi una passeggiata. Ormai aveva preso l'abitudine di addormentarsi tardi, rimanendo fino all'una in Sala Comune a giocare a carte finché tutti gli altri non andavano a dormire assonnati, costringendolo a imitarli. Rimaneva un'ora a fissare il soffitto, incapace di prendere sonno, ascoltando i mugolii di Grant a proposito di qualche sirena. Del resto, lui era l'ultimo che poteva biasimarlo visto la passionale nostalgia che provava nei confronti dei baci della sua ex, ma almeno Jiselle Levi non aveva una coda da pesce, ecco.
    Stare in dormitorio col resto del gruppo era la maggior parte delle volte uno spasso, anche se spesso gli altri - più che altro Grant e Fitz - si dilettavano a evidenziare il loro avere un anno in più. Poi, certo, c'erano le crisi nervose di Charles per il disordine, la mocciosa Macaulay sempre tra i piedi e l'odore di fumo che impregnava le tende, ma tutto funzionava più o meno bene grazie al fatto che come prefetto aveva adottato un adeguato atteggiamento omertoso. Nella sua avventatezza si sentiva affascinato dai loro atteggiamenti sfrontati e sovversivi e, influenzato da ciò, non si faceva troppi problemi a far loro da spalla nelle loro avventure.
    Facendo scorrere le dita sul corrimano si diresse verso il piano superiore, corrispondente al settimo, il quale corrispondeva all'unico che gli mancava per portare a termine il lavoro notturno. Aveva lasciato alla Hasting i piani inferiori, più che altro perché lui detestava i sotterranei - il clima umido, le ragnatele, la Sala Comune dei Serpeverde fin troppo vicina. L'unico vantaggio di fare le ronde con un prefetto di anni inferiori era quello di poter scegliere la tabella di marcia per il diritto dato dall'anzianità (che a voce si giustificava con "maggior esperienza").
    «Fate le brave.» mormorò rivolto alle scale che già prima l'avevano costretto a fare un giro assurdo per raggiungere il quarto piano visto che, proprio mentre stava per salire l'ultima rampa, avevano avuto il geniale impulso di spostarsi portandolo di nuovo al secondo. «Niente giochetti, bambine.»
    Saltato l'ultimo gradino fece un sospiro di sollievo, avanzando lungo il corridoio illuminato da fiaccole laterali che lo aiutavano a vedere un poco dove metteva i piedi. Hogwarts di notte aveva un'aria insolitamente cupa. Senza le orde di studenti che cianciavano nel dirigersi da una classe all'altra nella scuola regnava il silenzio, rotto solo da sinistri fruscii che gli facevano venire la pelle d'oca.
    «Chi c'è là?» gli sfuggì dalle labbra, notando una figura scura di fronte alle vetrata rivolta all'area ovest del castello. Aveva preso in mano la bacchetta e, la mano ferma, la puntava sull'ombra che, avvicinatosi di qualche passo orientandosi verso sinistra identificò come Ethan Grant. Abbassò il braccio, rilassando le spalle. «Che ci fai- Godric, non sono sicuro di volerlo sapere.» Ammiccò, chiedendosi se per caso il ragazzo si fosse intrattenuto con qualche compagnia femminile - magari in carne e ossa. Percepì il battito del cuore riprendere a un ritmo normale, passata l'adrenalita: dopotutto era solo Ethan, anche se non era certo di sapere a dove quello avrebbe portato.


