Hogwarts: Il Paiolo Magico - {Harry Potter GDR}

Per Aspera ad Astra

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    Don't worry,
    I've got it.

    «Dimmi per favore che stai scherzando»
    «Certo, sono famoso per il mio spiccato senso dell'umorismo. Che vai ciarlando Nat»
    il purosangue non aveva neppure messo più la giacca tolta a metà, uscendo direttamente dall'Armadio Svanitore e facendo un rapido salto in studio, dove sapeva che avrebbe trovato il maggiordomo. L'altro di tutta risposta aveva sbuffato come al suo solito, voltandosi per fronteggiare il padrone di casa entrato così d'improvviso
    «Che ti è saltato in mente di incentivare le idee di Nate? Guardia del corpo quando finisce l'università? Il tuo lavoro???»
    sbottò finalmente districandosi dal cappotto e mollandolo senza guardare sul divanetto. Gregory alzò lo sguardo al cielo prendendo posto su una delle poltrone, supponeva sarebbe stata una lunga e sfibrante conversazione, non aveva intenzione di farla in piedi
    «Che gli dovevo dire? Che non era il benvenuto? Ha sollevato delle ottime motivazioni, non sto certo diventando più giovane e questo...» alzò il braccio sinistro, anche senza tirar giù la manica Nathan sapeva a cosa si riferiva, il Voto «... mi impedisce di agire al pieno delle mie possibilità. Non mi dispiace un po' di aiuto»
    commentò perfettamente a suo agio, iniziando a far apparire teiera e tazze per il tè. Il purosangue non sembrava trovare pace, solcando l'ufficio a larghe falcate, su e giù come un leone in gabbia
    «Una cosa del genere è assurda. Posso trovare qualcun altro o nessuno, me la so cavare...»
    «Sei riuscito a dar fuoco ad una tazza di latte provando a prepararti la colazione»
    «E' successo ANNI fa e solo un paio di volte!»
    «Sì, perchè per il resto del tempo non ti ho permesso di entrare in cucina»
    la tranquillità dell'uomo seduto non fece che aumentare la frustrazione del più giovane che incrociò le braccia sbuffando infastidito
    «Non può sprecare la sua vita a farmi da balia»
    «Abbiamo fatto in modo che potesse scegliere il come usare la sua esistenza, sarebbe ipocrita adesso ritornare sui nostri passi. E poi non ci vedo nulla di male come professione, se permetti»
    il purosangue aprì e chiuse la bocca un paio di volte, non poteva obiettare su quell'ultimo punto senza intrinsecamente offendere l'altro, dato che al momento ricopriva lui quel ruolo. Si strinse il ponte del naso, corrucciando la fronte, prendendo bei respiri per valutare accuratamente come approcciarsi in modo più calmo all'argomento
    «Sto solo dicendo che mi sembra un obiettivo riduttivo rispetto alle sue potenzialità. Dovrebbe trovare qualcosa che ama davvero e seguire quella strada, non vorrei che avendo in mente quest'idea si precludesse altro. Ho paura che lo faccia perchè si sente in obbligo verso di me...»
    provò a spiegare, con cautela e soppesando le parole, osservando come il mago seduto stesse cordialmente servendosi una tazza di tè per sorseggiarla con calcolata calma
    «E anche se fosse? Pure io mi sento in dovere verso di te, questo non toglie il fatto che ti voglia bene e desideri proteggerti. Le cose possono andare di pari passo.»
    il padrone di casa sospirò pesantemente fermandosi dal suo incessante su e giù, dirigendosi finalmente verso l'altra poltrona per potervisi afflosciare sopra prendendo anche lui da bere
    «Mi lasci lamentare senza dover avere sempre così dannatamente ragione?»
    scoccò un'occhiata torva verso il maggiordomo, che sogghignò divertito sotto i baffi, appoggiando nuovamente le labbra alla tazza.

    Rimasero in silenzio per qualche minuto, entrambi persi nei propri pensieri quando finalmente il purosangue fece tintinnare la porcellana sul piattino, mettendola giù sul tavolo
    «Cambierà idea, vero?»
    «E' giovane Nat, vuole rendersi utile. Puoi biasimarlo se desidera restarti accanto dopo tutto quello che è successo? Gli serve un punto di riferimento, una qualche sorta di struttura che non sia deviata e contorta. Dirgli di no adesso sarebbe controproducente e sortirebbe l'effetto opposto: lascialo tranquillo. Forse cambierà idea o forse no, ma ora come ora è convinto e questo sarà utile per farlo rimettere in sesto senza star lì ad obbligarlo con il fucile spianato»
    «Solitamente quello è un modo di dire ma con te ho i miei dubbi»
    il mago ridacchiò poggiando a sua volta la tazza ormai vuota, lasciando ricadere le braccia sui supporti della poltrona
    «Se vuole allenarsi dovrà mangiare regolarmente e tenere la salute sotto controllo, questo gli permetterà di rafforzarsi e irrobustirsi il che, a sua volta, farà sì che diventi più sicuro di sé e delle sue capacità. Poi, vuoi mettere che figura farai andando in giro con un bel figliolo come lui invece del solito vecchio scorbutico?»
    «Oh ma piantala... a parte stupide sciocchezze il resto è... effettivamente un buon piano.»
    Gregory si alzò facendo forza sulla gamba buona ed un ghigno divertito stampato sul sul volto mentre si avvicinava appena all'altro, abbassando la voce in un rombo quieto
    «Lo so, l'ho fatto io.»
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    Gregory
    Gregory Sebastian Crest
    Never Falter ~ Never Surrender


    • Birth • [9 Agosto 1963]
    La donna seduta dietro al bancone prese un ampio tiro della sigaretta, scrollandola malamente a terra per far cadere la cenere: erano le due di notte all'orfanotrofio, tutti i marmocchi stavano finalmente dormendo (o anche no, le interessava poco se non facevano casino) quindi poteva godersi il suo libro in santa pace. Il fastidio che le si dipinse sul volto quando vide la porta principale aprirsi fu dunque ben motivato: diluviava fuori, finalmente un minimo di refrigerio dal caldo torrido, il tizio appena entrato stava lasciando chiazze ovunque e le sarebbe toccato pulire
    «St. Germaine House for Children, desidera?»
    chiese, voce roca dal fumo. Lui non replicò, limitandosi ad aprire l'ampio mantello e poggiare davanti alla donna un fagotto di stracci chiazzati di sangue con all'interno un bambino profondamente addormentato
    «Non accettiamo... depositi del genere, c'è un modulo da compilare, una proced...»
    non riuscì a finire la frase dato che un sacchetto di sterline tintinnanti seguì il pargolo, andando a poggiarsi con un piccolo tonfo lì accanto. La tizia sgranò leggermente gli occhi, interessata tutto d'un tratto: massì, la burocrazia si poteva anche completare il giorno successivo in fin dei conti
    «Capisco. Bene. Ha un nome...?»
    ma le parole finirono nel vuoto dato che l'individuo si era già dileguato nella notte, lasciandola con cento ottime ragioni sonanti per non interrogarsi più di tanto. Spense di malavoglia la sigaretta ormai consumata, intascò il denaro e raccolse nelle braccia il bambino che proseguiva imperterrito a non emettere un vagito, restando assopito. La donna lo osservò bene, non aveva niente di particolare da cui evincere qualcosa quindi lo rimise giù per un attimo, afferrò il registro da dentro il cassetto e... uhm, vediamo quel giorno si festeggiava... santa Teresa? La segretaria alzò con il retro della penna il lembo del fagotto: no, decisamente non stava bene come nome. Al maschile suonava terribilmente quindi... aprì a caso l'agenda, finendo su settembre, annuendo con un'alzata di spalle mentre iniziava a scrivere, prendendo come cognome quello standard che davano a tutti i trovatelli
    «Gregory Crest, benvenuto al mondo»

    • Early Years • [1963-1974]
    Per le infermiere e governanti quel bambino era una mosca bianca. Piangeva pochissimo, dormiva molto e in generale potevano prendersene cura senza starci troppo dietro: anche crescendo la cosa non si modificò, calmo e silenzioso non si lamentava, non rispondeva indietro, non disubbidiva. Chiese solo una volta se aveva qualcuno che lo attendeva, fuori da lì e, a risposta negativa, smise di domandare: c'era qualcosa di strano in lui ma nessuno riusciva bene a comprendere il cosa nello specifico quindi semplicemente ringraziavano il cielo che non desse fuoco ai cestini o rompesse le stoviglie come alcuni degli altri ragazzi.

    «Greeeeegggggggggg»
    la voce lamentosa e teatrale della bambina riscosse il ragazzino da dov'era inginocchiato nel cortile, aiutando come al solito il giardiniere. Trovava conforto nello stare all'aria aperta e l'uomo che gli insegnava quasi a motti cosa doveva fare era un toccasana dalle continue richieste della direttrice. Era intelligente, brillante persino, aiutava gli altri a fare i compiti nonostante fossero talvolta più grandi di lui eppure restando sempre così taciturno nessuna famiglia lo aveva mai notato. Si ritirava nei dormitori quando passavano a vedere possibili adozioni, restava cautamente nell'ombra se dovevano star fuori nelle giornate di "presentazione"... non aveva alcun interesse. Trovava, anzi, lo stesso concetto di famiglia molto diluito e senza alcun mordente: non c'erano già abbastanza persone che si prendevano cura di lui? Aveva da mangiare, da dormire, gli altri bambini non lo trattavano male e chi lo faceva si ritrovava rapidamente dalla parte sbagliata di qualsivoglia problema sorgesse in casa. Era come se magicamente Gregory riuscisse sempre a svicolare dalle situazioni, facendo ricadere la colpa su chi invece gli aveva fatto un qualche screzio.
    Per cui la vocina petulante non lo fece scomporre, girandosi con calma ritrovandosi a pochi centimetri il volto allegro e lentigginoso di Juliette
    «Che c'è?»
    «Domani a me mi portano via e non voio!»
    il bambino sbuffò appena
    «"Domani mi portano via e non voglio" impara bene a parlare, hai già cinque anni. Non capita spesso di venir adottati, sii felice»
    «Uffi... ma non puoi venire anche tu?»
    l'altro scosse la testa, riprendendo a sistemare la piccola piantina che andava interrata. La bimba non sembrò contenta della risposta e tornò a sgambettare in giro per il giardino, preoccupazioni già belle che dimenticate
    «Quando le radici sono marce tutta la pianta ne soffre. I fiori non possono sbocciare così»
    la voce dell'uomo gli fece voltare appena la testa, assumendo un'aria confusa. Quello stava guardando oltre il cancello in ferro battuto, masticando piano del tabacco, occhi scuri puntati sulla coppia che stava parlando con la direttrice, concludendo gli ultimi preparativi per l'adozione
    «Alcuni fiori sono più resistenti di altri. E comunque il nostro compito è questo no, signor Sebastian? Coltivarli al meglio in modo che trovino la forza per sbocciare»
    l'altro alzò le folte sopracciglia muovendo piano la mano sulla nuca rada di capelli
    «E' il mio compito, randagio. Tu dovresti trovare una famiglia invece che sfuggire ad ogni occasione»
    «Sto bene qui.»
    «Hm. Non scavare così in profondità o la soffochi»
    «Si, signore»

