Hogwarts: Il Paiolo Magico - {Harry Potter GDR}

Paradoxical

Per Margareth Reynolds

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    La bellezza è raramente dolce o consolatoria. Quasi l'opposto. La vera bellezza è sempre un po' inquietante.

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    Erick Miller ▾ Corvonero ▾ ½veela

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    Così come al numero uno segue il numero due, al due il tre e via dicendo, a lezione le cose erano precipitate. Il vaso di Pandora dei miei sentimenti si era soperchiato rivelando dal mio sorriso amaro a chiunque s’incagliasse nel mio sguardo. Tutti quei pensieri indecenti e abbietti che mi governavano nei miei momenti torbidi, dove a mala pena riuscivo a trattenermi, s’accavallavano e a momenti volevo dare alle fiamme la scuola, ma un po' anche salvarla. Ira, stizza, sensazione di impotenza per quella scena che considero la più degna di infestare i miei incubi: una ragazzina appesa a testa in giù per tutta una spiegazione che vomitava un toast appena ingurgitato. Forse sì o forse no, tutto ciò acquistava gravità perché abitava continuamente nella mia mente. Volevo, immaginavo, di poter fare qualcosa per lei ma non avevo fatto niente e non stavo facendo niente. Non mi ero nemmeno opposto, credendo che avrei solo peggiorato le cose. Forse Margareth mi avrebbe capito o almeno così mi ero convinto.
    La pessima persona che ero stato non aveva senso di venire sotterrata e nascosta. Non dovevo tenermi dentro niente, mentirle su niente, e allora che ben venisse il fatto che probabilmente m’avrebbe urlato addosso lanciato qualche incantesimo, non mi interessava.
    Avevo accettato di incontrarla qui, in serata, anche per questo. Corvonero i panni sporchi se li lava abbarbicandosi nei propri nidi. Non siamo mica animali, o almeno non mi pare, non mi pare proprio.
    Scommetto che i professori degli strascichi delle loro lezioni se ne fottono. In anni di studio e in tonnellate di eventi accaduti, solo una volta ho ricevuto delle scusa da un docente. Prendo un respiro profondo, conto fino a dieci, poi fino a cento, fino a che questa aura lugubre che ho non si mitiga.

    Non mi sottraggo alle mie responsabilità, no, come non mi sono mai sottratto alle punizioni, imparando a schivare i problemi...ma non questa volta.
    Mi aggiro nella Comune Corvonero e questa potrebbe sembrare una sera come le altre. Aspetto una macchia blu mare avanzi adagio nella vita degli altri e nella mia, facendo guizzare i miei occhi color del ghiaccio che lentamente la metteranno a fuoco.
    La flemma di quella ragazza è quella che si direbbe propria degli asceti, una tale compostezza e calma imperturbabile da farmi invidia. Sono qualità splendide e necessarie per svolgere il compito che siamo chiamati a portare avanti e io lo so, e non le ho. Mi siedo e il mio cervello produce una quantità notevole di stimoli psico-emotivi, immaginando quel che devo dirle, come dirlo, persino ora che nulla è ancora iniziato. Ipotizzo scenari derivanti dalle sue parole, da come le trasmetterò e mi sento un po’ dottor Strange con una sola possibilità di fare la cosa giusta fra miliardi.
    Questa discussione, spero, la aiuterà a gestirsi quando sarà al mio posto. Se riuscirà a contenersi, a pensare in maniera psicologicamente efficace ed emotivamente intelligente, nessuno potrà fermare Corvonero. Insomma, morale della favola, sono qui quando lei mi raggiunge e mi alzo indicandole il posto a sedere avanti a me.
    Mi sembra così piccina.
    Mi fa così paura, in un certo senso.
    «Ciao Margareth. Hai impegni per questa sera? Non vorrei farti fare tardi, ma la faccenda potrebbe anche dilungarsi un po’» mani sul tavolo rivolgo i polsi all’insù intrecciando i polpastrelli.
    E c’era davvero una scelta giusta? Mentre vomito a fatica il primo saluto, la tensione s'allenta in fretta e le sorrido cortese.


