This is me praying that this was the very first page Not where the story line ends

Eveline L. Carter VII°Anno - SHEET

Si sentiva alla deriva, di nuovo con le parole bloccate in gola. C’era una routine, la seguiva; per il resto si consolava scrivendo, fissando le pagine che mancava di riempire.
Si sentiva sola, e si trattava di una sensazione che andava al di là del silenzio in cui si era trincerata, dell’insofferenza che di giorno in lezione, saliva.
Le mancavano gli amici, il porto sicuro che avevano rappresentato negli anni. Le mancava però anche altro, avvertiva il bisogno verso qualcosa che aveva sempre ritenuto di volere, qualcosa che non riusciva a smettere di cercare. Aveva avuto le sue cotte, le fantasticherie dipinte in tinte rosate.
C’era stato solo un ragazzo.
A volte si permetteva di immaginarne un secondo, ma era più che altro un acquerello sbavato, uno schema di proiezioni poste l’una nell’altra. Solo il volto era vero. Magari pure il nome. Il resto glielo aveva cucito contro, l’aveva fabbricato di sua mano.

Aveva parlato con May; con lei aveva realizzato, poco a poco, comunque non riuscendo a confessare, confessarsi, come l’avesse tracciato. Come gli avesse dato voce e tono, come fosse mera finzione. I contorni li aveva abbozzati, ripassati, il colore l’aveva inventato. La figura l’aveva presa per fargli spazio in una realtà fittizia.

Chiaramente sbagliava, chiaramente lo sapeva. Eppure ancora quella figura la tracciava, la sovrapponeva dove non ve n’era una. Dove c’era, anche se non proprio.
Era complicato.

Pensava: non mi fido degli altri. Non mi fido degli adulti in particolare.
Credeva che fosse nei ragazzi più grandi che avrebbe ritrovato quella speranza, un tempo certezza.
Pensava: non so ricercare affetto, sono spaventata all’idea di chiedere troppo. Troppo tutto. Mi serve poco spazio.
Cercava quelli che ti abbracciavano con lo sguardo.
Pensava: non meriterei neppure di trovarla una persona, una che sia tutto ciò che l’immagino d’essere.
Cercava di non pensarci troppo, a quel punto.

“Distance makes the heart grow fonder”
makes me wonder,
does it work for imagination too?
For those characters in your own head
for the versions you created of yourself?
‘cause the distance is an abyss there
fiction is the farthest lover
the inconsistent thread
and you pull and pull and then?

‘Cause I fell and I fell
for someone who wasn’t there,
someone written so nicely,
who followed the script I’ve designed
but even then
I wasn’t exactly as I manufactured myself

I’m not that kind, not that striking
way more sarcastic
closed up, fortifications up high
I’m even remembering it right?

Or are they facts woven together,
from another planet, a make-up future?
probably glimpses of perceptions,
fucked-up projections
again, fucking again
can they stop rewriting themselves?

Now I'm begging for footnotes in the story of your life