Hogwarts: Il Paiolo Magico - {Harry Potter GDR}

Per Aspera ad Astra

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    The night is darkest
    just before the dawn

    Doveva avvisare tutti, il prima possibile. Aveva mandato delle lettere ma nessuna risposta: si era mosso abbastanza in fretta? Era riuscito a prenderli in contropiede, mentre ancora si organizzavano? Probabilmente avrebbe dovuto andare di persona per...
    Questi e molti altri pensieri invadevano la testa di Nathan mentre camminava nervosamente su e giù per lo studio, tormentandosi le mani cercando di prevedere ogni possibile svolta degli eventi. Non poteva lasciare nulla al caso, aveva impiegato qualche giorno per completare la raccolta di tutte le prove che aveva sparpagliato in nascondigli della villa, le aveva portate segretamente a Magnus prima di quanto sperava: aveva inoltre già tolto le cose più importanti, il quadro e le foto, mettendoli in una cassaforte segreta in cantina, nel caso fosse successo l'irreparabile. Gregory era lì con lui, intento a scartabellare l'ennesimo libro contabile per essere certo che l'auror avesse ricevuto tutte le informazioni importanti, quando successe: un tonfo sordo alla finestra fece sussultare il purosangue, sbiancò nel vedere la chiazza rossa sul vetro. Correndo fuori, non riuscì a trattenere un lamento
    «NO! Hannibal, Hannibal!»
    gridò, lanciandosi per terra, incurante di sporcarsi i vestiti, andando a sollevare con cautela la civetta delle nevi agonizzante. Una delle zampe era stata tranciata, l'altra aveva un messaggio legato malamente, un grosso squarcio sul petto e un'ala rotta. Lo spezzaincantesimi iniziò a piangere mentre l'animale scivolava via nelle braccia del padrone, piegato in due dal dolore, la fronte che arrivò a sfiorare il terreno mentre il suo corpo veniva scosso dai sussulti
    «Nat... non possiamo stare qui fuori. Nathan, ehi, dobbiamo rientrare»
    la voce calma e sicura di Gregory, bacchetta alla mano che scrutava il circondario lo fece riprendere quel tanto che bastava per alzarsi e barcollare di nuovo in casa, tenendo stretto il cadavere della civetta che per tanto a lungo aveva consegnato le sue missive. Ora era certo che stavano prendendo posizione, non ci avevano messo molto a muoversi, il primo rapido gesto per iniziare ad eliminare dalla vita di Nathan ogni singolo barlume di speranza.
    Ancora disperato, non aveva neppure calcolato il foglietto, che invece venne raccolto dal maggiordomo: assunse subito un'espressione schifata e fece per buttarlo via
    «Cosa dice»
    la voce era bassa, quasi un sussurro. Gregory scosse le spalle
    «Nulla degno di essere ripetuto»
    ringhiò l'altro, passandogli con ritrosia la missiva quando vide il padrone di casa allungare il braccio tremante

    "La prossima volta, sarà una testa. Non tentare la sorte, nipote, sei sempre stato un vile codardo, non vedo perchè cambiare adesso. Se mi supplichi con abbastanza fervore potrò concederti di scegliere chi tenere, se il felino o l'elfo.
    Striscia al tuo posto e restaci.
    Anzi, muorici una buona volta, fai un favore a tutti e smettila di essere un problema"


    Non era firmata, non ce n'era bisogno. Le lettere acuminate e secche, la calligrafia della nonna era inconfondibile: il purosangue iniziò a iperventilare, terrorizzato, mentre stringeva con il braccio libero il batuffolo di piume raccolto prima
    «Aaah... lo sanno, lo sanno... non... è troppo pericoloso, gli faranno del male ed è tutta colpa mia, non ne vale la pena, non ne vale la pena...»
    iniziò a cantilenare, dondolandosi leggermente sul posto, la risposta di paura condizionata negli anni che tornava alla carica, invadendo la mente di Nathan con visioni catastrofiche. Con tutta la gentilezza possibile, Gregory lo prese per le spalle, scuotendolo un attimo, cercando di attirare su di sé l'attenzione
    «Nathan, torna da me. Se avessero saputo che hai già consegnato le prove, non avrebbero cercato di intimidirti, abbiamo ancora un vantaggio. Ne vale la pena, tu ne vali la pena. Dobbiamo proteggere la villa, ne faremo l'ultimo baluardo. Ti terrò al sicuro, non fallirò di nuovo.»
    disse con assoluta certezza, sguardo duro e sincero, l'altro annuì cercando di asciugarsi gli occhi, avvolgendo Hannibal in una coperta e lasciandolo per il momento sul divanetto. Doveva avvisare Julius, metterlo all'erta non poteva... gli venne un conato di vomito, una testa...? Tremò di nuovo al pensiero, tirando fuori lo specchio gemello e provando a mormorare il nome dell'amico.