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    Margareth Reynolds
    Corvonero - IV anno - Prefetto - Scheda

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    Seduta sul bordo del letto all’interno del suo dormitorio, Margareth rilesse per l’ennesima volta la lettera di Erick, soppesando ogni sua parola e interrogandosi sul misterioso evento spiacevole al quale alludeva. Il concasato aveva menzionato una certa lezione senza specificare di quale materia, trasmettendole una certa urgenza senza però sbottonarsi più di tanto sui dettagli.
    Che cos’era accaduto? Perché i provvedimenti che aveva intenzione di prendere potevano addirittura causargli la revoca della sua spilla di Caposcuola? E soprattutto, perché aveva deciso di rivolgersi proprio a lei?
    Meggie non avrebbe mai pensato di poter godere della fiducia del Corvonero, con il quale non aveva mai avuto occasione di rapportarsi più di tanto. Come lui stesso aveva scritto, un tempo non sarebbe stata lei la destinataria di quella missiva, quindi che cos’era cambiato nel frattempo? Come poteva riporre in lei la sua fiducia, dal momento che la conosceva così poco?
    E poi, restava l’interrogativo più importante di tutti.
    Qualcosa di spiacevole di qualcuno a me caro.’
    Il suo primissimo pensiero era andato ovviamente a Summer. Eppure l’amica sapeva perfettamente di poter contare su di lei, se le fosse accaduto qualcosa gliene avrebbe già parlato, giusto?
    L’ipotesi che potesse trattarsi di Eddy, invece, la sfiorò a malapena: lui ed Erick non avevano alcun corso in comune e dubitava che il Caposcuola potesse essere venuto a conoscenza di strani fatti che lo riguardassero. Ma allora chi poteva essere? Non certo un loro concasato, altrimenti il giovane Miller avrebbe chiesto aiuto a Lea e non a lei.
    In ogni caso, l’idea di declinare il suo invito non era stata minimamente presa in considerazione. Non sarebbe stata una vera Corvonero se le sue parole non l'avessero incuriosita senza contare che, proprio come gli aveva scritto, voleva assolutamente essere messa a parte di tutto ciò che riguardava i suoi amici, poco importavano le conseguenze che ne sarebbero derivate. Erick si era esposto parecchio impugnando quella piuma e decidendo di spedirle quella busta, e Meggie non voleva certo essere da meno.
    Anche se il bronzo-blu le aveva suggerito di fare con calma, a cena la Corvetta si era ritrovata con lo stomaco completamente chiuso per via del nervosismo e si era limitata a buttare giù qualche rapido boccone, dopodiché era subito rientrata nel suo dormitorio in attesa dell’ora prefissata.
    Con le due pergamene di Erick ancora strette tra le mani, la ragazzina iniziò ad immaginare la possibile conversazione che sarebbe avvenuta da lì a poco consapevole che, al suo ritorno, molte cose le sarebbero apparse completamente diverse.
    Potrebbero compromettere la tua percezione della scuola stessa.’
    Quella frase la fissava impassibile sulla pergamena, facendo scaturire nella sua mente mille interrogativi privi di risposta.
    All’inquietudine per via di questo evento estremamente grave contribuì inoltre la ben scarsa confidenza che aveva con il Caposcuola. Miller era sempre stato un’incognita per lei, già da quando avevano seguito insieme quel primo corso di Astronomia. La sua aria un po’ tenebrosa non l’aveva mai aiutata a decidere di rompere il ghiaccio e rivolgergli la parola per prima, ma poi c’erano stati il trasferimento di Casa e soprattutto quella breve chiacchierata al banchetto di inizio anno, grazie alla quale la bronzo-blu aveva visto un lato di lui completamente diverso, un lato che traspariva anche dalle parole vergate sulla carta che teneva tra le dita, con le quali mostrava una premura e un’attenzione degne della spilla appuntata al suo petto. I Corvi non avrebbero potuto desiderare Caposcuola migliori di Erick e Lea, e quella pergamena non ne era che l’ennesima conferma.