    Quando qualcuno veniva adottato era normale perdere i contatti. Un po' come un nuovo inizio, una pagina bianca da poter scrivere con la famiglia che si stava creando: per molti dei ragazzi che erano passati ed andati dalla struttura era stato così ma Juliette proseguì a scrivergli. Certo, riuscire a decifrare quei grezzi segni era sempre un'impresa ma non poteva nascondere che gli facesse piacere. Aveva un cagnolino, tanti giochi, la "madre" le prendeva bei vestiti, le scocciava dover stare composta a tavola e che il letto fosse troppo morbido tanto da quasi inghiottirla... su quest'ultimo punto poteva obiettare che lei fosse semplicemente abituata ai materassi duri e bitorzoluti del St.Germaine ma ciò che le scriveva di rimando erano solo parole di incoraggiamento, complimenti per le belle cose che riceveva, qualche dettaglio sul giardino e a volte un fiore essiccato.
    Non si stupì molto quando le lettere cessarono, anche se se ne rammaricò.
    Non gli importò più di tanto che poliziotti andassero e venissero a passo svelto, era una cosa normale per l'orfanotrofio.
    Il campanello d'allarme fu quando il giardiniere lo fece sedere chiamandolo per nome. Ciò che gli venne raccontato era certo accuratamente edulcorato, lo colpì profondamente tanto che tutto il resto del discorso arrivò ovattato e lontano. Morta. Niente di naturale, tutto di sbagliato. Non era la prima volta. Erano ricchi e potevano permetterselo. Il marito aveva certi interessi. L'aveva già sentita quella sensazione, anche se molto meno violenta di come la percepiva in quel momento. Gli sembrava di andare a fuoco. Nemmeno quando aveva preso la febbre gli pareva di ardere così tanto. Le lacrime che non si era nemmeno accorto di star piangendo vennero tolte con un tocco straordinariamente delicato per quelle mani callose, lo sguardo pietoso e duro al tempo stesso che gli tornò indietro quando lo osservò in volto gli fece capire che c'era molto di più sotto.
    Seduto da solo sul suo letto cigolante, la scatola di scarpe con dentro le colorate letterine sgrammaticate, l'occhio cadde su una delle buste... con l'indirizzo scritto da una mano adulta. La sensazione di bruciore tornò veemente, notò accanto a lui l'affilata paletta di metallo che usava per spaccare il terreno e prepararlo per la semina, non si ricordava di averla portata su dall'esterno.
    Le radici marce non permettevano ai fiori di sbocciare, si era sentito dire mesi prima. Ma un buon giardiniere eradica tutto ciò che può nuocere alle piante.

    Era esausto ed un fischio continuava a risuonargli nella testa, acuto e persistente, copriva tutti gli altri suoni: il roboare delle fiamme, le sirene lontane che iniziavano ad avvicinarsi, persino la voce del giardiniere che urlava. Solo quando gli arrivò vicino e lo scosse Gregory alzò lo sguardo, apatico e spento su di lui, lasciando cadere a terra ciò che aveva usato come arma
    «Buon Dio... buon Dio ragazzo che hai combinato»
    "Strano" pensò il bambino "Sembra agitato. Non l'ho mai visto così. Mnh."
    «Erano erbacce. Le ho eliminate. Non sapevo che potevo farlo, l'ho solo desiderato molto e ci sono riuscito»
    replicò semplicemente visto che gli era stata rivolta la domanda. L'uomo, bianco come un cencio, parve assolutamente terrorizzato prima di riprendere la calma e mollare il piccolo che aveva quasi tirato su di peso per riscuoterlo dai suoi pensieri
    «Va bene. Dimmi cos'è successo. Ora, una volta e poi mai più.»
    e quello fece. A domanda, rispose. Era entrato agilmente nella villa, non aveva fatto scattare alcun allarme perchè "casualmente" era andata via la luce: si era mosso rapidamente per le stanze, colpendo chi trovava, prima la "madre", poi altre due persone, lasciando il "padre" alla fine. Era stato semplice, parevano non muoversi nemmeno quando si avvicinava: voleva davvero far in modo che non potessero nuocere ad altri fiori. Per lui non era abbastanza, di lui non doveva rimanere qualcosa da poter ricordare: il bruciore si era fatto sempre più veemente finchè non aveva notato delle fotografie che gli fecero rivoltare lo stomaco, c'era anche Juliette... lì esplose del tutto. La deflagrazione aveva dato via all'incendio ma Gregory ne era uscito intonso fisicamente.

    Il poliziotto si grattò la testa stranito, continuando a non comprendere la situazione anche se gli era stata spiegata più volte
    «E quindi... è stato lei ad arrampicarsi sulla fiancata della casa, sui tralci di vite, entrare dalla finestrella del bagno e fare... tutto il resto?»
    domandò per l'ennesima volta, spostando lo sguardo dall'uomo di mezz'età e corpulento al piccolo bambino lercio di sangue, che aveva sì e no otto-nove anni
    «Esatto. Vede qualche altra possibilità? Vi ho spiegato com'è andata. Ho confessato.»
    replicò quello, per nulla preoccupato dalla situazione, le camionette della polizia, i vigili del fuoco che si affaccendavano per cercare di placare le fiamme, le ambulanze con gli infermieri che non potevano far altro che assistere, le loro capacità inutili al momento, chiaramente nessun sopravvissuto sarebbe stato estratto
    «Sì, signore ma...» altra occhiata al ragazzino impassibile «... sì, certo. Lei è in arresto per effrazione, triplice omicidio, incendio doloso e... no aspetti, suppongo quadruplice? Credo altro, appena riusciamo a capirci qualcosa»
    borbottò l'agente, per nulla convinto della storia ma i dettagli combaciavano tutti, quello era il reo confesso più docile che gli fosse mai capitato. Stava per proseguire con le domande quando una coppia di persone si avvicinarono, mostrando dei documenti ed improvvisamente tutto ebbe senso, ma sì ovvio, doveva andare a dare ordini per contenere la folla che si stava accalcando lì attorno, il resto poteva attendere, sentiva quell'impellente necessità
    «Gregory... Crest?»
    domandò la donna, vestita fin troppo elegantemente per quell'occasione. Il bambino alzò lo sguardo annuendo ma fu il giardiniere a parlare
    «Signora, ho già confessato. Sono stato io»
    «No, signor Falgram. Sappiamo esattamente cos'ha fatto il ragazzo ma al momento non occorre che lei ne sia al corrente»
    il tizio che era con lei mosse la mano in maniera strana e gli occhi di Sebastian assunsero un'aria opaca e vitrea mentre li riportava ad osservare le fiamme, come se non percepisse più alcunchè attorno a lui
    «Grazie. Stavo dicendo, Crest... decisamente questo è uno dei casi di magia istintiva più cruenti che abbiamo mai avuto: sarai ricollocato in una struttura del Ministero e valutato prima che tu possa accedere ad Hogwarts»
    la tipa avrebbe potuto parlare in aramaico per quanto stava comprendendo Gregory, anche se si limitò a corrucciare la fronte stranito: non gli importava più di tanto
    «Che gli hai fatto?»
    domandò rivolto all'uomo alto, che sorrise di rimando
    «Semplice fattura obnubilante, lo Statuto di Segretezza ci impone di non rivelarci ai babbani. Opera tua questa? Uuuuh, ragazzo, hai del potenziale»
    «E' morta gente, Aaron»
    «Erano dei pezzi di merda, caposquadra Margrowe»

    I mesi che seguirono furono un turbinio di nozioni da imparare: era un mago. Venne tolto dall'orfanotrofio in seguito allo scandalo del giardiniere impazzito che era andato ad uccidere due coppie di facoltosi nobili della città (anche se il corpo del padrone di casa non si trovò mai le autorità ebbero in confessione che era stato fatto a pezzi e bruciato per primo, cosa che poi aveva arso l'intera villa), dello strano e taciturno ragazzo nessuno parlò. Dovette sottostare a diversi interrogatori in cui nessuno gli chiedeva mai niente però lui ne usciva sempre con un gran mal di testa. Vedere Sebastian non era possibile in quanto lui era stato tassativo: parlare una sola volta della cosa, dirgli tutto e poi tacere per sempre, dimenticarsi di quanto era successo, andare avanti senza voltarsi indietro. Non capiva perchè lo aveva fatto, perchè si era preso il peso di quello che aveva combinato lui ma si era sempre fidato del giardiniere e non avrebbe certo smesso in quel momento.
    Pareva però che quelle persone potessero leggere nella mente, così gli avevano detto, quindi riuscirono in ogni caso a scoprire la verità: lui non aveva parlato, aveva ubbidito, aveva anche provato a tenere per sé quei ricordi, in qualche modo schermarli dall'intrusione. Quell'azione gli era valsa dei complimenti ed un'emicrania per giorni.
    Ci fu un gran discutere, venne tenuto relegato in una struttura che sembrava molto una prigione ma non era poi così diversa dalla prima casa in cui era vissuto... solo che gli altri ragazzi erano decisamente meno inclini ad essere gentili. Non gli importava più di tanto, dopo le prime risse impararono a stargli lontano e questo gli bastava
    «Devi darti una calmata, Greggy-testa-calda»
    cantilenò Devinson una delle volte che era andato a trovarlo. Il ragazzo scrollò le spalle pulendosi il volto dal sangue
    «Mnh-nh. Che vuoi Aaron?»
    «A settembre inizierai Hogwarts, hanno appena approvato la tua iscrizione. A quanto pare non sei un pericolo per la comunità magica nonostante tutto»
    disse l'uomo con nonchalance. Ah, ecco di nuovo quel discorso. Erano tutti a tenere quel fantomatico castello a dondolare davanti al suo naso, come se fosse un qualche tipo di premio: grandi maghi e potenti streghe erano usciti da quelle mura, tante altre belle cose e racconti. Intanto nessuno si era accorto che le begonie in giardino erano state piantate troppo vicine al muro di cinta, non avevano spazio per crescere come si doveva. E guai a chiedere degli strumenti da giardinaggio per sistemare... la cosa gli dava parecchio fastidio
    «Va bene»
    «Contieni l'entusiasmo ti prego, così è troppo»
    replicò sarcastico vista l'apatia dell'altro, non che la cosa lo stupisse. Erano anni che andava in visita e quello strano ragazzo non era mai cambiato: cresceva bene, quello certamente, resistente e forte, una volontà ferrea e altrettanto controllata furia quando -raramente- qualcosa lo faceva scattare
    «Yu-hu?»
    azzardò il bambino, tirando appena su le braccia con le mani strette a pugno. L'altro rise di gusto mentre gli faceva apparire in grembo una lettera dalla ceralacca scarlatta, indirizzata a Gregory con tutte le specifiche del caso
    «Doveva arrivarti al compleanno ma... vista la situazione ho avuto il permesso di dartela prima. Tutti gli acquisti verranno fatti a tuo nome e troverai le cose già al castello, questo il compromesso per fargli accettare la cosa, così uscirai unicamente per dirigerti a scuola»
    sperava che le spiegazioni fossero finite, era già stufo: gli bastava che qualcuno gli dicesse cosa voleva che facesse ed era a posto, tutto quel girare attorno al punto era decisamente inutile
    «E lì ci sto per quanto?»
    «Mmmmh... gli studi durano sette anni, poi deciderai che fare dopo anche a seconda delle materie che riesci a concludere»
    «Va bene»
    «E' una scuola, Greggy, non un altro istituto. La tua fedina sarà conosciuta unicamente dal preside e docenti, potrai farti degli amici magari»
    «Va bene»
    «Ti si è incantato il disco? Non hai altro da dire?»
    «Le begonie non possono crescere così vicine al muro e usano il terriccio sbagliato per i geranei, ovvio che non fioriscono così»
    «...intendevo riguardo a ciò di cui stavamo parlando»
    Gregory alzò le spalle sbuffando
    «Che altro devo dirti in merito? Va bene, vado a scuola e ci resto per sette anni. Sugli amici dubito ma se vuoi faccio in modo di averne»
    «Cos... non è per me che devi farlo! Non ti andrebbe di avere un legame con qualcuno scusa?»
    «Non ci ho mai pensato in effetti. Dici che sarebbe il caso?»
    il mago sospirò pesantemente passandosi una mano sul volto, per quanto il ragazzino lo frustrasse alle volte non era certo colpa sua se era cresciuto in quel modo. Gli orfanotrofi non erano l'emblema di calore umano e compassione, se l'unico punto di riferimento era stato il giardiniere era già tanto che l'altro parlasse
    «Sì. Dico di sì. Provaci almeno, non come obbligo ma... se capita, ok?»
    quello fu un punto su cui poteva concordare. Tentare qualcosa almeno una volta nella vita era necessario, altrimenti non sapeva se poteva farcela o meno.