    Edited by Noruwei - 1/2/2017, 16:02
     
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    Ethan Grant
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    C'
    era attesa nel corridoio silenzioso e vuoto del settimo piano nel quale Ethan si era fermato. Era come se le pareti attorno stessero trattenendo il fiato per lui, che osservata incurante fuori dalla finestra. Che star impalati davanti a una vetrata nel cuore della notte, ben oltre il coprifuoco, non potesse portare a niente di buono Ethan lo sapeva, ma non se ne curava. Il rumore di passi sempre più vicino gli strisciò addosso subdolo, raggiungendolo alle spalle dalla bocca di uno dei corridoi oscuri che avrebbe fatto meglio a imboccare prima che fosse troppo tardi. Ma ancora Ethan non si mosse. Al passaggio della luna che spuntava da dietro un banco di nubi, si ritrovò a ghignare sprezzante. Era un atteggiamento all'opposto di quello che gli era più affine, maturato fuori da scuola, che fissava in un basilare principio di sopravvivenza la propria stella polare. Eppure, nell'ambiente ovattato e protetto che era Hogwarts, in cui i prefetti e i caposcuola erano poco più che la caricatura dell'autorità che si ritrovavano a incarnare, Ethan sentiva di potersi e doversi misurare con loro. Sfidarli e riuscire a cavarsela con il minimo danno, qualunque questo fosse. Cavarsela con un tema di trasfigurazioni da scrivere per conto di un prefetto, con una punizione, o con due punti in meno nella clessidra di Grifondoro - dei quali gli importava poco - rappresentava una vittoria, se sull'altro piatto della bilancia si pesavano l'aver evitare lo sguardo assonnato di Lynch e le sue conseguenze o le ire di quel grandissimo stronzo che era Walker. Si trattava di una sfida con se stesso senza senso, nella quale era l'unico a perdere. Era però un gioco di abilità ben più stuzzicante di una stupida prova architettata da Moore nella sua stupida aula. I passi alle spalle del grifondoro suonavano sempre più vicini e nitidi. L'adrenalina di non sapere chi si sarebbe trovato davanti si mescolò all'impulso di allontanarsi, subito domato. La sua mente viaggiò veloce, elaborando i possibili scenari e le necessarie azioni che a questi si sarebbero potuti applicare. Il nuovo soggetto di quel piccolo quadro si fermò. La sua voce risuonò nel corridoio, ferma, forse per l'esperienza accumulata. Ethan non ebbe bisogno di voltarsi per comprendere che le sue speculazioni erano appena diventate semplice teoria, buona solo se conservata in vista di una disavventura futura. L'inflessione americana della parlata era fin troppo familiare. Ethan si voltò, sul suo viso era ancora presente l'ombra di quel ghigno irriverente ostentato poco prima, quando la minaccia era reale. "Ehi Al," salutò di rimando, rendendosi riconoscibile. Il tono del grifondoro era dei più distesi, come se avesse incrociato il suo compagno di stanza fuori dall'aula prima di una lezione. Allo stesso modo fece Allyn il quale, dopo averlo riconosciuto, abbandonò il tono da prefetto cazzuto, in favore di quello più colloquiale al quale erano abituati. Anche la sua insinuazione poteva essere inquadrata in un registro familiare. Ethan scosse la testa, poi puntò gli occhi in quelli del prefetto, ancora in penombra. "Non vuoi che ti renda partecipe di uno dei miei piani? Cazzo, quella spilla ti fa proprio un brutto effetto," lo canzonò. "Per tua fortuna e mia grande rottura, non stavo facendo proprio niente. Non riuscivo a dormire, così sono sceso per cercare compagnia. Anche in questo ho avuto sfiga, pare che dovrò accontentarmi di te," buttò li, sottolineando il falso disappunto tradito dal tono di voce divertito con un'incurante alzata di spalle. Senza distogliere lo sguardo da Allyn, portò le mani dietro la schiena, alla ricerca dell'appoggio offerto dalla vetrata. Quando lo trovò, vi aderì con la schiena e, il ginocchio destro piegato in un angolo stretto, con la suola della scarpa. "Tu, invece? com'è che sei senza spalla? non dirmi che hai già finito la ronda." E anche senza sentire la risposta, chiunque conoscesse Ethan avrebbe potuto facilmente immaginare gli ingranaggi del suo cervello lavorare in maniera frenetica per sfruttare una situazione potenzialmente divertente quale era quella.