    Quando infine giunse l’ora stabilita, Margareth prese un bel respiro e si avviò fuori dal dormitorio. Per comodità aveva deciso di restare in divisa: non era mai stata particolarmente interessata all’aspetto esteriore, e comunque era stata convocata anche in qualità di Prefetto, quindi perché abbandonare l’uniforme scolastica?
    La Sala Comune era praticamente deserta. Meggie aveva immaginato di essere la prima ad arrivare, per questo fu un po’ sorpresa quando i suoi occhi verde prato incontrarono la figura del concasato, che la attendeva seduto su una delle poltroncine.
    Subito dopo, tuttavia, il giovane la accolse alzandosi in piedi con galanteria e accennando al posto vuoto proprio di fronte a lui. La Corvetta colmò la distanza che li separava con passi calmi ma decisi, per poi fermarsi esattamente davanti a lui.
    “Ciao Erick” gli rispose avvertendo la gola più secca del solito, dopodiché si accomodò sul bordo della sedia con il busto ben dritto, senza adagiarla allo schienale. La tensione era quasi palpabile, ma neanche Erick le sembrava particolarmente a suo agio e questa consapevolezza servì a tranquillizzarla almeno un po’. Erano entrambi sulla stessa barca e forse, collaborando, avrebbero trovato una soluzione a quel problema ancora sconosciuto.
    "Scusami, è da tanto che aspetti?" gli domandò inoltre, sperando di non aver fatto troppo tardi. Credeva di essere in orario, ma era possibile che l'altro avesse terminato in fretta le sue occupazioni e si fosse recato direttamente nel luogo concordato. Se l'avesse saputo, l'avrebbe raggiunto anche prima.
    “Comunque non preoccuparti, non ho nessun programma. Posso restare qui tutto il tempo che serve” gli assicurò poi, aggiustandosi la stoffa della gonna sulle gambe. Non che ce ne fosse bisogno, ma almeno aveva una scusa per distogliere momentaneamente gli occhi da quello sguardo color ghiaccio.
    Da quanti anni erano diventati concasati? Possibile che avessero aspettato così tanto prima di decidersi a fare conversazione? L’argomento era complesso e delicato, d’accordo, ma un po’ di confidenza in più avrebbe sicuramente aiutato.
    Nel frattempo, sul volto del suo interlocutore era comparso un sorriso gentile. Probabilmente i loro compagni si sarebbero stupiti di trovarli insieme, ma la Corvetta finì per isolarsi quasi subito da tutto il resto e si concentrò unicamente su Erick e sul motivo per il quale le aveva dato appuntamento.
    Preferì tuttavia non mostrarsi troppo impaziente e gli concesse tutto il tempo necessario per riordinare i pensieri e scegliere il punto da cui partire. Si limitò quindi a restare in silenzio e ricambiare per un attimo il suo sorriso con altrettanta cordialità, curiosa ma soprattutto timorosa di venire a conoscenza dei fatti a cui il giovane aveva accennato.

    Narrato - Pensato - Parlato

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    Erick Miller ▾ Corvonero ▾ ½veela

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    Nel tempo avevo imparato diverse cose, ad esempio, che il mio sangue stesso, che lo volessi o no, mi remava contro la maggioranza delle volte. Certo, le reazioni che registravo si potevano ricondurre a due micro-tipi ma entrambi poi confluivano nello stesso risvolto. Quale che fosse il macro-tipo, le persone erano in qualche modo attratte da me e per questo avevo iniziato via via a tenere tutti abbastanza alla larga, forse inconsciamente.
    Se anche una reazione iniziale positiva poteva essere quella di avvicinarsi a me, di spingersi a una certa confidenza, poi quel che si costruiva in due finiva per collassare. Vuoi perché la bellezza non è tutto, vuoi perché in giro c’è sempre di meglio, vuoi perché anche di ciò che è bello ci si stufa. In questa ultima ipotesi di me restavano solo macerie, un senso di tradimento difficile da superare, d’abbandono e solitudine. Così bastava davvero poco per entrare nelle mie grazie; un gesto gentile, una rispettosa convivenza, un saluto. Nell'altro caso mi disprezzavano apertamente e senza mistero, quasi la dovessi meritare la bellezza. Forse, in questo senso, il dono dell'essere attraente riusciva a ferire me e gli altri allo stesso modo.
    Immaginavo che fosse questo quello che mi stava succedendo ora, immaginavo Margareth fosse in definitiva, da lasciare in pace quanto più possibile prima d'avvelenare la sua personalità con la mia.
    Così, usavo la mia carica al massimo delle mie potenzialità per implorare ai docenti -non mi vergogno a dirlo- ogni aiuto possibile per tutelare i Corvi, specialmente quelli giovani, specialmente lei, in modo da disinnescare i problemi sul nascere. Volevo fare questo per lei e Savannah e farlo in silenzio, ma arrivati a questo punto, non era stato possibile mettere una pezza. Nessun fine lavoro di rammendo o disimpiego. Come quella tela del Moma, dove un taglio squarcia la stoffa in due creando nuove spazialità, non potevo fare altro che ammirare il risultato con una sorta di perturbato terrore prima di stabilizzare la situazione, o almeno così credevo d’andare a fare.
    Alla fine, non serviva di certo un Corvonero per prevedere con accurata precisione cosa sarebbe successo di lì a poco se la casa di Salazar capisse d’esser stata umiliata, quasi il suo valore fosse nullo.