    • Hogwarts • [1974-1981]
    A quanto pareva gli altri studenti arrivavano in treno e poi con delle barche, lui venne portato direttamente al villaggio vicino da Devinson e poi camminarono fino al castello. Lo divertiva quel modo di viaggiare, lo scombussolava tutto dentro e le poche volte che lo avevano accompagnato in giro così aveva appena accennato un sorriso. Il posto era gigantesco e sgranò gli occhi vedendo quanto verde a perdifiato c'era: allungò la testa e rallentò quando passarono accanto alle serre, meravigliato da tutta quella natura rigogliosa. Sebastian sarebbe stato estasiato se solo le avesse potute visitare. Ma non poteva perchè si trovava in un carcere di massima sicurezza a scontare un ergastolo per causa sua
    «Eccoci qua, Greggy. Mi raccomando ok? Ci vediamo, alla prossima»
    e con un cenno di saluto, pure l'ultima persona che conosceva si voltava per andarsene. Gli avevano dato degli abiti nuovi per l'occasione, una divisa, gli piacevano: tutti potevano essere eguali almeno sotto quell'aspetto.

    C'erano tanti ragazzi, di tutte le età. Più di quanti ne avesse mai visti in un sol posto: era del primo anno, sì, logico, doveva stare separato dagli altri perchè doveva entrare in una casa... ma non erano già in un castello? Continuava a guardarsi in giro, particolarmente affascinato dal cielo stellato sul soffitto (che poi, c'era davvero un soffitto? Non pareva... erano all'aperto? Come faceva la struttura a reggere mancando di una parte?)
    «Incantesimo di manifestazione atmosferica!»
    una voce gli trillò accanto, facendolo tornare giù con lo sguardo, incrociando gli occhi più verdi e vividi che avesse mai visto: il ragazzo gli sorrideva, capelli corvini e mano tesa
    «Roman Wilbur Shepard, ciao!»
    «Gregory Crest»
    «Emozionante vero? Non vedevo l'ora di arrivare! Tu sai già...»
    «Rom con chi stai parlando adesso...»
    «La puoi piantare di dare corda a tutti? Soprattutto a chi ti è inferiore...»
    le due voci che si unirono erano acute, a Gregory non piacquero. Le guardò arrivare da uno dei tavoli già imbanditi, vestite con toni verdi ed argento; alzò un sopracciglio quando giunsero, decisamente imparentate con il primo tizio, sembravano tre fotocopie anche se di generi ed età differenti: doveva ammettere che nonostante tutto erano davvero attraenti come ragazzine... il carattere però le rovinava completamente
    «Ma che ne sapete.... e poi parlo con chi mi pare, madre ha detto che dovete smetterla di dirmi cosa fare, sono io l'erede della famiglia!»
    replicò il giovane gonfiando il petto orgoglioso, le due sembrarono quasi sibilare di fastidio a quella frase, girando i tacchi e tornando ad accomodarsi
    «Incantevoli»
    «Vero? Eh, sì, saranno molto gettonate dai ragazzi devo fare del mio meglio per proteggerle»
    il sarcasmo venne completamente mal interpretato, era come se quello lì non avesse minimamente compreso che stava dicendo l'opposto con quella parola... Gregory sgranò appena gli occhi: era davvero così ingenuo?
    «Mnh. certo. Di che parlavi prima?»
    bastò solo quello perchè lo Shepard si lanciasse in una prolissa spiegazione della scuola, parlava davvero tantissimo... il che andava anche bene, quelle erano tutte informazioni che nessuno si era preso la briga di dargli, grazie a quel tizio così ciarliero arrivò allo Smistamento sapendo effettivamente cosa fosse

    -Oh! Che mente interessante-
    "Grazie"
    -Qual'è il posto migliore per te... vediamo... potresti sicuramente brillare in Serpeverde, vedo grande spirito di iniziativa ed ambi...-
    "No grazie"
    -Fammi almeno finire ragazzino!-
    "Non mi interessa."
    -... certo, dunque, dicevo... in Tassorosso potresti sviluppare la tua innata tendenza a far crescere e accud...-
    "Passo."
    -Senti, figliolo, da qualche parte devo pur metterti e perdonami se continui ad interrom...-
    "Non c'è qualcosa di normale qua dentro?"
    -F-A-M-M-I finire una frase!-
    "..."
    -Grazie. Quindi stavo dic..-
    "Quelli lì rossi vanno bene, mi piace"
    -CHE AVEVO DETTO SULL'INTERROMPERE?!-
    "Hai chiesto di finire una frase e te l'ho fatto fare. Non mi hai mica chiesto di fartene finire altre. Rossi per favore"
    -... togliti da qui.- «GRIFONDORO!»

    Roman finì a Serpeverde insieme alle sorelle anche se ammise un minimo di rammarico per non aver scelto Corvonero quando gli era stata l'opportunità, preferendo seguire la tradizione di famiglia dei verde/argento. A Gregory queste cose sembravano davvero superficiali: essere in una Casa rispetto ad un'altra non cambiava nulla, lo Shepard era intelligente anche senza gli emblemi blu/bronzo e le altre due... bhè erano la chiara prova che il sistema era truccato, anche se poteva comprendere. Non esisteva una Casa per le teste di cazzo.

    Nonostante i suoi sforzi per essere lasciato in pace si ritrovò un nutrito gruppo di persone che gli gravitavano intorno, cosa che fece notare anche Devinson quando lo venne a visitare il primo Natale, un controllo da parte del Ministero diceva lui
    «Ho sentito che ti sei fatto degli amici!»
    il ragazzo borbottò un po' prima di parlare
    «Hanno deciso loro. Io non ho fatto nulla. Lo Shepard mi si è attaccato e ha dato per scontato che lo fossimo. Gli altri... è capitato. Non so bene come. Me li ritrovo a fare i compiti vicino e mi si siedono accanto durante le lezioni. Non sarebbe cortese alzarmi ed andarmene... non mi danno fastidio»
    iniziò a dire mentre l'Auror lo guardava con un grande sorriso: era la prima volta che lo sentiva parlare così tanto, si guardò bene dall'interrompere o dire qualsivoglia cosa potesse bloccarlo
    «Poi non mi avevi detto che c'è una materia che studia le piante. Quella mi piace. E mi hanno detto che quello che sento dentro quando mi infastidisco potrebbe essere il principio di un utilizzo alchemico... incantesimi è interessante, trasfigurazione davvero complessa ma pare utile anche difesa... cura invece la vorrei provare perché Roman spesso si fa male, ho visto che con quella posso sistemarlo. È davvero scemo per essere un mago puro.»
    «Purosangue si dice e non c'entra nulla con la potenza o bravura. È solo una nomea che determinate persone usano come gran pregio quando in realtà si tratta di un mucchio di incestuosi nobilotti»
    «Lui non è così. Le sorelle posso darti ragione.»
    l'altro annuì mentre prendeva un'ampia boccata di aria fresca, l'odore di neve ancora presente e frizzante, sicuramente era prevista un'imbiancata per la notte. Allungò una mano per scompigliare i capelli biondo sporco del bambino così come faceva spesso e sapeva gli faceva piacere anche se non aveva mai detto una parola in proposito
    «Ma certo. E le amicizie spesso sono così, come ti dicevo, capitano. Trovi terribile avere dei legami?»
    il piccolo scrollò le spalle appoggiando o gomiti alle ginocchia, piegandosi in avanti, abbozzando un debole sorriso incerto
    «No. Va bene.»

    Il clima era teso, ora lo poteva capire. Nel mondo magico c'era una guerra in atto, misteriose sparizioni da anni e l'ascesa di un mago oscuro chiamato Voldemort di cui nessuno osava parlare. Gregory si teneva ben lontano da tutte quelle questioni politiche che non gli erano di interesse, proseguiva a studiare e perfezionava sempre di più le tecniche di combattimento: riuscendo sempre a mantenere una calma a dir poco frustrante per l'avversario, canalizzare le magie anche sotto forte stress non era un problema. C'erano diversi scalmanati nella sua casa, un gruppetto più grande di lui che facevano ammattire i professori: si facevano chiamare i Malandrini, per quel poco che li conosceva gli parevano un po' troppo rumorosi ed inclini a scherzi possibilmente pericolosi... lo fece notare a Devinson in una delle visite ma lui rispose con un "sono ragazzi" e la cosa finì lì. Pian piano si rese conto di essere... bravo. Non accettabile o passabile ma portato. La sicurezza in sé e nelle sue capacità crebbe, così come l'autostima e finalmente riuscì a sbocciare anche il suo carattere: più allegro e solare, malizioso alcune volte per l'estremo imbarazzo di Roman che, dal canto suo -pur attirando ben più sguardi femminili dell'amico-, ne era completamente all'oscuro... finchè non gli veniva fatto notare in modo sapientemente preciso, cosa che immancabilmente lo faceva sprofondare di vergogna per aver mancato ancora una volta segnali così palesi. Ci furono poche volte in cui il suo modo di fare passato ritornava fuori, uno di questi quando ricevette al quarto anno un gufo da parte del Ministero che lo informava del decesso del giardiniere. Fu come essere ributtato all'improvviso in un gorgo scuro, sentì di nuovo il fischio acuto e tutto rallentò diventando ovattato e lontano... finchè una mano non si posò sulla sua spalla, portandolo fuori a passeggiare per i verdi prati, sole che splendeva infingardo ed una primavera piena di profumi dolci che mal s'accompagnavano al suo umore
    «Brutte notizie?»
    la voce dello Shepard lo fece riscuotere. Alzò le spalle e gli passò la lettera
    «Mnh... un tuo conoscente?»
    «Quasi un padre»
    «Oh... mi spiace molto... il mio è venuto a mancare quando ero piccolo, non lo ricordo neppure. Però condivido con lui il secondo nome, è un modo per mantenere viva la sua memoria»
    Gregory si voltò a guardarlo, con quel suo solito sorriso affabile e dolce che aveva sempre, capace di calmare anche la bestia più aggressiva... tranne le sorelle, ecco, quelle non si placavano mai, a parere del Grifondoro serviva ad entrambe un po' di ca...
    «Dici che può funzionare?»
    «Cosa?»
    «Prendere il suo nome, per portarlo con me»
    «Mmmmh... Gregory Sebastian Crest, suona bene, altolocato! Musicale, mi piace»
    «... E sia»

    Ma il colpo peggiore lo ebbe al penultimo anno: sembrava che la guerra d'attrito con Tu-Sai-Chi ed i suoi lacchè fosse agli sgoccioli, finalmente perchè anche ad Hogwarts il clima era diventato insostenibile: c'era grande astio tra le Case, soprattutto contro i Serpeverde che pareva avessero tra le fila molti simpatizzanti. Lo stesso Gregory dovette ricordare (a suon di cazzotti e fatture) ad alcune teste più calde di lui che Roman non era certo uno di quei matti, lui che continuava a voler essere amico di tutti nonostante la famiglia stesse diventando decisamente soffocante. Il peso della discendenza e di ciò che ci si aspettava da lui parevano al Grifondoro insostenibili, non comprendeva come l'amico tenesse ancora testa alta e sorriso imperituro: studiava a scuola avendo ottimi voti, si allenava in musica, equitazione, scherma, aveva precettori privati che lo addestravano nell'arte del commercio, teneva addirittura alcune riunioni per un'azienda di famiglia che smerciava robe... dove diamine trovava il tempo per respirare? Oltretutto, come faceva a non spaccarsi lì dov'era sotto quella pressione? Quelle domande lo tormentavano spesso e al sesto anno ebbe una delle molte prove che l'amico, pur sembrando talvolta ingenuo e goffo, possedesse uno degli animi più resilienti e puri che avesse mai conosciuto.
    Capì subito che qualcosa non andava.
    Era arrivata Margrowe al posto di Devinson.
    Gli bastò uno sguardo al volto di lei, tirato e pallido per doversi appoggiare al muro con una mano, l'altra che saliva verso l'orecchio per tentare di non udire il fischio
    «Ha sofferto?»
    chiese in un mormorio lieve
    «No. Anatema che uccide. Ha salvato molte persone con il suo sacrificio»
    replicò lei altrettanto piano, tono di lieve supplica, come se volesse scusarsi di ciò che gli stava dicendo. L'altro annuì, non poteva fare altrimenti: la morte era parte della vita, in fin dei conti e tutti la dovevano affrontare, prima o poi... ma ora era davvero solo
    «Ti ha lasciato tutto, la sua casa a Londra e una piccola rendita per quando uscirai da scuola. Mi spiace, Crest.»
    altro cenno di assenso e la tipa tergiversò un attimo prima di dargli un'imbarazzata pacca sulla spalla, procedendo a consegnargli la lettera contenente il testamento. Non sapeva bene cosa aspettarsi aprendola. Non sapeva come una presenza costante come l'Auror potesse essere condensata in poche righe... ma, dopo le solite trafile burocratiche, c'era uno spazio per commenti personali dove potè leggere una manciata di parole nella grafia che ben conosceva
    A Greggy-testa-calda: andrà tutto bene. E ricorda:
    Never Falter, Never Surrender

    Per la prima volta in anni, scoppiò in lacrime a quell'ultimo filo che si spezzava. Non sentì nemmeno il peso dell'altro che gli si faceva vicino, nè la magia di disillusione che coprì entrambi così come il silenzio per schermarlo del tutto dall'esterno: Roman gli si era seduto accanto, passandogli un braccio sulle spalle e senza una parola confortarlo con la sola presenza. Non c'era nulla da dire in quel momento che avrebbe potuto lenire quel profondo dolore quindi nulla venne detto.