    All'inizio del discorso rientrò Gregory, fucile alla mano
    «Non possiamo coprire tutta la tenuta, limitiamoci alla villa principale. Insieme dovremmo riuscire ad evocare abbastanza incanti per schermarla e proteggerla, il Fidelius per primo»
    commentò sbrigativamente, Nathan annuì la prima volta, per poi tornare a concentrarsi sull'amico dall'altra parte. Mentì di aver già protetto la casa ma non voleva che l'avvocato cercasse di smaterializzarsi per andare ad aiutarlo. Doveva stargli lontano. Gregory uscì nuovamente, si sentì uno sparo ma non ci fece caso, doveva finire di dire tutto il possibile a Julius

    La seconda volta che venne interrotto, il maggiordomo fu più sbrigativo
    «Nathan, ora! Non abbiamo tempo da perdere, non credo attenderanno una risposta»
    mormorò, non volendo che la sua voce fosse captata dall'oggetto magico. Il purosangue lo guardò con gli occhi sgranati, sarebbero davvero arrivati a tanto...? Un ultimo sguardo all'amico, guardandolo nei suoi splendidi occhi per poi chiudere la conversazione e mettere lo specchio al sicuro, in modo che non potesse essere preso da nessun altro.
    ©


    Conversazione con lo specchio gemello x
     
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    (guest star: lo stendino)

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    Faithless is he that says farewell

    when the road darkens.
    Mentre stappava la bottiglia, sedendosi su quella che doveva essere una sedia a cui ora mancava lo schienale e che cigolò in maniera preoccupante, Kharis mosse la mandibola, scoprendo con dolore che sì era contusa e che no, non era fratturata. A terra stavano un paio di beoni con cui aveva avuto la brillante idea di scontrarsi, grossi abbastanza per fari seri danni, non adeguatamente per finirla una volta per tutte. Non si curò di prendere un bicchiere, se ne erano rimasti in giro di puliti ed integri, bevve avidamente ciò che rimaneva del liquore da quattro soldi e inspirò con un sibilo l'aria nel sentire bruciare le labbra martoriate: voleva sentire qualcosa, qualunque cosa, che fosse diverso dalla sensazione di vuoto, frustrazione, delusione.
    Non pensava sarebbe crollata così velocemente. Non era nei piani, non doveva succedere, si era accuratamente costruita una facciata di saccenza e scherno capace di allontanare chiunque, un riccio emotivo, così da non dover perdere più nessuno, eppure... eppure. In un turbinio di eventi, qualcosa qualcuno aveva fatto breccia, aveva scheggiato l'armatura, facendo fluire un calore che la spaventava
    "La speranza è una gran puttana"
    si ritrovò a pensare buttando per terra il contenitore vuoto, cercando di prendere respiri che non le facessero dolere ogni fibra del suo corpo. Ma non era il dolore fisico che temeva, ormai.

    L'imprevisto, il fato, l'universo, qualsiasi cosa fosse era corrotto e sadico, le aveva fatto sperare che quel giorno sarebbe stato diverso dall'anno precedente e quello prima ancora. Che quella volta le cose sarebbero andate nel verso giusto, che avrebbe riso, scherzato, celebrato. L'avrebbe invitata fuori. Le avrebbe detto che voleva rivederla non per bere fino ad obnubilare i sensi, ma per parlare, conoscersi meglio. Voleva passare del tempo insieme in un locale decente, con del cibo vero e una conversazione normale.