    Nel tempo, avevo anche imparato a riconoscere la persuasione del ramo che per primo convinceva l’inverno a far posto alla primavera, e Maggie era un po’ così, calma ma audace al tempo stesso, abbastanza per contrasto da riuscire a evidenziare ogni mio fallimento.
    Sarebbe stato bello, invece, se invece di quel discorso spiacevole, le avessi detto che morivo dalla voglia di organizzare una gita al mare.
    O portare loro il mare nella Stanza delle Necessità.
    Avrebbero potuto costruire meravigliose sculture di sabbia, dipingere i tramonti su tele…suonare.
    Mi ripromettevo che alla fine dell’anno avrei convinto Lea a portarli tutti via per un po’, il tempo di un pomeriggio. Mi ripromettevo che l’avrei convinta, piantando un ombrellone a fondo nella sabbia, ma la spensieratezza era così distante da sembrare persa e rubata dalle nostre adolescenze.
    Ma oggi, questa notte, mi toccava prendere le cose alla larga e piuttosto che portare Maggie e gli altri sulla spiaggia. Li avrei dovuti portare metaforicamente a largo, dove non si tocca, dove l’acqua è scura e nasconde cose anche spiacevoli.
    E m’ero alzato in piedi quando era entrata, senza neanche accorgermene, un segno istintivo di rispetto, qualcosa di antico e perso nelle usanze dei gentil uomini.

    Così, ponderando ogni cosa con attenzione avevo capito di non avere scelta, se non questa, eppure ecco che s’apriva un altro interrogativo. In che modo? Perché l’onestà senza gentilezza è brutalità, allora bisognava che reinventassi un nuovo me per questa occasione, e far nascere un nuovo sé, in una stanza mentale tutta affollata, è davvero difficile ma necessario.
    «Ciao», una calma solo apparente, una voce quieta tinta di caldo ma di compostezza al tempo stesso, il primo vagito di quel Caposcuola che a certe condizioni sarei stato in grado di essere.
    «Iniziamo con le domande difficili eh? Tanto…poco, sai Margareth come ogni cosa dipende dalle aspettative, t’avrei aspettata tutto il tempo necessario» ed era vero, ed era una valutazione più che onesta ma non per questo meno intrigante «il valore delle cose dipende da quello che significano per noi, e se ti può rassicurare, nessuno in quella lezione, ha fatto una piega per quel che è successo».

    E che fossi una persona umorale, a tratti esasperante, immagino non fosse un mistero nemmeno per lei.
    «E allora, se il tempo non ti manca, vorrei fare un passo indietro. Facciamo una sorta di inventario, vuoi?» Rinforziamo le pareti, facciamo in modo che la tua mente non vacilli e che non ti remi contro come la mia ha saputo fare per anni, senza Lea a guidarla.
    Guardando verso la volta mi lasciai ispirare dalle stelle, dalla luce soffusa e rilassante della Comune, da quei velluti blu che drappeggiavano l’ambiente creandone l’illusione quasi di un salotto intimo, seppur non lo fosse affatto. Allora punto la mia bacchetta alla mia tempia, guardandola. Anivox chiamo l'incanto nella mia mente
    «Immaginati da grande, poco più grande di così, forse fra dieci anni. Hai trovato una casa in cui abitare, è bella, e l’hai scelta perché ti piace però ancora non è davvero tua. Nel senso, lo è, e tu hai le chiavi, ma le cose dentro sono quelle dei vecchi proprietari mentre le tue sono ancora nelle scatole da sistemare. Nella tua nuova casa c’è tanto da fare. Almeno così si potrebbe pensare…quindi che fai?» le chiedo curioso, una volta preparato un’ Anivox non verbale per noi, che ho lanciato a metà di quella domanda quando le mie labbra hanno iniziato a restaR ferme ma la comunicazione mentalmente dovrebbe essere attiva.

    Perché questa è una conversazione privata, riguardante un altro studente, riguardante un fatto circoscritto successo in altra scuola addirittura. Nel tempo, in ultimo, ho imparato che la peggior cosa che si possa fare con un’informazione è perderne il controllo proprio qui, dove tutto ha orecchie, pensieri, un'entità e una natura malevola.