    Dopo i primi tempi di sconforto, una nuova fiamma si accese nell'animo del giovane: non aveva mai avuto alcuna idea su cosa fare dopo la scuola, non riusciva nemmeno a pensare che avrebbe potuto avere un qualche tipo di futuro... ora non solo lo aveva ben a fuoco ma non si sarebbe spostato da quella convinzione. Lavorò duramente per essere sicuro che fosse tutto in ordine, che avesse tutte le competenze corrette per poter far domanda all'accademia, impegnandosi al massimo in modo da diventare non solo eccellente nel combattimento magico ma specializzarsi anche in quello corpo a corpo e nelle armi babbane: nulla venne lasciato al caso, sarebbe diventato un membro della Squadra Speciale Magica e avrebbe fatto onore alla memoria di Devinson, scoprendo solo dopo che non era un normale Auror.

    • In the name of the Law • [1981-1990]
    La doccia gelata arrivò quando la sua richiesta venne respinta, Margrowe stessa (corvo portasventure la chiamava ormai) andò a dargli la notizia. Con i suoi precedenti, nonostante il comportamento impeccabile e le eccellenti doti, non poteva essere un candidato accettabile: il mondo magico inglese si stava appena riprendendo da anni di maghi oscuri in circolazione, corruzione nel Ministero, scarsità di risorse... no, decisamente uno come lui non sarebbe stato il benvenuto.
    Ma non si diede per vinto. Non abbassò le sue mire, fece gavetta nella polizia babbana, era giovane ma estremamente motivato: a vent'anni entrò nelle forze armate, procedendo così a dimostrare la completa differenza tra ciò che era e ciò che voleva diventare. Ebbe anche una serie di relazioni occasionali e saltuarie, non c'era una donna che riuscisse a tenere il passo o a sopportare i ritmi lavorativi: l'unica per cui si invaghì profondamente, una collega, preferì non far trapelare la cosa per evitare di mettere a repentaglio i loro posti di lavoro e, dunque, seppur a malincuore dovette chiudere la storia.
    Inoltre, fu testimone delle nozze di Roman: quando l'amico l'anno precedente gli aveva detto del matrimonio combinato, Gregory era già pronto a far "misteriosamente" sparire l'arpia che gli avevano scelto ma dovette ricredersi non appena conobbe Eliza. Sembrava emanasse un alone di caldo tepore, capelli biondo-rossicci, qualche lentiggine appena accennata ed occhi nocciola profondi e calmi. Ne rimase immediatamente folgorato, comprendendo bene perchè l'altro non si fosse minimamente opposto alla cosa... e, guardandoli insieme, capì che era giusto così. Non potevano essere più diversi lei, allegra e estroversa con lui, più introverso e impacciato, sembravano due metà dello stesso universo che arrivavano finalmente a collidere insieme per creare uno splendido gioco di nebulose colorate. L'abilità e maestria che Roman dimostrava con distacco altolocato durante gli affari venivano ampiamente bilanciate quando era a casa, amorevole e premuroso verso la moglie: le nozze furono eccessive e sfarzose ma Gregory avrebbe sopportato quello e altro per far felice l'amico, finalmente aveva trovato qualcuno che lo avrebbe sostenuto per tutto il resto della vita, gli augurava solo felicità e spensieratezza.

    La gioia si raddoppiò, nonostante i turni massacranti e le continue domande che venivano respinte dall'Accademia Magica quando si ritrovò sulla soglia di casa la coppia
    «Ciao Greg, vogliamo presentarti qualcuno»
    iniziò a dire il purosangue, sorridendo solare ed emozionato, mostrando all'ex grifondoro il piccolo fagotto che aveva in braccio
    «Santi numi Roman... è così piccolo»
    «Oh, credimi, non è stato comunque semplice farlo uscire»
    il commento di Eliza lo fece arrossire lievemente mentre portava con cautela un dito verso il neonato che si mosse gorgogliando per poi stringerglielo con la minuscola manina
    «Ti presento Nathan Aaron Shepard... pensavo gli servisse un nome importante»
    disse piano il purosangue, vedendo subito la reazione del compagno di scuola. Gli occhi di Gregory si inumidirono, un gran sorriso gli si formò sulle labbra
    «E'... davvero un'eccellente scelta. Sei sempre stato bravo con i nomi»
    replicò con voce strozzata, facendo ridacchiare l'amico al pensiero di quanto si erano detti a scuola
    «Vorremmo... Gregory, se non ti dispiacesse come cosa, vorremmo che fossi il suo padrino»
    la richiesta della donna lo prese in contropiede, li aveva fatti accomodare ed ora passeggiava per la stanza emettendo suoni vari solo per veder ridere il bimbo, perfettamente contento tra le sue braccia
    «Io? Ma di solito non si chiede a qualcuno di più vicino, chessò...»
    «Alla famiglia? Vorrei potermi fidare di chi andrà a badare a mio figlio se dovesse capitare il peggio»
    lo sbuffo del purosangue era completamente comprensibile. Anche le sue sorelle avevano iniziato a sfornare figli ed erano sempre più incattivite con il mondo: l'ex Grifondoro trovava la cosa esilarante, per quanto le tipe si sforzassero Roman le batteva senza fatica su tutti i campi. Non solo aveva ricevuto il miglior matrimonio combinato ma il primogenito era un maschio con tutti i tratti degli Shepard, gran vanto per la casata; gestiva totalmente gli affari, decideva quanto ognuno prendesse di rendita (a parer dell'amico, gli dava sempre troppo soldi ma il purosangue ci teneva a non creare ulteriori dissapori) e manteneva una linea morale ferrea, senza andare a trovare scappatoie o soluzioni grigie solo per tagliar qualche spesa. Avendo anche lui vissuto quegli anni bui a scuola, ci teneva ancor di più a dimostrare che non tutti i membri delle case antiche erano dei simpatizzanti della magia oscura.
    L'uomo in piedi sospirò pesantemente tornando a guardare quegli occhietti vispi verdi che gli sorridevano tendendo le mani alla ricerca di qualcosa di suo da afferrare
    «Va bene. Ne sarò estremamente onorato e vi assicuro che non gli succederà niente. Ma Roman, se t'azzardi a morire ti ammazzo. Te pure Liz»
    concluse ridendo, per un attimo con il volto serio fece un minimo di timore ma il tutto venne stemperato rapidamente e il trio potè godersi una cena improvvisata, divertendosi e raccontando dei tempi a scuola, per estrema gioia di Eliza che potè scoprire un sacco di aneddoti interessanti sul marito, avvampato di imbarazzo per ognuno di essi.

    Erano ormai tre anni che tentava caparbiamente di entrare in Accademia, aveva anche acquisito tutti i possibili corsi secondari che poteva fare, ad ogni apertura delle candidature la sua era la prima domanda che arrivava. Non voleva perdere le speranze ma doveva ammettere si fossero notevolmente affievolite: stava comunque contribuendo alla comunità con il suo lavoro babbano ma... non era la stessa cosa.
    Al rientro dal turno notturno, sfinito dalla fatica e con solo il letto in mente, quasi scartò l'ennesima lettera del ministero, già convinto che sarebbe stato il solito rifiuto... con un tocco di bacchetta mise su il bollitore mentre si slacciava la cravatta allargando il colletto della camicia. Voleva solo svenire per qualche ora, poi avrebbe pensato a tutto. Automaticamente aprì la busta per poter appallottolare la lettera ma nel momento in cui i suoi occhi caddero sulla parola "accettato con riserva" tutto si fermò di nuovo: rimase in piedi attonito, stordito, tremò leggermente quando sentì il fischio... ma era il bollitore, non nella sua testa. Corse a spegnerlo mentre ululava di gioia: certo, certo "con riserva" significava che doveva superare un esame psico-attitudinale prima di poter varcare la soglia ma aveva una possibilità, finalmente!

    E non se la fece sfuggire.

    Come quando si era trovato a scuola, lavorò incessantemente su di sé per far in modo che non potesse risultare altro che perfezione dall'ispezione, prese un periodo di aspettativa dal lavoro babbano e per le settimane che lo separavano dalla data fatidica si impegnò per rimettere in sesto le sue conoscenze in materia legislativa magica, le sue abilità di combattimento nei vari stili, la sua capacità di mantenere la calma. Quando il verdetto giuste dopo tre giornate di esami consecutivi e prove pratiche, fu quasi unanime: solo la Malgrowe votò contro e l'espressione sconfitta che fece quando il capo dell'Accademia stesso andò a stringergli la mano per complimentarsi delle sue doti e stupirsi che non avesse mai fatto domanda prima gli valse tutti gli anni d'attesa. Si dipinse un ghigno sul volto ma non commentò ulteriormente se non per ringraziarlo dell'occasione concessa: non li avrebbe delusi. Non avrebbe deluso la memoria di Devinson
    «Sai che sei stato raccomandato si?»
    la voce ben conosciuta lo bloccò fuori dalla sala dell'ultimo esame, facendolo sospirare pesantemente
    «Caposquadra Malgrowe, direi che è un piacere vederla ma mentirei. Di che sta parlando?»
    replicò l'uomo, mettendosi a posto la giacca e ficcando le mani nelle tasche, ancora assolutamente elettrizzato dall'essere riuscito a spuntarla
    «Quello Shepard... mi ha scavalcata ed ha presentato la tua domanda direttamente al capo dell'Accademia. Lui non avrebbe voluto questo futuro per te»
    non era semplice far ridere il Crest, per nulla. Sghignazzava o sogghignava semmai ma ridere... no, decisamente un'impresa. Eppure lasciò un trillo divertito e profondo che risuonò per il corridoio a quelle parole
    «Davvero...? Dovrò ricordarmi di comprargli una buona bottiglia per ringraziarlo allora. E sicuramente l'unica cosa che Roman ha fatto è stata darmi una possibilità. Non ha pagato per la mia entrata nè ha fatto pressioni altrimenti non mi sarei sorbito settantadue ore quasi ininterrotte di test. La vittoria è mia e mia soltanto.»
    iniziò a dire, avvicinandosi alla donna che ormai sovrastava di mezzo busto abbondante, torreggiando su di lei
    «E lui è morto, se voleva metter bocca su ciò che facevo poteva evitare di farsi ammazzare. Ci vediamo alle ronde, Caposquadra Malgrowe.»
    concluse, senza dar possibilità all'altra di proferir parola, proseguendo nella sua risata cavernosa per tutta la strada fino all'uscita.