    Ma i giocattoli vanno bene finchè ci si diverte, poi si scartano.

    E dunque era lì, seduta su una seggiola traballante, nell'ennesimo pub babbano di periferia, dopo l'ennesima rissa, dopo l'ennesima sbronza: mentre sentiva in lontananza i tipici suoni delle sirene della polizia che si avvicinavano, si fece forza per alzarsi e strusciare i piedi uno davanti all'altro, verso l'uscita sul retro. Nessuno si sarebbe ricordato di lei.
    Passando accanto allo stipite, vide un calendario malandato e sporco, un risolino amaro e gutturale le uscì dalla gola
    «E cento di questi giorni»
    mormorò oltrepassando la soglia, nel vicolo scuro, per potersi smaterializzare alla buona e svenire a casa.
    © code by LaNine e prelevabile Qui
     
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    May the bridges I burn
    Light my way onward

    L'orologio smise di scottare solo quando Nathan apparve nel salone della villa, illuminato da una luce arancione ed innaturale. Si voltò verso le ampie vetrate, vedendo lì in piedi Gregory, in mano il fucile e nell'altra la bacchetta. Avvicinandosi, il purosangue portò le mani sulla bocca per soffocare un singulto disperato: i giardini erano in fiamme.
    Lingue accese, roventi, magiche, con toni di rosso, blu, verde, una danza di colori distruttiva, implacabile. Sparivano i ciliegi, l'orto, i cespugli curati, la rimessa per le barche, tutti divorati dal fuoco, che lambiva ogni foglia e fiore della tenuta ma, la cosa che fece scattare Nathan fu vedere il Giardino delle Rose avvolto dalle fiamme, in procinto di divenire cenere
    «No, no, NO!»
    gridò, cercando di muoversi per andare alla porta sul retro, uscire dalla barriera protettiva, usare la sua magia per frenare l'insensata devastazione. Gregory dovette quasi placcarlo, dopo aver poggiato a terra l'arma babbana, per evitare che facesse sciocchezze
    «Che pensi di fare? Fermati!»
    esclamò deciso, un comando dettato dal timore di un'azione così irresponsabile. Nathan cercò di divincolarsi dalla presa, gli occhi fissi verso la cupola verde che si accartocciava sotto il calore, poteva quasi sentire sfrigolare gli splendidi cespugli che il maggiordomo aveva impiegato anni per curare, solo per lui, unicamente per dargli qualcosa di bello da vedere, che fosse solo suo, un rifugio per i momenti peggiori
    «No, ti prego... ci hai messo così tanto per farle crescere, sono anni che... è uno spreco non... ce la posso fare...»
    il padrone di casa crollò a terra piangendo, portandosi le mani sul volto, inginocchiandosi come a pregare qualcuno o qualcosa di intervenire, ma non c'era scampo. Se doveva sacrificare qualcosa, meglio che fossero le piante che amava pur non capendole, piuttosto di una delle persone che stava disperatamente cercando di proteggere. Sentì le mani forti dell'altro mago cingergli le spalle, per qualche istante, poi con cautela gli rimossero le proprie dal volto, trovandoselo di fronte, che lo osservava dritto negli occhi
    «Le piante ricrescono. I fiori si ripiantano. Le rose si ricreano. Tu sei inestimabile ed unico, Nathan, guarderei ardere mille giardini se significasse tenerti al sicuro. Sono ventisei anni che cresco te, pensi davvero che mi importi di altro?»
    commentò, una dolcezza nella voce che cozzava con il solito volto duro e segnato dal tempo. Lo Spezzaincantesimi sussultò di nuovo, stava comunque assistendo alla perdita di un'altra cosa a lui cara, ce n'erano così poche ormai...
    «Non credo di essere abbastanza forte per affrontare tutto questo»
    sussurrò il purosangue, tornando ad abbracciare Gregory, stringendosi a lui come faceva quando era più piccolo ed aveva avuto uno dei molti incubi che popolavano le notti. Come quando trovava i mollicci che i cugini gli nascondevano in giro, per farsi due risate alle urla di terrore. Come quando gli veniva costantemente ricordato che era una nullità, codardo, inutile, un'onta per tutta la famiglia. Come quando gli sembrava di star scivolando nel baratro senza fine ed aveva bisogno di qualcuno a cui aggrapparsi, nella solitudine inflitta, prima di soccombere completamente alla follia e fare gesti definitivi
    «Non sei solo, ci siamo noi. Andrà tutto bene»
    replicò l'altro ricambiando la stretta, accarezzandogli i capelli e cullandolo leggermente. Non aveva potuto fare nulla negli anni se non quello di arginare i traumi peggiori, altrimenti avrebbero fatto in modo di allontanare anche lui e a quel punto Nathan sarebbe davvero stato in balia degli squali.

