Secret Santa 2016

Partiamo da un semplice presupposto: a me il Natale non era mai piaciuto più di tanto. Sia chiaro, nella mia famiglia era sempre stata un'istituzione, quella festività rappresentava l'occasione più importante per stare tutti assieme, arrivavano i parenti sparpagliati in ogni dove e diciamocelo... l'America è quel posto in cui la religione, pur essendo molto spesso cagata male da chiunque, a Natale diventa tutto molto più importante. Per tutti, ma ovviamente non per me: il Natale rappresentava solamente l'occasione migliore per ricordarmi, come al solito, quanto io mi sentissi poco parte di quel nucleo familiare. Jonah riceveva caterve di regali nonostante fosse di alcuni anni più grande di me, mentre io ricevevo giusto il minimo sindacale. Non piacevo granché ai parenti, ma neanche ai miei genitori a dire il vero e questo non era mai stato un mistero per nessuno. Da quando mi ero trasferito dalla zia Avril a Londra, invece, avevo alternato un Natale a casa ed uno a scuola: come ho già spiegato più volte adoravo i suoi gatti, ma se possibile passare quella dannata festa in compagnia di dodici palle di pelo, una donna con un perenne velo di tristezza sugli occhi ed una bottiglia di Brandy non era proprio il massimo dell'intrattenimento. Per quell'anno, quindi, complice anche il fatto di dovermi prendere cura di Doug, avevo deciso di rimanere a scuola seguendo la tradizione non scritta dell'alternanza. Il motivo per il quale però avessi anche deciso di impelagarmi in cose stupide delle quali poi mi sarei certamente pentito come quello che veniva chiamato "Secret Santa", ecco, quello non mi era ancora del tutto chiaro. E difatti, come da previsioni, sentii un forte sentimento d'odio verso la mia persona nell'esatto momento in cui la sera stabilita mi presentai in Sala Grande con i pacchetti che mi ero fatto recapitare dal Ghirigoro sotto braccio. «Gesù...» mormorai sconsolato alla vista di così tante persone. Dovevo trovare Ronnie quanto più in fretta possibile, altrimenti mi sarei ucciso prima. Magari aveva rubato qualcosa da bere, non si poteva mai sapere. Ad un certo punto, una specie di forza invisibile iniziò a spingermi da dietro -e posso giurarvi che provai a prendere a pugni il malcapitato invisibile, salvo poi rendermi conto che non c'era nessuno dietro di me a rompere le scatole- fino a condurmi dinnanzi a Camille. Già, la bella Corvonero, gemella di uno dei miei strambi amici Grifondoro nonché membro a tutti gli effetti della nostra cricca di scalmanati, era il destinatario del mio regalo per quel Secret Santa. Il che era sia un bene, perché almeno non ho dovuto scervellarmi troppo per trovare cosa comprare, quanto al tempo stesso una perdita di tempo: le avrei comunque fatto un regalino, con ogni probabilità, quindi quella pagliacciata era inutile. Ma le voci di corridoio dicevano che ci fosse la Thorsen dietro quell'evento ed avevo sinceramente paura che mi mangiasse o in alternativa mi schiacciasse se mi fossi iscritto e poi non presentato. Quella donna sembrava tutto zucchero e caramelle, ma credo di essere l'unico ad averla vista per quello che è sotto quello strato di dolciumi e brillantini: un demonio perfido pronto a colpirti a tradimento. Ma comunque.
«Ciao Cami.» le dissi, abbozzando un sorriso tirato prima di abbracciarla velocemente. Mi sembrava tutto tremendamente stupido, ma era pur sempre una mia amica. «Ecco, questi sono per te. Non aspettarti barba bianca o costumi rossi, però... cose del genere riserviamole per i trip durante i festini privati.» le dissi, mentre le consegnavo i pacchetti che contenevano i libri che avevo appositamente scelto per lei, vista la sua passione per la cultura greca e... be', la mia per tutto ciò che è nerd e/o geek. Rimanemmo a conversare solo per alcuni minuti, prima che quella stessa fastidiosa forza simile ad una corrente d'aria mi portasse altrove, più precisamente al cospetto di una ragazzetta di Serpeverde che sapevo per certo essere di un anno più piccola di me perché all'inizio del mio secondo anno seguii con particolare interesse la cerimonia dello smistamento, ma con la quale non avevo sinceramente mai parlato. Era lei la mia Babba Natala? O forse era più corretto dire Befana? Anche lei porta i regali, qualcuno dice che sia l'amante del buon Santa Klaus. Che, tra l'altro, poverello... la vita è stata proprio grama con lui. Ma non divaghiamo!
Rimasi sinceramente sorpreso, ma ehi, almeno se ricevevo quel regalo potevo anche andarmene e magari scampare le ire della Rotondissima. «Ciao, Carrie-Anne. Io sono Max e ti ringrazierei, ma in effetti mi hai fatto questo regalo perché dovevi farlo per via di questo evento e non perché è stato un tuo pensiero, ma... ok, no, sto pensando ad alta voce. Grazie.» dissi, riuscendo a fermarmi prima di farla partecipe del fatto che credevo che fosse più appropriato definirsi befana: sarebbe stato in effetti poco carino, e se persino io riuscivo a rendermene conto significava davvero tanto. Scartai il regalo della ragazza e con mia enorme sorpresa constatai che si trattavano di uova di drago. Uova di drago di cioccolata. Uova di drago di cioccolata che contenevano draghi giocattolo. Come facevo a sapere tutte quelle cose? Perché sono un fottuto nerd collezionista, le conoscevo stra-bene quelle cose. Ed in più amo la cioccolata. «Signorina, lei ha appena fatto breccia nel mio cuore con questo regalo.» le dissi, ovviamente scherzando -o anche no, magari ci scappava il limone stava (?)-, ma con un sincero sorriso entusiasta.