    Gli anni che seguirono furono i più duri ed emozionanti che Gregory avesse mai dovuto affrontare nella sua -seppur breve al momento- vita. Entrò nell Squadra Speciale Magica specializzandosi nel recupero e pulizia, loro arrivavano quando tutto il resto era stato tentato e fallito: se scendeva in campo il gruppo di Crest voleva dire che i negoziati erano terminati nel peggiore dei modi. Il lavoro così cruento e complesso veniva largamente bilanciato dalle giornate passate a Villa Shepard, ormai divenute una consuetudine: oltre a passare tempo con la coppia si divertiva moltissimo a star dietro al piccolo Nathan che ogni volta che lo vedeva urlava il suo nome e gli si buttava addosso, sapendo che l'avrebbe preso al volo e fatto roteare in aria, con estrema apprensione del povero Roman. Non disdegnava di fare da babysitter pure per interi weekend e permettere ai due piccioncini, ancora parevano in luna di miele dopo anni ed un figlio, di godersi un po' di tempo assieme al Rosebud Manor, la cui posizione era sconosciuta a tutto il resto della famiglia.
    Ecco, quello sì che era un tasto dolente... Gregory non li sopportava. Cercava di tenerli lontani quando poteva ma soprattutto le sorelle e i loro figli sembravano avere il dente avvelenato con Nathan, non mancando momento per fargli qualunque tipo di dispetto. Era una delle poche cose su cui discuteva con il padre del piccolo, altrimenti andavano molto d'accordo: il purosangue insisteva con il dire che era solo un periodo e tutto si sarebbe sistemato, l'altro invece era parecchio indirizzato sul dargli una lezione che non avrebbero dimenticato facilmente (e, con sua somma felicità, Eliza pareva essere della stessa idea).

    Quando le ostilità all'interno della casata Shepard divennero acredini troppo gravose per poterle ignorare, Roman dovette cedere all'evidenza dei fatti: iniziò ad essere più diretto e tagliare i fondi a chi non si comportava decorosamente, forti liti si potevano udire per le sale della casa, le strilla mai prodotte dall'uomo che anzi manteneva un profilo nobile e distaccato. Tutto questo lo stava logorando. Per cui, quando un giorno il piccolo Nathan arrivò in lacrime da Gregory perchè il cugino Elias gli aveva quasi rotto la faccia a cazzotti, l'uomo non ci vide più: dopo aver curato il bambino e messo a riposare, irruppe nello studio del padre
    «Ora basta mettere la testa nella sabbia Shep! Checcazzo devono fare ancora quei pezzi di me...»
    «Linguaggio Greg.»
    «Sì, ok, scusa ma perdona se sono inviperito. Che se la prendano con noi è un conto ma il piccolo Nat non ha colpe in tutto questo, mica sta amministrando lui l'azienda»
    l'altro mago sospirò pesantemente mettendo giù i fogli che aveva davanti
    «Lo so, hai ragione»
    «Inoltre Liz povera crista non può certo starsene impassibile mentre... cosa scusa?»
    «Ho detto che hai ragione. Non posso continuare così. Ma non posso farcela da solo... mi servirebbe qualcuno di fidato, in grado di proteggerci discretamente, su cui poter contare. Conosci mica qualcuno della Squadra Speciale Magica che vorrebbe il lavoro?»
    il sorriso tirato sul volto scavato dalla preoccupazione, il tentativo di fare una battuta per stemperare la tensione incontrarono uno sguardo comprensivo dall'ex Grifondoro
    «Ne conosco giusto uno che darebbe la vita per voi. Fammi sistemare un paio di cose e arrivo.»
    «Non te lo chiederei mai se non fosse importante... dopo tutta la fatica che hai fatto per entrare, eri anche in lista per la promozione a caposquadra dopo il ritiro della Malgrowe...»
    «Oh, piantala Shep. Per la famiglia questo ed altro, no?»

    • Let me be of Service • [1990-1998]
    Il "maggiordomo" prese effettivo servizio all'inizio dell'inverno, diventando una presenza costante alla Villa. Nessuno poteva mettervi piede senza che lui ne fosse al corrente e decisamente gli attacchi ai suoi Shepard, che fossero fisici o verbali, diminuirono drasticamente. Il piccolo Nathan cresceva come il padre, gentile e ingenuo ma prendeva dalla madre tutta la spontaneità ed allegria che poteva, correndo in giro per la casa e per grande giardino, spesso rincorso dalla stessa Eliza che non perdeva occasione per giocare con il figlio. Per quanto la situazione fosse grama, anche con l'avvicinarsi di quella che gli adulti temevano essere un'altra ascesa di maghi oscuri, gli anni passarono abbastanza spensierati: il piccolo di casa diede prova di fare magie spontanee sin da giovane età (Gregory sogghignava sempre quando ci pensava, prima ancora di qualsiasi suo cugino, quanto era fiero di questa cosa) quindi non stupì nessuno quando arrivò la lettera per Hogwarts dove coronò il sogno segreto del padre, entrare a Corvonero invece che Serpeverde per l'estremo fastidio del resto della famiglia, ovviamente.

    E già dai primi momenti il maggiordomo potè notare certi cambiamenti nel figlioccio, che non erano oscuri neppure alla madre mentre Roman... tra le preoccupazioni e la sua innata ingenuità in materia, rimaneva perfettamente ignaro di tutto. Fu al secondo anno che il piccolo rientrato a casa per le feste natalizie se ne stava con le gambe a ciondoloni su di un alto sgabello della cucina, guardando l'altro che preparava la cena canticchiando
    «Gregory, cos'è un frocio?»
    il mago si bloccò all'improvviso per poco mollando direttamente la padella per terra. Con un sorriso tirato mise giù tutto e si voltò verso il ragazzino
    «Prego?»
    Nathan arrossì vistosamente continuando a giocherellare con un tappo che si trovava sul bancone, alzando le spalle come se fosse una questione da nulla
    «Non... so cosa significhi quella parola e.. uhm, mi vergognavo di chiederlo a scuola»
    «Come l'hai sentita?»
    «Non so... in giro»
    il maggiordomo sbuffò mentre si andava a sedere accanto a lui, mettendosi comodo con le gambe stese dritte, accavallando le caviglie
    «E' come dare del sangue sporco a qualcuno, lo insulti per quello che è senza che possa farci nulla per modificare la situazione.»
    «Ok... ma... offesa per cosa?»
    «Lo si usa quando ad un maschio piacciono altri maschi»
    guardava davanti a sé, voce leggera e tranquilla, impassibile ma con la coda dell'occhio poteva vedere come il giovane si tendeva e iniziava ad agitarsi. Era discreto quanto il padre, parecchio semplice da leggere
    «Che è una cosa assolutamente assurda... dico l'insultare questa preferenza. Non c'è nulla di male, un po' come a te piace la crema e a me il cioccolato. Pensi forse che io sia sbagliato per questo?»
    «No! Ma che discorsi non è la stessa cosa... i gusti alimentari non sono importanti come chi voglio... chi una persona potrebbe voler vicino, ecco»
    il rossore tornò prepotente e il piccolo iniziò a torcersi le dita sulla giacca in evidente e profondo disagio. Gregory sospirò pesantemente poggiandogli un braccio sulle spalle e dandogli qualche lieve pacca
    «Nat, l'importante è che... le persone... stiano bene con chi hanno accanto. Ci sarà sempre chi metterà becco sui fatti altrui ma se ci si preclude la felicità vincono le malelingue»
    ci fu un breve silenzio in cui il ragazzino aprì e chiuse la bocca qualche volta, l'uomo non gli mise fretta nè lo spronò a parlare, sapeva che aveva bisogno dei suoi tempi
    «Credo... credo che mi possa... piacere... un ra... ragazzo...»
    pigolò poi, sguardo in basso e completamente avvampato. Gregory annuì solennemente
    «E' quello Scott che ti manda praticamente una lettera al giorno spesso profumate e con cuoricini sul tuo nome?»
    «NOQUELLOE'UNOSCHERZONONSODICOSAPARLIDEVOANDAREAFAREICOMPITI»
    e con il rischio di incespicare per la fretta di scendere, Nathan si dileguò verso il piano superiore, seguito dalla risata divertita del maggiordomo che, adesso che ci pensava, doveva ben cinque galeoni alla bella padrona di casa. Lei era sicura che il figlio si sarebbe approcciato prima a lui che a lei, come sempre aveva ragione, benedetto ragazzo.

    L'infusione di sicurezza diede a Nathan il coraggio necessario per fare il grande passo e, prima della fine dell'anno, portò a casa per un weekend il Tassorosso presentandolo ufficialmente ai genitori e al padrino. Roman cadde dalle nuvole anche se mantenne il suo tipico aplomb inglese, senza scomporsi o fare scenate mentre Eliza trillò di felicità andando a stampare due baci con schiocco sulle guance del nuovo arrivato, che si prese anche una bella pacca sulla spalla da Gregory, altrettanto contento di fare la sua conoscenza. Scaldava il cuore a vederli, per un attimo gli sembrò di tornare indietro negli anni: Scott era estroverso e sempre allegro, il purosangue invece più pacato e tranquillo... non sapeva certo se sarebbe stata una coppia per la vita ma era contento che il primo approccio alla "materia" fosse così per il Corvonero, poteva andare decisamente peggio. Si fece un appunto mentale di studiarsi qualcosa in merito, non voleva farsi trovare impreparato se Nathan avesse chiesto qualcosa... certo che per lui era tutto diverso e particolare, sperò di non fare gaffe per pura ignoranza.

    Ma la felicità di quell'unione fu solo una stilla nel mare tempestoso in cui navigavano. Colui-Che-Non-Doveva-Essere-Nominato era in ascesa, di nuovo, questa volta in modo ancor più subdolo e infido. I suoi sostenitori diventavano più sfrontati ogni giorno che passava e il resto della famiglia Shepard non era da meno: minacce che passavano ad azioni vere e proprie, mai direttamente ma c'era sempre il loro zampino dietro. Gregory passava il tempo ad intercettare pacchi pericolosi, ripulire zone in cui Roman doveva viaggiare, scortare Eliza nei vari eventi mondani a cui era impellente che partecipasse per mantenere i rapporti... e poi c'era da controllare Nathan a scuola, assicurarsi che stesse bene, provare a tenere tutto in sicurezza e controllato. Aveva certo l'aiuto dell'elfo domestico, Litto, un po' vecchio ma ancora attento e desideroso di aiutare: solo grazie a lui poteva controllare con successo ciò che faceva il ragazzo a scuola, visto che la creatura si poteva smaterializzare dentro i confini senza problemi. Era a dir poco esausto ma doveva tener duro: sapeva che non potevano andare avanti per sempre, avrebbero fatto un passo falso, avrebbero commesso un errore per cui poteva inchiodarli (tristemente solo in senso metaforico, il capo della casata era stato adamantino sul fatto che non doveva essergli fatto alcun male eccessivo) e spedirli ad Azkaban...

