Hogwarts: Il Paiolo Magico - {Harry Potter GDR}

Posts written by Noruwei

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    aww, io so chi sei ♥ (Su fb sono Allyn Davies v-v)
    E dopo questa premessa inquietante, duh, benvenutissima, amo il fatto che segui tantissime serie che adoro anch'io *-*
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    Ciau, benvenuta <3
    Personalmente appena arrivata sono stata favorevolmente colpita dalla calorosa accoglienza e spero sarà così anche per te c-c Mi dispiace per le passate brutte esperienze ç_ç
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    Interagisco con Shane, Rosaleen, Ji, Erik, Stefan v-v

    ABxfOyG
    Allyn Davies
    La mia ignoranza, pur avendo grosse lacune, è enciclopedica.
    Copre tutti i campi dello scibile umano.
    «Wallace, non ti facevo così bacchettone berciò, roteando gli occhi, quando lo scozzese provò a fargli la morale. Sorrise con falsa superiorità, soddisfatto che le due primine si fossero schierate dalla parte giusta. «Ascolta quelle che contano.»
    Le due, come aveva appena appreso, si chiamavano rispettivamente Rose (vestito rosso) e Shane (vestito verde). Seguì il resto del discorso distrattamente, cogliendone solo frammenti sparsi a proposito di kilt, lasciando che lo sguardo vagasse verso l'uscita del labirinto, finché Ji non comparì, affiancata da Erik Mor. Era così prevedibile.
    Per quanto gli costasse ammetterlo, era davvero splendida, nonostante risultasse mezza nuda vista la trasparenza (e l'aderenza) dalla vita in sù. Per un secondo i loro occhi s'incrociarono (anche lei l'aveva cercato nella folla?), mentre la rossa al suo fianco gli chiedeva a proposito di sua sorella Deborah, balbettando con incertezza il suo nome. «Ah? Sì.» rispose, osservando con la coda dell'occhio la coppia di Grifondoro che sfilava fino a raggiungere il buffet.
    «Godric, spostiamoci.» soffiò a bassa voce, senza curarsi di dissimulare la sfumatura velenosa. L'ultima cosa che voleva in quel momento era doversi sopportare quelli insieme, quindi meno ce li aveva davanti, meglio era.
    Nel frattempo lo spiazzo aveva iniziato a riempirsi, tra i presenti riconobbe il gemello di Erik, ma finì per soffermarsi una enigmatica ragazza dall'abito bianco che non aveva mai visto prima. Indugiò su di lei per una frazione di secondo, prima che Mor irrompesse nella sua visuale, affondando la mano nel pacchetto di gelatine che il ragazzo gli lasciò.
    «Erik, come va?» disse piattamente, senza nessuna particolare inclinazione, nonostante la rigidità della mascella lasciasse intuire un malcelato fastidio per quell'intrusione. Da quanto era tornati a essere amiconi? «Levi.» aggiunse poi, rivolto alla sua ex, accompagnando alle parole un annoiato cenno della nuca. Prima, però, che potesse lanciarle qualsiasi frecciatina ('Mor? Fai sul serio?'), un tale le aveva posato le mani sugli occhi. Potrei vomitare, pensò, infilando le mani nelle tasche. «Volete che vi lasciamo un po' di intimità?» ironizzò, l'angolo sinistro delle labbra che si alzava verso l'alto in un sorriso sghembo di placida provocazione. Si era rotto di quelle stronzate - cioè, era ovvio che Jiselle lo facesse apposta.
    Per fortuna fu Rose a ricordargli cosa ci faceva davvero lì: cibo. In quel momento la primina gli pareva la via di fuga migliore per scostarsi da quella specie di fan-club della Levi nel quale - non sapeva nemmeno lui come - era finito fatalmente in mezzo. Cioè - fuck - anche lui era sembrato così demente visto da fuori?
    «Sto morendo di fame.» affermò senza esitare, con un sorriso freddo nei confronti della concasata che si riscaldò immediatamente non appena mutò direzione. Del resto, sia lui che la Levi erano troppo cocciuti per ammettere qualsivoglia errore. «Divertiti.» le augurò, roteando gli occhi. Era sicuro che Jiselle non avrebbe avuto difficoltà in quello, visto anche il Martini che teneva tra le dita affusolate. Le diede le spalle, recuperando un piatto di plastica per poi riempirlo con qualche tramezzino.
    «Dunque-- voi due siete tipo compagne di classe? Stessa casata?» disse, indicando con un rapido movimento dell'indice prima Rose poi Shane, utilizzando un volume abbastanza alto in modo che Jiselle potesse sentire, giusto per dimostrarle quanto poco gli fregasse delle sue nuove conquiste. In realtà, non era che gli interessasse davvero delle risposte, ma, del resto, che diavolo avrebbero dovuto fare in quelle ore di noia, se non chiacchierare di cose vacue e sfottere gli sfigati che avrebbero dovuto ballare? E, di certo, tenendo la mente impegnata avrebbe evitato di continuare a guardare la sua ex ragazza, desiderando strangolare chiunque le si avvicinasse.
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    PRESENTE
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    Interagisco con Ky, Dim, Aidan e la damigella in rosso u_u