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    on i compagni di stanza che si era ritrovato il giovane prefetto aveva imparato a chiudere un occhio - se non due - con incurante facilità, senza impegnarsi a imporre qualsivoglia apparente autorità, consapevole che i ragazzi del quarto anno gli avrebbero risposto con un elegante terzo dito. Del resto, se i ruoli fossero stati invertiti, lui avrebbe fatto lo stesso.
    Avendo iniziato direttamente le ronde, non aveva idea se Ethan avesse anche solo sfiorato col culo il letto né avrebbe saputo dirlo, visto che l'altro Grifondoro aveva un certo talento nel cacciarsi nelle situazioni più imprevedibili. «Pensavo fossi impegnato a tener compagnia a qualche vivace donzella.»
    Una mezza smorfia gli scivolò sulle labbra nel sentire pronunciare quella frase così simile al discorso fatto prima dell'estate da Isobelle Lagrange. Una finta sfumatura offesa gli attraversò gli occhi. «Dear, sono la miglior cosa che potesse capitarti.» Storse il naso con disprezzo. «Cazzo, pensa se ti beccavi i Serpeverde.» Probabilmente gli avrebbero rotto le scatole per settimane, tra punizioni e ramanzine che Ethan Grant - dall'alto dei suoi quattro anni da ribelle a Hogwarts - aveva sentito più e più volte.
    In fondo, lo sapeva, lui e Grant erano simili per quello andavano d'accordo. Non erano tipi da prendersi per manina a proclamarsi rispetto reciproco, ma nei modi tra il giocoso e l'irriverente con cui si parlavano era possibile cogliere la consapevolezza del considerarsi alla pari, anche se quell'anno in più portava l'altro un gradino più in alto.
    Avanzò di qualche passo, infilando la mano sinistra nella tasca.
    «La Hastings si occupa dei piani inferiori.» sbadigliò con falsa noia, mentre si chiedeva dove l'interlocutore volesse andare a parare con quella romanda. Poteva quasi sentire l'ingranaggi del cervello dell'amico girare con preoccupante velocità. «Dovrebbe avere finito, comunque.» aggiunse, rivolgendo un'occhiata all'orologio da polso, per poi tornare a studiare Ethan con un sopracciglio inarcato in modo interrogativo. «Che hai in mente?»
    Sapeva che forse sarebbe stato meglio persuaderlo a lasciar perdere, a non combinare casini, visto che, se ci fossero state prove troppo evidenti, la colpa sarebbe ricaduta anche su lui, essendo la sua ronda e, quindi, compito suo sorvegliare, eppure l'attrazione che proveva per il cacciarsi nei casini in modo idiota era troppo forte per non prestare ascolto al ragazzo.
    Probabilmente si trattava di un'idea dell'ultimo secondo, visto che in caso contrario avrebbe coinvolto anche gli altri. Non era insolito che Grant ideasse piani, assegnando compiti ai vari membri del gruppo per garantire una riuscita al novantacinque per cento. Solitamente funzionavano, ma vi era sempre qualche imprevisto che li portava vicini a essere scoperti mentre fuggivano dal castello o tagliavano le ore scolastiche o si dilettavano in qualche altro passatempo contro il regolamento scolastico.
    Di sicuro, però, non si poteva negare che Ethan Grant fosse una persona divertente.
    «Sai che non andrò a fare la spia.» sbuffò Allyn, roteando gli occhi, mentre un lampo d'interesse ne attraversava lo sguardo. Sapeva che alla fine l'altro gliel'avrebbe detto, che voleva solo farsi un po' pregare, ma quello non diminuiva il lieve fastidio.


    Edited by Noruwei - 1/2/2017, 16:03
     
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    Ethan Grant
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    L
    a replica di Allyn non si fece attendere e gli strappo un cenno di assenso interiore che non raggiunse mai le testa né le labbra, anche se in fondo non aveva mai dubitato che l'americano fosse la stesso di sempre e la spilla non sortisse il benché minimo cambiamento. Nel bene e nel male, Allyn aveva dimostrato di non farsi cambiare dalle responsabilità già l'anno prima, ed era una cosa che apprezzava.