    Quella sarebbe stata la sua colpa più gravosa da portare. Il suo maggior rimpianto. Era stanco e le barriere che aveva lanciato non erano resistenti come supponeva. Era sfibrato dalle giornate infinite e non fece il secondo giro di pattuglia attorno alla villa per controllare le trappole. Era stufo dei continui punzecchiamenti di quelle arpie delle sorelle, non vedeva l'ora di rispedire loro e quei goblin di figli nel buco solforoso dal quale erano usciti... se solo fosse stato più attento. Se solo non si fosse assopito.
    La forte esplosione lo fece saltar su dalla poltrona e correre nel salone dove si ritrovò a fronteggiare sei Mangiamorte mascherati: Roman era a terra, sguardo vitreo e spento. Non c'era più lucentezza negli occhi verdi ma solo un'espressione di stupore, le urla di Eliza lo riscossero e il fischio tornò. L'intera sala venne presto lambita dalle fiamme mentre lui cercava di salvare la donna, prendendo su di sé gli attacchi, tirando giù uno dopo l'altro gli assalitori. Ne rimasero due, feriti ma molto meno di Gregory che ormai era allo stremo delle forze: la gamba sinistra era stata colpita malamente, non riusciva più a muoverla nè a sentirla, sanguinava da diverse ferite e le energie si stavano esaurendo. Crollò in ginocchio accanto alla padrona di casa, aveva combattuto strenuamente anche lei ma si era accasciata vicino al marito, baciandolo un'ultima volta prima di voltare il capo verso l'amico
    «Nathan... ti prego... Grego...ry»
    un lampo verde saettò per la stanza, lui arrancò per mettersi davanti ma fu troppo lento. Troppo debole. Troppo incapace. L'ultima cosa che vide prima dell'oblio fu lo splendido visto di Eliza perdere colore, lacrime che cadevano lente dagli occhi ormai spenti, mano nella mano con Roman, insieme anche in quell'ultimo viaggio.

    Lo smacco maggiore fu rimanere in vita. Essere curato e cavarsela con una gamba malandata e zoppicando ma gli stava bene. Se lo meritava, come monito imperituro del più grande dei suoi fallimenti, la delusione maggiore a cui non avrebbe mai potuto porre rimedio. Scoprì solo dopo che il povero Litto aveva fatto del suo meglio per proteggere il padrone, tentando di eseguire il suo ultimo ordine e portare l'anello con sigillo al figlio. Lo avevano colpito con diversi Crucio per farlo desistere, cosa che aveva irrimediabilmente intaccato le facoltà mentali: ma il compito peggiore fu informare il figlioccio. L'espressione di Nathan quando gli diede la notizia avrebbe popolato i suoi incubi per tutti i decenni a seguire: avrebbe preferito che urlasse. Che lo maledisse e lo allontanasse. Che lo trattasse come l'infame che era per aver permesso che una cosa simile capitasse... ma non sarebbe stato figlio dei suoi se avesse reagito così. Il piccolo purosangue si limitò ad abbracciare stretto il maggiordomo, sciogliendosi in pianti disperati e mai una volta in tutta la sua esistenza futura gli avrebbe rinfacciato la situazione.

    La visita della matriarca avvenne pochi giorni dopo e Gregory era assolutamente pronto a fare terra bruciata. Era sicuro che ci fossero loro dietro a tutto, non poteva provarlo ma lo sentiva: lei si limitò a ridacchiare a tutta quell'animosità
    «Oh, Crest. Che cagnolino da guardia fallimentare che sei.»
    «Fottiti Grimhilde»
    la donna fece qualche passo scandito dal tocco del bastone per lo studio, guardandosi in giro
    «Mmmh... questo potrebbe diventare un ottimo salottino da tè, potrei buttare giù quella parete e farci una veranda magari»
    «Ti strappo le braccia se tocchi qualcosa»
    «Ma come... non lo sai? Nathan è minorenne ed in generale incapace di fare qualsivoglia cosa senza essere adeguatamente guidato. La proprietà della villa torna a me in quanto parente prossimo»
    di nuovo quella risata acuta e fastidiosa, Gregory dovette respirare a pieni polmoni per tacitare il fischio che stava aumentando di volume. Toccò a lui sogghignare
    «No, vecchia megera. Sono io il tutore legale di Nathan. Amministrerò io le vostre finanze e puoi star certa che vi schiaccerò uno ad uno finchè non vi rimarrà nemmeno il fiato per supplicare»
    «... davvero. Infinda serpe che era mio figlio, sono imbarazzata di aver dato alla luce un discendente tanto insulso e...»
    «Se da quella boccaccia esce un'altra parola contro di loro giuro che inizio adesso a ripulire la casata... credimi quando ti dico che sono particolarmente bravo ad eliminare le erbacce»
    lei si voltò guardandolo con quegli occhi gelidi e privi di qualsivoglia empatia, squadrandolo dall'alto in basso nonostante fosse più minuta, con un'arroganza scaturita da decenni di vita nobiliare indiscussa
    «Il ragazzo è debole. Non puoi stare sempre con lui e... gli incidenti capitano. Ora. Che ne dici di fare un patto? Dai, su, da bravo cane quale sei, non vuoi proteggere il tuo padroncino?»
    l'altro digrignò i denti dalla rabbia, il suono nella sua mente sempre più forte, stava per prendere il sopravvento e non ci sarebbe stato modo di fermarlo una volta partito. Ma un sonoro schiocco da smaterializzazione lo impietrì
    «Gregory... che succede? Oh... salve nonna...»
    «Ecco, adesso ci siamo tutti. Dicevamo, Crest?»
    la mano di Everett stretta sulla spalla di Nathan, al dito portava il sigillo della famiglia, gli fece ribollire il sangue ma uno sguardo nei grandi occhi verdi velati da lacrime spaventate immediatamente lo calmarono. Riprese una postura dritta, elegante, non più curva e pronta a scattare: si sistemò la cravatta e tirò su la manica sinistra
    «E sia, Grimhilde. Ma facciamo le cose per bene allora. Un Voto Infrangibile.»
    la strega tentennò un attimo, perdendo per un secondo la sua sicurezza. Sorrise subito dopo, malevola, allungando il braccio destro
    «Giura solennemente che non nuocerai mai ad alcun membro degli Shepard, di sangue ed acquisiti»
    «Giura solennemente che potrò occuparmi di Nathan Aaron Shepard per il resto della mia vita»
    entrambi profferirono un "lo giuro" mentre il filo rosso stringeva le membra, insidiandosi nella carne e suggellando il patto sotto lo sguardo esterrefatto del piccolo purosangue, che non comprendeva bene quello che stava succedendo. Avrebbe dovuto chiedere di più, la sua sicurezza, la sua vita... sapeva che non avrebbero accettato. Avevano loro il coltello dalla parte del manico, doveva prima di tutto pensare al ragazzo: quando i due se ne andarono, Gregory potè avvicinarsi al figlioccio per abbracciarlo e tranquillizzarlo
    «Non preoccuparti, Nat. Andrà tutto bene»

    • The darkest night before Dawn • [1998-2023]
    «Assolutamente no! Ma ti rendi conto di quello che sta succedendo? Non puoi tornare a scuola!»
    per quanto cercasse di mantenere la calma, il mago non poteva nascondere la profonda frustrazione che stava provando al momento, guardando il piccolo padrone di casa preparare il baule
    «Ho già perso troppo tempo, Scott, Julius e Blaise mi hanno aiutato a non rimanere indietro con gli studi e non intendo abbandonarli. Certo che rientro!»
    dopo mesi passati a crogiolarsi nel dolore, unica persona che lasciava avvicinare era il Tassorosso, gli altri si limitavano a mandare lettere... adesso era più che sicuro di voler tornare ad Hogwarts, cosa che il maggiordomo non riusciva a comprendere. Voldemort era chiaramente tornato, erano ricominciate le sparizioni, i suoi seguaci imperversavano, i cugini sarebbero stati sul piede di guerra senza dargli tregua... doveva restare all Villa dove poteva proteggerlo
    «Puoi aspettare ancora un anno, non per sempre ma almeno finchè questa situazione non si sistema e...»
    «Non sono un codardo, Gregory. Posso farcela»
    la voce improvvisamente dura del ragazzino lo fece bloccare sulle sue parole, senza riuscire a proseguire il discorso. Sospirò osservando quando era preoccupato ma convinto nella sua scelta: non poteva tenerlo dentro una campana di vetro, per quanto lo desiderasse
    «Lo so. Va bene. Ma fai attenzione e ricorda quello che ti ho insegnato»
    «Tranquillo, Hogwarts è il posto più sicuro del mondo magico.»

    L'errore, questa volta, non poteva prevederlo. Era uno scenario così fuori dal possibile reame delle opzioni che non ci aveva minimamente pensato: attaccare la scuola, dei bambini. Quando sentì la notizia, quando percepì l'orologio scottare, segno inequivocabile che Nathan stava chiamando aiuto, si smaterializzò subito ad Hogsmeade venendo buttato nella baraonda dello scontro. Fin lì si era estesa la battaglia, tra giganti e creature orripilanti: erano ostacoli. Erano erbacce. Lo stavano separando dal ragazzo.
    Andavano.
    Eliminati.
    Falciò tutto quello che si trovò davanti, lingue di fiamme che lambivano il suo passaggio, distruggendo chiunque fosse tanto temerario da pararsi davanti a lui: andava piano, maledetta gamba, maledette barriere che bloccavano i salti... il castello preso d'assalto, studenti che combattevano al fianco dei genitori, centauri, Mangiamorte ed Acromantule, Dissennatori... era una follia. Con il fischio acuto che gli risuonava nelle orecchie, sordo a qualunque altro suono che non fosse il battito accelerato del suo cuore per mantenere attive tutte le magie che stava scagliando ed aveva addosso, Gregory finalmente riuscì a trovare il suo figlioccio: coperto di sangue, tremante e disperato, curvo sul cadavere del suo amato mentre cercava invano di svegliarlo, ancora non capacitandosi di quello che era successo. Hawthorn era lì vicino, mal messo anche lui, altri corpi giacevano attorno ma date le loro vesti nere e maschere Gregory non vi badò: dovette prendere su di peso Nathan, staccandolo dal corpo, tirando su anche l'altro giovane per arrivare nella Sala Grande in tempo per assistere al crollo del Mago Oscuro che tanto dolore aveva causato. Fu... deprimente come scena. Cadde come un burattino a cui avevano tagliato i fili, Potter che afferrava la bacchetta avversaria... il maggiordomo si tenne stretto il piccolo Corvonero ormai svenuto, affidò il secondo ragazzo alle cure di uno dei professori e tornò alla Villa, incapace di processare tutto ciò che era accaduto quella notte, stremato e svuotato di ogni energia, sentimento, comprensione. Si tenne Nathan in braccio per tutto il giorno, non riuscendo a lasciarlo andare, tremando e piangendo per la prima volta dopo anni: stava per perdere anche lui. Stava per insultare la memoria dei suoi amici, aveva messo in pericolo il figlio, com'era potuto accadere? Perchè non lo aveva previsto? Perchè aveva permesso che soffrisse di nuovo a quel modo? Per tutto l'anno scolastico Nathan non si era tirato indietro dalle angherie dei cugini e dei lacchè di Voldemort presenti al castello... si era sempre fatto avanti per proteggere -avendo spesso la peggio- compagni nati babbani, Scott soprattutto. Perchè non gli era stata concessa almeno quella piccola stilla di felicità? Era completamente impotente. Non poteva agire in nessun modo, riparare in alcuna misura quella perdita... di nuovo. Doveva esser forte per entrambi, dargli sicurezza e un punto fermo su cui far affidamento ma tremava come una foglia al pensiero che avrebbe dovuto crescere quel bambino da solo. Non era in grado. Tutto il turbinio di eventi, preoccupazioni, focus nel tenerlo al sicuro negli ultimi mesi, ansie, dubbi, pianificazioni per il futuro incerto e nebuloso... tutto gli crollò addosso in quel momento. Ansimando e non riuscendo a riprender fiato, quasi non sentì la mano che gli accarezzava il volto
    «Greg... io... non sono scappato»
    la vocina sottile e ancora addormentata finalmente lo riscosse dai suoi pensieri, rilasciando un po' la presa che sentiva di star stringendo eccessivamente nel terrore del momento
    «No. Certo che no.»
    replicò con voce mozzata, incrociando gli occhi verdi dell'altro, spaesati e confusi, pieni di lacrime quanto i propri
    «Dici che... ha sofferto?»
    Deja-vu
    «No, piccolo. L'anatema che uccide non fa male. E' come addormentarsi...»
    il ragazzino annuì, stringendosi all'uomo
    «Posso dormire anche io?»
    «Certo... certo Nat, sono qui quando ti svegli»
    «Mh-nh, Ok. E Gregory?»
    «Dimmi piccolo»
    «Andrà tutto bene?»
    un ampio respiro, calma che tornava, gli occhi che si chiudevano per qualche istante mentre portava la testa all'indietro, appoggiandosi allo schienale del divano su cui era seduto. Non poteva vacillare, non poteva aver dubbi: le parole dell'auror gli tornarono alla mente, sotto una nuova luce. Non erano intese per le battaglie, combattimenti o scontri ma per momenti come quello.
    Never Falter
    «Andrà tutto bene. Ci sono qua io»
    Never Surrender
    «E non vado da nessuna parte»

    Fu difficile mantenere quella promessa. Un'agonia che avrebbe superato stringendo i denti e non mostrando a nessuno il suo tumulto interiore, dovendo restare ancorato a terra da spesse catene mentre il figlioccio veniva costantemente tartassato dai parenti. Riusciva ancora a tener a bada gli adulti, virando su di sé le loro angherie ma quando il ragazzo uscì da scuola e raggiunse la maggiore età, volendo viaggiare per poter respirare un po' lontano da tutti quegli obblighi, comprese duramente quanto fossero profondamente astiose quelle persone. Nathan sopravvisse a due tentativi di assassinio durante quegli anni ed arrivò alla consapevolezza che il suo posto era alla Villa, prendendosi sulle spalle tutte le responsabilità del capo famiglia senza aver il sigillo per poter effettivamente mettere in pratica le decisioni. Era un burattino che manteneva quel poco di autonomia che riusciva e il maggiordomo faceva del suo meglio per schermarlo da tutto e da tutti... questo si tradusse in una specie di prigionia dorata, se ne rendeva conto ma non poteva fare altro.