    Che io sia, per loro, lo scudo. E che la spensieratezza che i professori stracciano ogni giorno, io, gliela restituisca.
    A qualunque costo


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    Tentato Anivox, non descritto, ma se teniamo alla forma simil lezione, lo faccio
    Nome: Incantesimo di comunicazione mentale.
    Materia ed Anno: MDM PG2 base.
    Formula: Anivox.
    Movimento: Puntare la bacchetta sulla propria tempia.
    Manifestazione: Piccola scossa.
    Effetto: Apre un canale mentale con una secondo pg e permette di comunicare con egli attraverso la mente. Il ricevente sentirà la voce del mittente nella propria testa e se ha MDM tra le competenze, può rispondere senza usare alcuna azione. Il mittente può chiudere il canale mentale quando vuole. Il canale può anche chiudersi se i due comunicatori si allontanano oltre la distanza massima o se il mittente viene distratto/stordito/deconcentrato. È possibile usare l'incantesimo una volta ogni 3 turni. Quando il canale mentale è aperto, i seguenti effetti hanno luogo:
    - Il mittente può comunicare con il ricevente (e viceversa se quest'ultimo ha MDM tra le competenze) senza spendere azioni;
    - Il mittente e il ricevente ottengono un malus di -1 per tutte le azioni a causa della concentrazione necessaria per mantenere il canale mentale;
    - Il mittente e il ricevente ottengono un malus di -3 quando cercano di usare incantesimi non verbali.
    Con la skill "telepatia migliorata" (PG2 Skill avanzata) è possibile eseguire l'incantesimo in modo non verbale (CD +2).
    Con la skill "telepatia avanzata" (PG3 Skill avanzata) è possibile eseguire l'incantesimo senza l'uso della bacchetta (CD +3). Se il pg prova a usare l'incantesimo sia non verbale che senza bacchetta la CD si somma e aumenta di +5.
    Controincantesimo: Occlumanzia livello 1 o superiore.
    Durata: 1 turno, 1-2 turni con la skill "telepatia migliorata" (PG2 skill avanzata), 1-3 turni con la skill "telepatia avanzata" (PG3 skill avanzata).
    Costo: 1 azione.
    Particolarità: //
    1. Danno: //
    2. Range: Fino a 30 metri, fino a 50 metri con la skill "telepatia migliorata" (PG2 skill avanzata), fino a 100 metri con la skill "telepatia avanzata" (PG3 skill avanzata).
    3. Difficoltà: Media/difficile in base alla distanza.
    4. Velocità di applicazione: Istantanea.


    Edited by Alk@line - 14/4/2024, 23:38
     
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    Margareth Reynolds
    Corvonero - IV anno - Prefetto - Scheda