    "Questo lo vedremo a fine serata, dear" replicò, ponendo l'accento sul quel bizzarro modo di apostrofare gli altri al quale non si sarebbe mai abituato, specie se rivolto a un'altro maschio.
    Nel sentir chiamare in causa i serpeverde, le labbra di Ethan disegnarono una sottile linea divertita, e tornarono a galla i malsani pensieri che gli aveva attraversato la mente solo pochi istanti prima. Non per rinnegarli o pentirsi di averli solo pensati, quanto per vagliare la possibilità di una nuova, divertente sfida di caccia al prefetto che avrebbe potuto sollazzarlo per tutte le notti a venire.
    "Quanto rimarresti sorpreso se ti dicessi che non mi sarebbe dispiaciuto incontrare uno dei nuovi baby prefetti?"
    In un certo senso trovava stuzzicante l'idea di farsi sorprendere a vagare nei corridoi da una delle nuove spille del secondo anno, se non altro per testarne la tempra prima di lasciarli alle grinfie di qualche altro studente più grande meno clemente di lui e di certo più abile nei diverbi tra bacchette. Di certo sarebbe riuscito a cavarsela sfruttando le ansie dei novellini. Due temi, qualche lezione extra e uno o due suggerimenti sui test gli avrebbero permesso di evitare il peggio e cavarsela con qualche punto in meno nella coppa delle case. A meno di non trovarsi davanti uno di quei coglioni fissati con la rivalità tra case, il cui massimo obiettivo era quello di spalar merda sui grifondoro, e allora avrebbe subito la punizione e rotto le palla ad Allyn per non averlo coperto. Ogni situazione aveva lati diverte nti, ma anche troppe rotture per mettere in atto piani del genere senza sapere niente su chi si sarebbe trovato di fronte.
    "Hastings," ripeté con fare assorto, dopo aver registrato le informazioni di Allyn. "E' quella del secondo o del terzo?" chiese, nel tentativo di far abbassare il sopracciglio del prefetto e posticipare una risposta che ancora non esisteva. Era tutta una questione di aspettative: vedi due che a una festa si appartano in bagno e sai cosa capiterà, incontri un amico casinista per i corridoi oltre il coprifuoco e allo stesso modo dai per scontato che abbia qualche piano geniale in mente, una destinazione figa o chissà quale scopo. Il problema era che quella sera non aveva programmato nessuna uscita: non sapeva che fare nel castello, né se il mondo babbano offrisse qualche svago particolare in una giornata del genere.
    L'altro problema era che nonostante i suoi difetti non riusciva proprio a tradire le aspettative che gli altri riponevano in lui, o di deludere un amico, anche se il suo tono risultava fin troppo impaziente.
    "Non fare i capricci, non ti si addicono," lo punzecchiò, osservandone il profilo. "E se credessi che sei tipo da fare la spia non perderei certo tempo a parlare del più e del meno, anzi non lo farei affatto," sbuffò serio, anche se il ghigno sul volto minava la durezza delle parole. Il fatto era che mentre parlava era riuscito ad abbozzare delle possibili soluzioni per trascorrere il resto della serata. Si staccò dallo scomodo appoggio offerto dalla vetrata e fece qualche passo verso il centro del corridoio, per poi voltarsi a fronteggiare Allyn.
    "Per come la vedo abbiamo due possibilità: prendiamo il nottetempo e ci facciamo un giro dove la gente vive anche a quest'ora, o accettiamo di non aver voglia di fare un cazzo e ci scoliamo l'ultima bottiglia di incendiario che mi è rimasta fino a che siamo troppo stanchi per continuare," spiegò semplicemente, contando sulle dita della destra le opzioni. E d'improvviso, senza alcuna intenzione di pilotare le scelte dell'americano, gli venne in mente quello che sarebbe stato un passatempo divertente. "Di' un po', la torre di astronomia è sotto il tuo controllo stanotte?" chiese, e in cuor suo sperava già in una risposta negativa, perché incasinare il territorio di un ignaro prefetto sconosciuto suonava maledettamente divertente.


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