    Il purosangue si stranì però quando sentì Gregory ridacchiare: non era il momento...? Lo guardò, notando come stesse guardando da un'altra parte, opposta alle finestre. Voltandosi, Nathan sgranò gli occhi esterrefatto: Litto stava venendo verso di loro, non tanto strana come cosa, se non fosse che era sporco di sangue e con una mannaia altrettanto chiazzata in mano. Il mago si sentì morire per un attimo, pensando subito fosse ferito ma il sorriso sdentato dissipava quei dubbi
    «Litto ha un regalo per il padrone! Finalmente si è avvicinato abbastanza, Litto lo ha visto, non doveva farsi vedere!»
    canticchiò, aprendo l'altra mano sottile per far cadere a terra tre dita umane, cosa che fece sussultare il padrone di casa, sconvolto. Senza darci peso, l'elfo domestico tolse con cautela un anello da una di esse, porgendolo al purosangue che lo riconobbe immediatamente: il sigillo di famiglia. Era di suo padre, glielo avevano tolto alla sua morte, evitando di tramandarlo al figlio come di consueto, dicendo che non era degno di tale onore. La realtà è che così doveva per forza passare tutte le richieste ufficiali della casa Shepard alla nonna o meglio, al prozio con cui lei aveva una relazione nemmeno troppo nascosta dopo la morte "accidentale" del marito
    «Cos... ma era Everett ad avere questo ane...»
    provò a mormorare, per poi guardare le dita per terra e di seguito l'elfo, che al momento stava sprimacciando i cuscini delle sedie, per poi tornare a Gregory, assolutamente divertito della cosa, noncurante dello stato sconvolto in cui si trovava Nathan
    «Aaaah... sono decadi che aspettava questo momento. Tuo padre aveva dato l'ordine a Litto di portarti il sigillo ma quando lo hanno preso loro non ha potuto farci nulla. Bhè, finalmente ha potuto ubbidire, quel bastardo si era sempre tenuto a distanza»
    spiegò il maggiordomo, mentre l'altro si stringeva la mano con l'anello al petto, non sapendo bene come affrontare la notizia. Stava per aprire bocca quando con passo felpato Leto entrò nella stanza, facendo delle rumorose fusa e di nuovo fu un mini-infarto per lo spezzaincantesimi: sanguinolento pure il felino, avanzava lievemente zoppicando, con ferite di artigli e becccate, lasciò cadere un falco pellegrino morto ai piedi del padrone, così da poter iniziare a leccarsi e strusciarsi sulle sue gambe
    «Una nottata piena di soddisfazioni vedo!»
    la risata roboante del maggiordomo coprì le obiezioni del padrone di casa, completamente sconvolto da quella sequela di avvenimenti
    «Non possiamo comportarci così, andando ad uccidere o... mutilare, dobbiamo seguire le regole!»
    esclamò stizzito, mentre l'altro riprendeva in mano il fucile, caricandolo con uno schiocco netto
    «Nathan, se qualcuno di quei pezzi di merda fa vedere anche solo un alluce qua attorno, lo faccio esplodere. Non gli concedo neppure una morte da mago, sarà questo splendore ad eliminarlo dall'esistenza: va bene seguire le vie legali, ho stima anche io del capo degli Auror ma se così non dovesse essere...»
    un sorriso alla fine che lasciava intendere il resto, facendo deglutire a vuoto il più giovane. Pensava di scatenare una guerra d'attrito ed invece si era ritrovato in uno scontro vero e proprio, con dei compagni di battaglia decisamente meno comprensivi. Accarezzando il pelo di Leto, mentre veniva curato da Gregory con qualche colpo di bacchetta, Nathan si rese conto che, effettivamente, dove veniva a mancare la sua sicurezza in campo combattivo, poteva sempre far affidamento sugli altri.