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    C’era una strana energia quella sera, nella Sala Comune di Corvonero.
    Margareth si era recata in quello stesso ambiente ornato dal suo colore preferito e con il soffitto puntellato di stelle di bronzo così tante volte da perdere il conto, ma nella maggior parte dei casi si era trovata da sola, magari in compagnia di un buon libro, ma mai del giovane Miller.
    Effettivamente potevano risultare un’accoppiata alquanto improbabile agli occhi dei più: lui con quel fascino tenebroso e lei con la sua timidezza che le aveva sempre impedito di provare a stringere qualsiasi tipo di legame con il concasato. Praticamente non si conoscevano affatto e, se avesse dovuto descrivere Erick con poche parole a qualcuno di esterno al castello, l’avrebbe probabilmente paragonato al fuoco: la sua personalità finiva per incuriosire la maggior parte della gente, ma molti avrebbero pensato fosse meglio non avvicinarsi troppo per non correre il rischio di bruciarsi.
    Meggie, però, non era solita fermarsi alla prima impressione: preferiva scavare più a fondo, andare oltre le apparenze e farsi un’idea più precisa, tanto nello studio quanto con le persone. Il primissimo giorno di quel nuovo anno scolastico aveva visto qualcosa di diverso nel neo-eletto Caposcuola e forse era anche per questo che quella sera aveva accettato di incontrarlo. Difficilmente avrebbe fatto finta di niente davanti a un amico in difficoltà ma occorreva ammettere che, di tutti gli alleati che avrebbe potuto avere in quella circostanza, il Corvonero era decisamente uno dei più improbabili. Forse era troppo ingenua, ma il solo fatto che si fosse preso la briga di scriverle era già un motivo sufficiente per attraversare il ponte che il giovane aveva tentato di costruire tra di loro.
    Non si aspettava un percorso facile, ma non si sarebbe tirata indietro.
    Mentre colmava la distanza che la separava dal concasato, tuttavia, si ritrovò a pensare che le loro spille avrebbero dovuto portarli a collaborare molto prima, a creare fin dall’inizio quella sorta di alleanza tra colleghi che garantisse loro quel minimo di confidenza in più, così da poter affrontare con meno imbarazzo situazioni di quel tipo.
    E invece.
    Non appena lo raggiunse, Erick si alzò addirittura in piedi, mostrando una galanteria che avrebbe potuto far invidia a qualsiasi nobiluomo del secolo precedente. La Corvetta apprezzò quel gesto, ma non poté fare a meno di domandarsi se fosse una sua abitudine o se invece avesse riservato quell’atto formale solo a lei.
    Aveva davanti un giovane d’altri tempi oppure si trattava di un gesto più o meno volontario mirato a mantenere una certa distanza? Soltanto il tempo le avrebbe permesso di scoprirlo.
    Erick, inoltre, rispose al suo saluto in modo piuttosto tranquillo e composto, e Margareth non aveva elementi a sufficienza per capire se fosse spontaneo o se si stesse sforzando di mostrare il suo lato migliore. Probabilmente Lea avrebbe saputo rispondere facilmente ad un quesito del genere e, per un attimo, la Corvonero si ritrovò a domandarsi per l’ennesima volta perché avesse deciso di rivolgersi a lei e non all’altra Caposcuola.
    La risposta del concasato, inoltre, la spiazzò un pochino. Se solo l’avesse conosciuto un po’ più a fondo avrebbe saputo districarsi meglio in quel groviglio di distacco e compostezza. Non ebbe tuttavia il tempo di riflettere su quelle parole dirette, poiché il giovane andò subito a toccare l’argomento principale della serata, quello per cui le aveva dato appuntamento.
    Era vero, il valore di qualsiasi cosa era sempre relativo e differente da persona a persona, e i fatti vagamente accennati nella lettera non facevano eccezione. A quanto pareva, Miller era stato l’unico a sconvolgersi per l’accaduto.
    ‘Cos’è successo?’ stava per chiedergli Meggie, non riuscendo più a sopportare quell’attesa. La domanda, tuttavia, le morì sulle labbra, poiché Erick prese nuovamente la parola, pronto a guidarla tra i ricordi di quel giorno. Era fin troppo evidente chi dei due avrebbe guidato la conversazione, ma il giovane conosceva i fatti e sicuramente avrebbe trovato il modo migliore per esporglieli, non aveva senso mettergli fretta con domande inutili. Era stato lui a convocarla, era ovvio che fosse sul punto di parlare, si trattava solo di avere un po’ di pazienza.
    “D’accordo” mormorò quindi con un rapido cenno del capo, anche se in realtà moriva dalla voglia di inondarlo di domande.
    ‘Chi è l’amico di cui mi hai parlato?’