    ABxfOyG
    Allyn Davies
    La mia ignoranza, pur avendo grosse lacune, è enciclopedica.
    Copre tutti i campi dello scibile umano.
    Quando l'ultima campanella dell'anno aveva suonato si era scatenato un putiferio. Da parte sua Allyn Davies sentiva già l'aria di libertà nei polmoni - quell'aria tipicamente Californiana, che sapeva di mare, spiaggia e skateboarding. Ovviamente, essendo determinato a non aprire un libro che fosse uno durante l'estate, avrebbe copiato i compiti l'ultima settimana, ma in quel momento quei pensieri erano ancora lontani dalla sua mente, troppo impegnato a cercare di azzeccare il bottone esatto di quella stupida camicia.
    «Al diavolo.» imprecò a bassa voce, passandosi una mano tra i capelli disordinati. Non era elegante come avrebbe previsto il protocollo, ma se non altro la camicia consisteva un gran miglioramento rispetto alla t-shirt dell'anno scorso - chissà, magari per il terzo anno avrebbe persino abbandonato i jeans.
    Sceso dalla torre di Grifondoro si avviò verso gli esterni, dove avrebbe dovuto incontrare Aidan. Se le cose fossero andate diversamente, probabilmente avrebbe atteso in sala comune Ji per andare insieme, ma le cose erano andate com'erano andate e doveva smetterla di pensarci, ripetendo all'infinito il loro litigio della mente.
    Del resto, "bros before hoes", ecco. Le femmine portavano sono guai e rotture di scatole.
    «'Dan!» esclamò, riconoscendo i riccioli biondi dell'amico e rivolgendogli un cenno della mano a mo' di saluto. Aidan era una costante, non sarebbe riuscito a immaginarsi Hogwarts senza di lui. «Godric, un altro anno è passato.» formulò con una sfumatura tragica nella voce, mentre si dirigevano verso il labirinto. «E siamo ancora vivi, riesci a crederci?» In effetti, se l'erano vista brutta svariate volte. Prima fra tutte la lezione degli antidoti della Grael: cioè, avevano rischiato di crepare il primo giorno di scuola. Pareva passato un secolo.
    Presa una delle buste di carta, lasciò sull'erba la molletta a forma di farfalla, iniziando a frugarci dentro. Tirato fuori un pacchetto di caramelle, lasciato dov'era il resto (che diavolo avrebbe dovuto farsi di un fiore?), procedette per la sua strada, lanciando in aria una gelatina per volta, cercando di riprenderla al volo con la bocca.
    La maggior parte si adagiò sul prato, senza però impensierire più di tanto il Grifondoro. «Credo che questa sia cerume.» disse, masticando riflessivo. «Vuoi provare?» aggiunse, agitando il pacchetto sotto il naso dell'amico, per poi cacciare con un'occhiataccia una fatina che aveva preso a tirargli con insistenza una ciocca di capelli.
    Era una fortuna che lo staff scolastico avesse avuto l'accortezza di sistemare delle frecce a indicare il percorso, se no tipo tutti gli studente sarebbe finito per perdersi all'interno del labirinto e addio tradizione.
    «Se non altro questa volta non dobbiamo ballare.» osservò convinto, assaporando una gelatina alla fragola, riferendosi a quando la Doherty li aveva costretti a fare i balli di gruppo l'ultima sera di scuola. La verità era che non sapeva un passo di danza, quello, però, non gli avrebbe impedito di sistemarsi a un lato della pista a sfottere gli inetti che ci provavano.
    Superato un arco di fiori, il ragazzo intuì che dovevano essere arrivati, stando al primo accenno di folla. Rivolse una smorfia in direzione dei troni: dentro di sé detestava quell'idiozia che aveva portato la popolazione femminile alla competizione più sfrenata, ormai non si poteva fare più due passi per i corridoi senza trovarsi qualche poster di propaganda, che puntualmente si dilettava a decorare con un pennarello indelebile aggiungendo baffoni e brufoli. Del resto, ognuno trova i propri modi per divertirsi.