    Non si sentiva più solo ed una risata nacque anche dalle sue labbra.
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    I'm sorry I couldn't
    save you

    Una donna anziana avanzava su una sedia a rotelle incantata magicamente per procedere senza assistenza. Seria ed austera, i capelli grigi raccolti in una crocchia stretta, non sembrava fare caso alla cenere che lenta andava ad attaccarsi al bordo del vestito. Si fermò davanti alle barriere protettive, non potendo procedere ulteriormente e, evocato un ombrellino per proteggersi da sole, semplicemente attese.

    «Abbiamo visite»
    la voce secca e lo sguardo duro del maggiordomo già misero sull'attenti il purosangue, che si alzò dalla poltrona dietro la scrivania, poggiando sulle carte di commercio gli occhiali da lettura
    «Quanti?»
    domandò esasperato, passandosi una mano sugli occhi
    «Solo lei»
    replicò l'altro, facendo cenno con la testa verso le vetrate dietro al padrone di casa, che davano sull'entrata della villa. Da infastidito e innervosito, Nathan rilassò le spalle, assumendo un'espressione contrita
    «Vado a parlarci. Resto dentro le protezioni, non vi preoccupate»
    affermò dopo qualche istante di ragionamento, alzando una mano per fermare qualunque protesta potesse venire da Gregory o da Nate, che leggeva lì accanto e si era tirato su per controllare la situazione
    «E' pericolosa?»
    domandò il Maccready rivolto al maggiordomo, osservando l'altro uscire dallo studio
    «Potrebbe. C'è qualcosa che non mi torna»
    come se ci fosse un tacito accordo tra i due, evitando bisticci in un momento di possibile rischio, il giovane scivolò a sua volta fuori dalla stanza, seguendo il purosangue senza far rumore.

    A passo lento ma deciso, Nathan uscì dalla villa, scendendo i pochi gradini, per andare a fermarsi qualche metro davanti alla donna, rimanendo come promesso ben occultato dalle barriere
    «Zia Cressida. Mi stavo chiedendo quando ti avrebbero tirata fuori dal cappello, nonna dev'essere davvero agli sgoccioli per usare te»
    la voce del purosangue arrivò chiara e tranquilla anche se lievemente distorta, la donna abbozzò un sorriso e voltò la testa verso quel suono, anche se gli occhi non potevano focalizzarsi su alcuna immagine, avevano un aspetto vacuo, velato, un vago ricordo della brillantezza verde tipica della famiglia Shepard
    «Mio caro, direi che è un piacere vederti ma non mi concedi nemmeno questa piccola decenza»
    parlava con un po' di fatica, come se le parole la stancassero uscendo dalla bocca. Portò le mani giunte sul grembo, intrecciando le dita sul catalizzatore
    «Non ti pare di avere esagerato? Questo non è un comportamento adatto da tenere. Siamo la tua famiglia, dovresti ubbidire a chi ti è sempre stato accanto, invece hai mandato quell'elfo a far del male al povero Everett, la piccola Grimhilde è stata ingiustamente arrestata, i tuoi cugini stanno soffrendo... perchè sei diventato così crudele, Nathan?»
    sembrava quasi un automa, parlava in modo impostato, eccessivamente controllato. Il padrone di casa ringraziò che nessuno degli altri potesse vederlo, il volto aveva assunto un'espressione dolorosa e pietosa, gli occhi si stavano riempiendo di lacrime, era incredulo a quanto sentiva, non era lei, non era più lei
    «Oh, zia... che ti hanno fatto ancora...»
    mormorò trattenendosi dal piangere: la donna lì seduta, così spaesata e confusa, che ripeteva parole non sue era uno strazio da vedere. Cressida era sempre stata quella più simile a lui, come carattere e mentalità ma gli altri erano arrivati per primi: eccolo, lo specchio del futuro, cosa gli sarebbe successo se avesse continuato a piegarsi. Una mente distrutta, manipolata e riedificata a seconda di cosa faceva comodo alla famiglia, una pedina quasi del tutto incosciente di esserlo.