    Le ricorrenze erano i momenti peggiori. Qualunque cosa che il giovane purosague trovasse piacevole e apprezzasse veniva rapidamente schiacciata e resa insopportabile, come quando lui ebbe l'ardire di addobbare parte del salone per Natale, un anno in cui pareva si fossero calmati un attimo: non erano venuti a trovarli in mesi, avevano ricevuto un bel po' di soldi da un recente scambio decisamente proficuo, entrambi pensarono che un albero e qualche ghirlanda non avrebbero attirato l'attenzione, essendo quella la festa che il padrone di casa amava più di tutte. Ancora una volta l'uomo dovette amaramente ricredersi. Quando finalmente se ne andarono, Gregory si avvicinò zoppicando ed ansimando, tossendo e guardando infastidito il sangue che pulì con il dorso della manica
    «Nat?»
    chiamò piano, quasi temendo di varcare l'uscio del salone dove tutto quel poco che avevano preparato si trovava sparpagliato a terra distrutto, attorno al purosangue rantolante ad ogni respiro
    «Sono qui. Ancora vivo. Purtroppo»
    replicò con voce rauca dalle urla
    «Mnh. Adesso arrivo da... dammi un minuto»
    «Si, certo, e chi si sposta. Non riesco a sentire le gambe.»
    «Maledizione.»
    quando le manipolazioni mentali non facevano abbastanza effetto, sapeva che avevano iniziato ad usare i Crucio sul figlioccio... con quelle che aveva ricevuto alla battaglia, era chiaro che stava iniziando ad avere seri problemi ai nervi. Dopo un attimo di silenzio udì un lieve tossicchiare mentre l'altro cercava di mettersi almeno seduto, appoggiandosi sugli avambracci
    «Buon Natale Gregory»
    nonostante tutto, un lieve sorriso dolce increspava le labbra, il maggiordomo non poè che ricambiare anche se di poco
    «... Buon Natale, Nathan»

    La cosa che più gli faceva rabbia anche se nascosta e ben celata era la totale mancanza di aggressività nel ragazzo. Più gli anni passavano, i supplizzi costanti, l'essere ridicolizzato, il non poter avere una vera e propria vita... rimaneva tranquillo, introverso certo e spaventato ma... buono. Gentile. Dolce. Convinto che i parenti lo avrebbero accettato se solo faceva tutto correttamente, se si comportava bene... nemmeno quando tentarono di avvelenarlo con l'Amortentia per farlo sposare se la prese più di tanto anche se fu estremamente felice che il padrino fosse lì per riscuoterlo da quella follia. Poteva comprenderli, diceva, in quanto "rotto e sbagliato" non poteva dargli un erede diversamente... Gregory dovette usare tutto il suo autocontrollo per non sbottare lì per lì, Nathan non reagiva bene alle persone che urlavano, ovviamente. Nemmeno con tutta la sua buona volontà e supporto riuscì mai a fargli accettare quella parte di sé che dopo Scott aveva tenuto il più nascosta possibile anche se, purtroppo, le continue intrusioni mentali da parte dei cugini l'avevano messa nudo e, con quella, tutta una serie di offese che il purosangue mal sopportava.
    Perchè, dunque, non si ribellava? Non li riduceva ai minimi termini? Sapeva che poteva farlo, lo aveva addestrato anche se non al proprio livello Nathan sapeva duellare bene oltre ad avere una grande stamina, riuscendo a mantenere attivi incantesimi per molto tempo... perchè non reagiva? Era come essere in purgatorio, era arrivato a quella convinzione, tutto ciò che doveva sopportare rimanendo impotente nel cambiare le sorti, mero spettatore nonostante le sue abilità... sì, per forza, era tutto per i suoi peccati. Il figlioccio soffriva a causa sua, perchè su di sé non avrebbe fatto effetto mentre vedere l'angoscia del giovane era una punizione quasi insostenibile. Ma, al contempo, non poteva tirarsi indietro. Era... bloccato. Entrambi lo erano, in effetti, cristallizzati in una routine che non riuscivano a spezzare.

    Trovava sollievo nel gestire il parco dell'ampia tenuta, i giardini e i fiori, la piccola zona segreta che aveva imbastito solo per gli occhi del purosangue, piena di elaborate rose che a lui tanto piacevano. Un po' di bellezza da guardare in un mondo che altrimenti era solo dolore e delusione.
    Cercava di colmare così il vuoto che sentiva dentro, assopire il bruciore e soffocarlo in modo che non esplodesse, il fischio non tornasse a manovrare ogni suo movimento nel tentativo di eliminare le minacce. Sapeva che se lo avesse fatto avrebbe lasciato l'altro da solo e non poteva permetterlo. Si impose la calma, il rigore, rafforzò il fisico e la mente per sopportare le angherie costanti, divenne il punto fermo di cui Nathan aveva bisogno: non avrebbe vacillato, non si sarebbe arreso, sapeva che prima o poi sarebbe arrivata l'occasione propizia e l'avrebbe colta al volo. Aveva una collezione di armi varie, sia magiche che babbane, tenute sapientemente nascoste, racimolate nel corso dei decenni e pronte all'uso.

    • My Shakles will come Undone • -Today-
    Pareva che più il resto degli Shepard tentasse di schiacciare e ridurre all'obbedienza l'erede della casa, più lui si impegnasse a diventare sempre più comprensivo e accomodante. Avevano fatto in modo che nessuno osasse avvicinarsi troppo a lui, utilizzando minacce, pagamenti o semplici costrizioni... Gregory sapeva che non poteva durare molto questa situazione. A forza di tirare, anche la corda più morbida si sarebbe spezzata. Anche per quello piano piano lo stava spingendo ad uscire, piccoli passi, piccoli eventi. Certo, non si sarebbe mai immaginato che da una semplice riunione scolastica nascesse un tale disastro ma... non tutto il male venne per nuocere, alla fin fine. Ci fu una settimana buona in cui davvero temette che fosse arrivata la proverbiale goccia che aveva fatto traboccare il vaso di sopportazione del purosangue, spingendolo non tanto alla follia quanto ad un gesto estremo ma tra tutte le cose che potevano succedere, l'aiuto insperato arrivò da una fonte che mai si sarebbe immaginato.
    ©


    "Ma Kharis, perchè hai fatto un BG del genere per un PNG?"

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    «Caso Shepard contro... Shepard. Va bene, dunque, abbiamo ricevuto tutte le prove delle investigazioni degli Auror e gli avvocati della difesa hanno fornito controprove che dimostrano un coinvolgimento minimo per quanto riguarda gli imputati. Le azioni sono certamente punibili e questa corte fisserà le varie multe ed un periodo di tre mesi senza l'uso della magia...»
    il capo del Winzegamot stava continuando a parlare, molti termini tecnici che forse Julius gli avrebbe saputo spiegare meglio ma il punto era che l'avrebbero fatta franca. Lo sapeva. Per questo aveva offerto la sua testimonianza: non era lì per guardare il resto della famiglia ridacchiare e guardarlo con odio, per quello sarebbe bastato un giorno qualsiasi della sua vita. Tremava leggermente e nemmeno la mano di Gregory posta sulla spalla che stringeva appena riusciva a calmarlo: sapeva bene chi gli sarebbe servito ma non era possibile, non sarebbe stato sicuro. Non poteva metterlo in altri pericoli... inoltre ciò che avrebbe mostrato lo riempiva di vergogna ed imbarazzo, non voleva essere visto così da lui. Prese un ampio respiro quando l'uomo sull'alto banco concluse e chiuse la cartellina, solo per aprirne una seconda e lanciare gli altri Shepard in uno stupore allibito
    «Ora, per quanto riguarda le accuse di utilizzo della maledizione Cruciatus ed Imperius...»
    non riuscì a proseguire che alte esclamazioni si alzarono dal gruppetto, mentre i loro avvocati tentavano di mantenere il silenzio, Auror già pronti a fare sgombrare l'aula. Gli venne fatto cenno di avvicinarsi e Nathan obbedì, tentando di mascherare l'incertezza dei passi, affidandosi al bastone che più che orpello estetico ora doveva servirgli come supporto
    «Abbiamo già accertato la veridicità dei ricordi seppur rovinati non sono stati alterati. Ora, signor Shepard... ah, che confusione le liti familiari... signor Nathan Shepard, gli Obliviatori procederanno al reinnesto dei suddetti per la sua testimonianza diretta, assicurandosi che effettivamente siano stati estratti da lei»
    annuì alle istruzioni, la gola improvvisamente secca e arida. Sapeva anche questo ma non era riuscito a prepararsi adeguatamente: tutte quelle memorie terrificanti sarebbero sciamate nella sua mente una dopo l'altra, da rivivere e raccontare dettagliatamente in modo da mettere la parola fine a quella storia. Se sarebbe stata anche la sua, di fine, quello non poteva saperlo ma in quel caso, muoia Sansone e tutti i filistei, non si sarebbe tirato indietro. Se il prezzo da pagare era la sua sanità mentale... chiuse un attimo gli occhi focalizzandosi un'ultima volta su un pensiero felice, profumi freschi e brezza estiva. Continuava a rispuntare, quello scorcio di stanza che non riusciva a collocare ma gli portava un senso di felicità e calore tanto da riuscire a calmarlo anche nei momenti peggiori. C'era sempre una punta di nostalgico dolore ma in quel momento lo ignorò: fatti due ampi respiri riaprì le palpebre e fece un cenno d'assenso all'Obliviatore lì accanto, con in mano la scatola contenente le boccette dei ricordi. Era pronto, potevano cominciare.

