Fell behind on my classmates, and I ended up here

Dorothea I. Evergreen V°Anno - Slytherin

Quello specchio doveva essere da qualche parte; non poteva essere semplicemente svanito in una volata di fumo. Al più sotto chili e chili di polvere e pezzi di pietre e qualche banco barcollante. Quella comunque era la teoria abbracciata da Thea: dove nascondere uno specchio tanto prezioso se non nell’unico posto in cui non ti aspetteresti più di trovarlo? Oltretutto dopo così tanto tempo che era passato e qualcuno se n’era pure dimenticato, che fosse esistito. Eppure: nulla. Che almeno non finisse in sconfitta come la storia del passaggio che ti portava alla foresta. Sbuffò la frustrazione del non trovato e una nuvola di polvere le si alzò in viso; se la scacciò di dosso con un gesto esasperato: non aveva tempo per due granellini di sudicio. Anche se ce li aveva ormai attaccati ai capelli, ai vestiti e al viso; doveva apparire come un mortifero acquerello che mischiava grigio spento e del giallognolo. Tonalità sbagliate per due colori che adorava; si staccò dall’angolo in cui si era messa a frugare; aveva premuto dita sempre più fredde sulle pietre delle pareti, premuto e raschiato e niente le si era rivelato. Men che meno il fantomatico specchio delle brame. Cosa ci avrebbe poi visto? Il fatto: sarebbe scappata più veloce da bipede che in forma di canide, quando avrebbe visto cosa veramente voleva? Perché se la voleva mica voleva dire che la meritava, che l’avrebbe afferrata. Si spostò con repentinità; bruciava prendersi un momento per rispondersi: ergo non l’avrebbe fatto. Oh non ci pensava affatto. Si affacciò sulla finestra meno incrostata delle due e guardò dove avrebbe potuto meglio spendere il suo pomeriggio. Arricciò il naso; ormai c’era poco che le si celava in quel castello e il prato e il lago e le serre non erano tra quelli; gli interni in cambio. Eh. Ed aveva già sedici anni suonati; quando li avrebbe imparati, tutti quei segreti? Era praticamente il tempo di diplomarsi; tic tac, cosa stava aspettando? Eppure l’arresa le sapeva di cioccolata; e la odiava. Si spostò, si accostò alla lavagna per segnare quella lineetta che si faceva sulle pareti delle prigioni. Settimo giorno della disfatta.