    Era sparita la donna che gli portava i dolci che non fossero avvelenati da qualche pozione, che gli faceva trovare piccoli pensieri nei giorni importanti dell'anno, che gli dava brevi incoraggiamenti e sguardi comprensivi. La stessa persona che aveva provato ad opporsi insieme al padre di Nathan rispetto ai metodi di gestione degli affari, contro i Mangiamorte, contro Voldermort. Colei che per prima riceveva le ire della matrona, che prendeva le difese del nipote quando poteva, subendone le conseguenze. Erano anni che non la vedeva, che chiedeva di lei senza ottenere alcuna risposta, ora ce l'aveva e avrebbe preferito rimanere all'oscuro: come se fosse morta ed il suo cadavere utilizzato a mò di tetro burattino, l'avevano spezzata del tutto.

    Il purosangue d'istinto cercò di fare un passo in avanti, si sentì trattenere da dietro, Nate aveva afferrato un lembo della camicia, stringendo il pugno. Il ragazzo scosse la testa senza dire nulla, lapidario, e a Nathan uscì un gemito ferito, sapeva che aveva ragione. Era finita per lei, forse con molto aiuto avrebbe potuto ricevere delle cure adeguate dai Magipsicologi ma non sarebbe mai tornata come prima. Strinse le mani tra loro, bocca serrata che quasi faceva scomparire le labbra mentre si imponeva di non far sentire i singhiozzi del pianto
    «Nathan? Sei ancora lì? Fammi entrare te ne prego, fa caldo e sono molto stanca. O vuoi abbandonarmi di nuovo, farmi tornare da loro?»
    stilettate colpirono il cuore del padrone di casa, sentì le gambe avere un lieve cedimento, restando su appoggiandosi al giovane lì accanto, che non fece commenti. In parte era giusto ciò che gli veniva rinfacciato, così preoccupato ad andare avanti e trovare il modo di sopportare i soprusi degli anni, non si era davvero impegnato per toglierla dalle grinfie della nonna, avrebbe dovuto fare di più, farlo prima, farlo meglio. L'aveva delusa ma il passato non si cambia, poteva solo andare avanti: si passò una mano sul volto, cercando di calmarsi il più possibile
    «Mi dispiace zia... non posso fare nulla per te, scusami. Quando sarà tutto finito cercherò di farmi perdonare, mi prenderò cura di te ma... mi dispiace. Addio, per il momento, mia dolce madrina»
    concluse, con voce spezzata, incapace di mantenerla salda come avrebbe dovuto. Si voltò per tornare alla villa, ignorando le richieste strazianti di aiuto della donna sulla carrozzina, tappandosi le orecchie per zittirle anche se ormai gli rimbombavano in testa, il Surditas non verbale lanciato con maestria da Nate non riuscì a calmare quelle che in realtà erano voci del suo senso di colpa che lo tormentavano. Si accasciò nel corridoio subito dopo la porta d'entrata, piangendo e ansimando, combattendo per tenere lontano un attacco di panico. Stavano usando tutte le tattiche che conoscevano, stavano dando fondo ad ogni debolezza di Nathan, cercando di usarle nei modi più dolorosi possibili: di nuovo, come dopo il rogo, si sentiva esausto, ma questa volta, quando chiuse gli occhi per un secondo, percepì un piacevole odore di pino silvestre e quasi subito scivolò in un profondo sonno, sospirando un tenue ringraziamento.

    Si sarebbe risvegliato solo il giorno successivo, ritrovandosi nel suo letto, leggermente stordito, affamato e nauseato nello stesso tempo. Sapeva bene che le cose dovevano peggiorare prima di poter finalmente migliorare ma doverle sopportare era davvero estenuante.
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    Edited by ~ Kharis - 13/7/2023, 17:02
     
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    Dalla base segreta della Across!!! Con lieve deviazione per il quartier generale dell'Hellsing X3

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    I will you follow you way down wherever you may go
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    Altaras

    Edited by ~ Kharis - 10/8/2023, 18:19
     
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