    Quelli più offuscati erano di quando era piccolo: fortunatamente l'Imperio era contrastabile con allenamento e forza di volontà, ben presto si erano annoiati ad utilizzarlo. A quel punto avevano virato sulle illusioni e manipolazioni mentali che certamente gli davano più soddisfazione... finchè non ritenevano che non stava soffrendo adeguatamente e quindi si dilettavano nell'utilizzo dei Crucio. I ricordi venivano proiettati al centro della stanza, amplificati direttamente dalla sua mente in modo che potesse rispondere alle domande di difesa ed accusa: non che ce ne fossero molte. Notò i pochi spettatori sussultare alle urla e alle suppliche, molti distoglievano lo sguardo, alcuni dovettero uscire dopo le prime due boccette... non li biasimava. Sentiva i muscoli tendersi ad ogni raggio che gli veniva direzionato addosso, il dolore fantasma ora ben vivido nelle membra, risate di scherno e ingiurie ad accompagnare il tutto. Erano sempre scariche brevi, svariate ma non abbastanza per farlo svenire o impazzire: il giocattolo si sarebbe rotto così e non sarebbe più stato divertente. Con quelle memorie ripercorse anni, decadi di avvenimenti, i peggiori certo o semplicemente quelli che Gregory era riuscito a salvare prima che glieli cancellassero, ulteriore metodo per coprire i loro crimini... fino ad arrivare all'ultimo, appena ad inizio anno, poco dopo la reunion e tutto ciò che ne era sfociato. Il suo compleanno, uno dei momenti in cui più trovavano soddisfazione a metterlo in ginocchio, quella volta era già talmente abbattuto di suo che non c'era stato bisogno di molto lavoro. Si era assicurato che non ci fossero riferimenti a Julius o altre persone a lui care al di fuori di Gregory, poteva per lo meno proteggere le loro identità da tutto questo. Gli eventi erano strettamente correlati agli attacchi della famiglia, alla corte non doveva interessare null'altro: quando finalmente conclusero, Nathan si sentiva l'ombra di sé stesso, cinereo in volto, tremava e sentiva che stava per vomitare da un momento all'altro ma tenne duro, non poteva crollare proprio in quel momento. Ringraziò con un filo di voce l'Obliviatore rivelatosi molto cortese nonostante il lavoro ingrato che aveva dovuto compiere, vide un minimo di pietà nei suoi occhi che non sapeva bene come interpretare, se disgusto per la faccenda o genuina preoccupazione per lo stato del purosangue. Non che avesse molta importanza. Il viso quasi annoiato che aveva avuto il giudice per tutta la prima parte del processo (che poteva sembrare l'ennesima bega familiare) era diventato una maschera di impassibile durezza. Ci fu un periodo di silenzio, una specie di calma innaturale quando le boccette vennero richiuse con dentro la copia dei ricordi presentati, lasciando a Nathan tutto il resto... poi esplose il finimondo. Urla, strepiti, insulti da parte degli altri Shepard, ordini ed ammonimenti da parte della corte, gli Auror che intervenivano per sedare i più belligeranti, la sala che veniva fatta sgombrare per dieci minuti di pausa, necessaria per tutti prima della ben ovvia ormai sentenza. Gregory gli fu subito vicino, sostenendolo mentre scendeva a fatica dal banco testimoni, appoggiandosi a lui ed al muro lì accanto per sostegno riuscendo a malapena a respirare. Aveva bisogno di aria, voleva andar via, voleva prendere il Nottetempo e... cosa? Per andare dove? Si tenne la testa martoriata e dolorante, socchiudendo gli occhi mentre tentava di riallacciarsi alla realtà seguendo il maggiordomo che lo stava quasi trascinando verso una porta secondaria in modo da toglierlo da quel circo d'infami.

    «Maledetto pervertito, dovevi crepare anni fa, invece di strisciare e ringraziarci per averti lasciato in vita è così che ci ripaghi? Schifoso deviato»
    la voce roboante del cugino arrivò all'improvviso da uno dei corridoi del Winzegamot, prendendolo alla sprovvista, fece appena in tempo a girarsi verso il rumore prima di sentire un forte colpo al viso, tanto che cadde a terra stordito, il pugno lo aveva colpito in pieno. Subito dopo percepì uno strattone violento, venne tirato su di peso e sbattuto contro il muro, tanto forte da mozzargli il respiro
    «Non... molto... intelligente... ammettere una cosa simile ad alta voce»
    balbettò il purosangue tentando di riprendere fiato, il petto che iniziava a dolergli per la pressione dell'altro, istintivamente strinse le mani sui polsi del cugino ma la sua stretta era salda e rabbiosa. Il lato sinistro del viso iniziava a pulsargli dolorosamente, aveva sicuramente un labbro spaccato a giudicare dal sapore ferroso che sentiva in bocca
    «Non che mi aspettassi altro da gente come voi»
    proseguì boccheggiando, tenendo la testa alta, nonostante non avesse speranza di averla vinta non si sarebbe tirato indietro. Sapeva che se avesse estratto la bacchetta avrebbe inasprito ancora di più la situazione, non intendeva dargli nemmeno una briciola di vantaggio: un'occhiata rapida alla sua sinistra, vide con un brivido di terrore l'altro cugino lanciarsi su Gregory, dovette ricordarsi che non aveva bisogno di protezione, se la sarebbe cavata senza problemi ma la paura che venisse ferito a causa sua lo atterriva, come era sempre successo negli anni passati
    «Gente come...? Borioso principino, ti ricordo che sei tu a capo di questa famiglia, se cadiamo verrai giù con noi. Vai a farti fottere, tu e la tua disgustosa morale»
    un ringhio feroce, mentre lo staccava leggermente dal muro per tornare a sbattercelo contro, svuotandogli di nuovo i polmoni
    «Non... sei... il mio tipo... Elias. Preferisco bruciare tutto dalle fondamenta che sottostare ancora un secondo ai vostri comodi»
    ansimò tossendo, per poi sputare in faccia al cugino saliva e sangue, facendolo finalmente staccare ed indietreggiare. Il commento lo mandò ancor più su tutte le furie, tornando all'attacco prima che il purosangue potesse anche solo rendersi conto di essere di nuovo in pericolo. Questa volta il gancio destro lo colpì alla bocca dello stomaco, facendolo crollare a terra con i conati, riuscendo a stento a trattenersi dal vomitare lì dov'era: ne seguì un calcio, per fortuna leggermente smorzato dalle braccia che Nathan aveva istintivamente stretto al busto dopo il colpo precedente. Sentiva le risate dell'altro, mentre continuava ad insultarlo, ridicolizzandolo per essere quasi in posizione fetale a terra: con grande sforzo, lo Spezzaincantesimi si rimise in piedi, appoggiandosi con la schiena al muro per sostegno, il braccio sinistro ancora stretto al ventre, la mano destra che scivolava di nascosto nel cappotto
    «Che c'è, frocetto, hai bisogno del vecchio per farti salvare? Non ti si può nemmeno definire un uomo»
    schernì il mago, già pronto a sferrare un altro colpo. Nathan tolse la mano dalla tasca, aprendola e rapidamente soffiando della polvere addosso al cugino, così all'improvviso che non ebbe nemmeno il tempo per reagire, prendendosela in faccia e cominciando ad urlare per il dolore, gettandosi a terra con le mani sul volto
    «Continuate a dimenticarvi che le mie abilità risiedono in altri lidi che esulano dalla violenza fisica. Non mi importa come mi vedete, ai vostri occhi non sarò mai abbastanza. Ma sai cosa ti dico? Francamente, me ne infischio.»
    commentò Nathan boccheggiando, prendendo diverse pause prima di riuscire a finire il discorso
    «La prossima volta che lo insulti così, non sarà semplice Polvere Accecante, mi assicurerò che ti cadano gli occhi dalle orbite... stronzo»
    sibilò infine, come sempre maggiormente infastidito dal fatto che avevano mancato di rispetto al padrino più che per le percosse appena subite.

    Ma Gregory non poteva fare altro che restare in difesa, doveva aiutarlo, doveva fare qualcosa... riusciva a stento a muoversi, tentò di avvicinarsi ma le gambe diedero chiaro segno di cedimento, non voleva crollare in ginocchio. Doveva tirare fuori la bacchetta, doveva... prima di poter ragionare sulla cosa vide una minuta figura girare l'angolo e colpire così forte Gilbert che il "crock" che si udì rimbombare nel corridoio non dava adito a dubbi sullo stato del suo naso
    «Ordine e fottuta disciplina che si siete nel tribunale magico»
    la voce femminile lo fece sospirare pesantemente, provocandosi un fitta al costato e conseguente tosse sanguinolenta
    «Piccola insolente come osi...»
    «Chiudi quella fogna vecchia o ti stacco il femore e ti ci picchio, non pensare che mi senta in colpa perché sembri la nonna brutta di Dracula. Non sono "piccola", sono una cadetta Auror in pattuglia. E voi siete chiaramente in violazione, l'ennesima direi, del nostro codice penale»
    la Donovan andò a frapporsi tra i due attaccati ed il resto della famiglia, scalpiccio dal fondo del corridoio dimostrava come avesse già fatto in modo di chiamare rinforzi, caotica certo ma scema anche no. Rebeka sibilò facendosi avanti e tirando fuori la bacchetta ancor prima che la matrona potesse fare o dire qualcosa, cosa che le vinse un calcio in petto, rovinando a terra boccheggiante
    «Vale anche per voialtre, vi spacco il faccino incipriato se fate un'altra mossa»
    esclamò rimettendosi in posizione di difesa, questa volta anche lei con il catalizzatore impugnato, chiaramente decisa a mantenere la calma seppur nel suo peculiare modo.

    Non ci fu molto altro da dirsi, finalmente arrivarono gli Auror assegnati alla protezione del Winzegamot ed iniziarono a bloccare le varie persone, Nathan riuscì a tirare un rantolante sospiro finché non incrociò lo sguardo della nonna, gelido quasi bianco che pareva volergli bucare l'anima. Era retrocessa verso il muro mentre il resto della famiglia stava mettendo su un tafferuglio inutile contro le forze dell'ordine ma era chiaramente per attirare l'attenzione e deviarla da lei e dalle figlie. Un ghigno malefico le incurvò le labbra mentre la voce iniziava a risuonare nella testa del purosangue, facendolo sì crollare a terra tenendosela, sentendo solo vagamente le braccia di Gregory che tentavano di sostenerlo
    «Sei una delusione. Sempre stato, sempre lo sarai. Goditi questa insulsa vittoria. Divertiti, Nathan caro, ma ricorda sempre che non potrai mai sfuggire al tuo destino. Non ti sarà mai concessa la pace a cui aneli, me ne sono assicurata, sarà mio estremo piacere spezzarti per l'ultima volta e sarai tu a chiedermelo»
    e con queste velenose parole le tre svanirono coperte da una densa nube nera, lasciando per terra solo una piccola pallina lattiginosa contenente un ricordo che il maggiordomo si assicurò di intascare prima che il diversivo svanisse: una profezia su Nathan...? Lesse meglio l'etichetta e sbiancò: no. Una maledizione.
    ©




    Un ricordo, di decadi addietro. Grimhilde, la matrona della casa era in piedi davanti al letto del piccolo Nathan, profondamente addormentato. L'espressione di puro disgusto lasciò spazio ad un ghigno malefico mentre puntava il dito verso il nipote, facendo riecheggiare nella cameretta parole profonde e dannate

    E sarai pastore senza gregge.
    Cielo senza stelle.
    Porto senza navi.
    Bussola senza Nord.

    Ciò che dico ora mi sia testimone
    Il destino intessuto che ti spetta
    Poiché sarai affamato senza libagione,
    eremita che mai potrà arrivare alla vetta.

    Perso e solo, abbandonato e rinnegato,
    tra illusioni e bugie, segreti e menzogne
    cuore che si spezzerà per l'amor donato,
    sofferenza profonda come radici di montagne.

    Solido ghiaccio attorno a te, stretto impenetrabile
    solo un animo gelido lo potrà spezzare.
    Chi mai potrebbe amare una mente tanto labile?
    A chi mai, di per sé congelato, potrai interessare?

    Erede indegno e senza stirpe da chiamar propria,
    la libertà ti verrà negata, la sottomissione volontariamente accettata,
    fiamma che brucia e si spegne con rabbia
    senza una brace che la tenga attizzata.

    Nulla ti rimarrà tra le mani
    se non cenere ed arida terra.
    Niente luce che la la nebbia dipani
    solo buio e terrore che t'afferra.



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    "Prima o poi mi uscirà dalla testa"
    - Kharis, 5 mesi fa