    ‘Per favore, dimmi che non si tratta di Summer…’
    ‘Chi altro c’era con voi?’
    Invece, esattamente come il quesito principale, anche questi altri rimasero inespressi. Meggie non era mai stata impulsiva, tendeva a nascondere i sentimenti specialmente in presenza di persone con cui aveva poca confidenza, inoltre non sapeva bene come destreggiarsi in quella che stava per diventare la conversazione più lunga mai sostenuta con Erick Miller.
    Trovò quindi più saggio rispettare i tempi del compagno, trattenendo la ragazzina desiderosa di sapere e soppiantandola con la Prefetto paziente che tutti conoscevano.
    Erick sollevò per un attimo lo sguardo sul soffitto e Meggie lo imitò. Amava quella stanza e si era sempre sentita a proprio agio tra quelle mura, ma quella sera la vista delle stelle non riuscì a calmare i battiti accelerati del suo cuore. I muscoli erano tesi, le mani continuavano a tormentare il bordo della gonna per evitare di salire al ciondolo che portava sempre al collo. Erick non la conosceva e non poteva sapere che era solita giocherellare con la sua collana quando era nervosa, ma preferì dominarsi e non manifestare troppo i suoi sentimenti.
    Successivamente, quasi a rallentatore, lo vide adagiarsi la punta del catalizzatore sulla tempia, con quegli occhi di ghiaccio fissi nei suoi. Quanto avrebbe voluto distoglierli e spostarli altrove, e per un attimo cedette a quell'impulso, ma subito dopo si impose di riprovarci e si impegnò per sostenere il suo sguardo.
    Non avendo idea di quali fossero le sue intenzioni, si ritrovò a sobbalzare non appena udì la sua voce nella testa.
    Soltanto una volta le era capitato di ricorrere all’Anivox, quando aveva dovuto guidare uno studente di Grifondoro fuori da quel terribile labirinto degli orrori durante due ore di Manipolazione. In fondo ogni cosa aveva il suo prezzo e la conoscenza non era certo esclusa, come la Diaz si impegnava a rammentare ai suoi alunni durante ogni singola lezione.
    Non era poi tanto sorprendente che Erick preferisse che la loro conversazione restasse privata, ma la ragazzina temeva di tradirsi. E se le fosse sfuggito un pensiero di troppo? Era piuttosto brava a controllare le parole pronunciate, ma lo sarebbe stata altrettanto con un canale mentale?
    La voce dell’altro Corvo la distrasse da quelle preoccupazioni inutili il che, tutto sommato, fu un bene. Meggie si lasciò guidare attraverso l’immagine che il suo interlocutore stava delineando nella sua mente, provando ad assecondare la sua richiesta. Come si sarebbe vista, dieci anni dopo? Ormai doveva aver terminato il percorso accademico, anche se non aveva ancora idea di quale facoltà scegliere dopo il diploma. Ma non era questo che Erick le stava domandando: la sua richiesta era specifica, verteva su una casa ancora poco familiare, poco personale, piena di oggetti non suoi.
    Margareth si concesse qualche istante prima di rispondergli.
    Mantenne le pupille fisse in quelle iridi azzurrissime, scavando in quel cielo apparentemente terso alla ricerca delle nubi che sapeva si sarebbero profilate presto all’orizzonte.
    Perché quella domanda? Cos’aveva a che fare con i fatti spiacevoli a cui aveva assistito? Era forse un test? Una prova?
    La Corvonero si sforzò di liberare la mente come aveva imparato a fare fin dal primo anno e decise di fidarsi del ragazzo che aveva davanti. Assecondò quindi il suo volere e lasciò che nella sua testa si delineasse una piccola villetta simile a quella in cui abitava, completamente arredata e piena di foto e soprammobili di coloro che vi avevano abitato prima di lei. Qua e là sul pavimento, svariati scatoloni contenti i suoi effetti, in attesa di essere spacchettati.
    “Credo che inizierei a fare un po’ di ordine” esordì infine senza muovere le labbra. Conosceva quell’incantesimo ed era in grado di sfruttare lo stesso canale di comunicazione per rispondergli.
    “Sistemerei i vari oggetti in altre scatole per liberare l’ambiente e forse chiederei ai loro proprietari se vogliono riprenderseli” aggiunse poi, i palmi delle mani che accarezzavano lentamente le ginocchia, avanti e indietro.
    "Tu invece cosa faresti?" gli rimbalzò subito dopo la domanda, non potendo fare a meno di chiedersi quale collegamento ci fosse tra quell'interrogativo e la lezione incriminata.
    Pur essendo molto tesa e desiderosa di arrivare al nocciolo della questione, la Corvetta attese però pazientemente la risposta del concasato sforzandosi di non staccare le sue iridi verde prato da quelle di ghiaccio di lui.

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    Erick Miller ▾ Corvonero ▾ ½veela

    I was only trying to survive your chaos...well, look at how it's paid off

    Guardando certe tali opere d’arte, quadri o dipinti o arazzi che fossero, avevo a volte percepito la stessa sensazione di reciprocità. Ero io che guardavo Margareth cercando di rafforzarne la struttura, o era lei che cercava di soccorrere me? Difficile a dirsi da quella prospettiva.
    La notte suadente e calma ci accoglieva fra le sue braccia come una madre amorevole attenuando i rumori, facendo diventare il castello man mano più silenzioso e piacevole.
    Al ricordo di quegli eventi avvenuti a lezione, ancora mi sanguinava il cuore. L’idea del tradimento della mia fiducia da parte del docente di Magia Internazionale mi disturbava senza troppo mistero e l’avevo scritto ovunque, nella postura leggermente ingobbita ripresa una volta seduto, nella voce stanca ma dolce, nelle occhiaie appena accennate e nei capelli scompigliati ma non per questo meno intriganti.
    E poi c’era questa creatura delicata in fronte a me. Le mani che si muovevano sull’orlo della sua gonnella mi parlano di un già sottile turbamento ed allora per questo avevo deciso di partire da lei a raccontarle quella storia. L’avevo iniziata a delle immagini, a delle metafore. La casa come questa Casa, la sua casa come Corvonero, il lascito dei Capiscuola e Prefetti che ci avevano preceduti come eredità a volte scomoda e oggetti a volte inutili. Se anche loro avevano fato del loro meglio, v’era sempre bisogno di studenti che si sacrificassero per indossare quelle spille, che non erano solo l’ostentazione di status o privilegio, ma qualcosa che andava oltre.
    Non che qualcuno si fosse mai disturbato a spiegarmi cosa ci si aspettasse da me, persino Lea, che m’aveva guidato in questo percorso intensivo di preparazione, m’aveva indirizzato fino a un certo punto finendo per suggerirmi di fare solo quello che sentivo di fare e di non lesinare energie al contempo.
    Ma Margareth non volevo sacrificasse per niente, né che condividesse i miei ideali. Le avrei parlato d’oggettività smembrandomi in una versione più funzionale e meno ingombrante.

    Ricorderò questo momento come uno dei primi in cui mi avvicinerò all'età adulta, in cui comprenderò quanto fosse potente la memoria - o comunque- fu la prima volta in cui mi fece così male raggiungere questa considerazione. E non c'era niente che potessi fare riguardo al dolore del passato che venne a reclamarmi- si posò semplicemente su di me come polvere.
    Ciò che volevo dirle, fluttuava nelle pause che dominavano la conversazione, era confinato in concetti espressi attraverso figure ed esempi semplici ma ricchi di significato che solo un’altra Corvonero avrebbe potuto scorgere o intuire. Prese la mia domanda sul serio e già lì intesi, dall'attesa, che aveva intuito la metafora della situazione della casa come quella che rappresentava il presente. Si prese del tempo, del tempo che sfruttai per mettere ordine a mia volta fra i pensieri e l'utilizzai per sceglierli come un pozionista sceglie i veleni e gli ingredienti tossici per distillare una cura, piuttosto che un veleno ancora più distruttivo.
    Sentivo una grossa e opprimete responsabilità, forse quella di infrangere le sue sicurezze.
    Mantenne le pupille fisse sui miei occhi e dolcemente guardai nei suoi, erano di un bel blu mare, un colore che profumava d’oceano e aveva le tonalità dello zaffiro. Ascoltai, senza fretta, senza prevaricarla o lasciar trasparire nulla finché non ebbe fino di parlare. Poi ella chiese a me e presi un bel respiro ma risposi di impulso come ero solito fare.
    «Io, aprirei le finestre, farei entrare la luce.» considerai, tamburellando le dita al tavolo «vedi, mia cara, il mio primo istinto davanti ai problemi è quello di cercare il contatto con la natura. Col cielo, col mare, con la terra. Forse perché sono per metà bestia cerco le risposte in istruzioni nascoste nella mia parte istintiva. Ma qui sorge un problema che tu non hai e mai avrai. Io non ho tutte le istruzioni, ne ho solo metà, e le cose che vanno bene per le persone spesso non vanno bene per gli animali e viceversa»

    Le mie promesse mia cara non valgono mai niente, serviranno solo a deluderti meglio e così non te ne farò. Come questa spilla dorata che ci hanno dato, che si porterà via i tuoi sonni. «Tu, invece, hai un approccio più efficiente; metti ordine, analizzi i problemi, fai del tuo meglio per avvantaggiarti e creare condizioni favorevoli. Voglio che tu ricordi sempre che questa è la tua natura, e che Corvonero è la tua Casa, e anche se c’è qualcosa da sistemare, questo non te la farà amare meno. Me lo prometti?»
    A cosa mi servono queste spille se non a far prosperare Corvonero? Non si può pensare che un approccio alla Drumstrang qui possa funzionare, perchè questa scuola l'ha fondara anche Roweena, e se anche non possiamo lasciare indietro Serpeverde, altrettanto non possiamo fingere di non avere noi stessi un'eredità da trasmettere.


    code by thefedivan
     
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4 replies since 18/3/2024, 01:54   104 views
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