    «Prima il buffet o i saluti?» interrogò il compagno, rivolgendogli un'occhiata speranzosa nei confronti della prima opzione. Dopotutto, mangiare era l'unico vero motivo per cui sopportavano quella tediosa tortura. Okay, avrebbero avuto tutto il tempo per riempirsi lo stomaco di tortine, dunque... «Kosolov!» esclamò, dirigendosi verso la coppia in cui era compresa la Caposcuola di Tassorosso. Dopo il primo non proprio positivo approccio alla sua festa di compleanno, aveva iniziato a rivalutare il Corvonero solo nell'ultimo periodo, quando egli nel tentativo di guadagnare la sua stima aveva accettato di prendere per i fondelli Houston spedendogli una lettera d'amore per San Valentino.
    «Come ti butta?» Rivolse dunque lo sguardo verso la sua accompagnatrice. Kyla Lyram, ultimo anno, quella notte era davvero mozzafiato. «Devo ammettere che rispetto a Houston è un drastico miglioramento.» scherzò, per poi aggiungere più sul serio, facendo un cenno con la nuca verso una primina che aveva appena parlato. «Ha ragione, sei incantevole.» Normalmente non l'avrebbe mai detto, ma l'ironia di fare complimenti alla storica rivale della Levi era un po' come fare un dispetto alla sua ex, anche se quelle parole erano vere.
    Si rivolse quindi alla fanciulla vestita di rosso, presentandosi con un rilassato «Allyn Davies.», incurante del proprio abbigliamento informale. Con ogni probabilità conosceva sua sorella Debbie e, sempre con (quasi) ogni probabilità l'aveva guidata nel tour della scuola il primo giorno. «Gelatina?» azzardò, inclinando verso di lei il pacchetto. E poi la gente diceva che non era un gentleman.
    Nel frattempo si sforzava con tutto se stesso di non rivolgere lo sguardo verso l'entrata che dava sul labirinto, soffocando la propria morbosa curiosità nei confronti dell'arrivo di Jiselle.
    «Secondo te con chi viene?» formulò, inclinando la nuca verso Aidan, la sfumatura funerea negli occhi chiari che traduceva perfettamente il suo entusiasmo. Dopo aver passato le ultime settimane a ripetere quanto gliene fregasse poco quello poteva sembrare leggermente incoerente, ma l'indole capricciosa del prefetto era ormai risaputa, visto la leggerezza con cui elargiva e levava punizioni a seconda della simpatia.
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    Bentornato! <3
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    She was still a girl, a slight lovely girl who lay in bed and ate chocolates, a girl whose hair smelled like hyacinth and whose scarves fluttered jauntily in the breeze. But strange and marvelous as she was, a wisp of silk in a forest of black wool, she was not the fragile creature one would have her seem.
    - The Secret History, Donna Tartt

    L
    a Corvonero non ascoltava più il ragazzo alle sue spalle, concentrata su quello che stava facendo. Non avrebbe saputo dire quando gli fosse nata l'ossessione per quella vecchia pietra: forse al primo anno, forse solo due settimane fa, quando giocando era finita a nascondersi dietro di essa. Tuttavia, quando Emrys pronunciò quelle parole con quella serietà non riuscì a non fissare gli occhi genuinamente sorpresi su di lui, una volta sciolto quell'abbraccio spontaneo. Sentiva il bisogno di cambiare discorso, prima di fare qualcos'altro di idiota, eppure non smise di pensare a quel calore mentre si fingeva intenta ad analizzare con tutta se stessa il masso, in parte infastidita per il fatto di non trovare alcun indizio. Alla fine, chissà, forse era davvero solo una stupida pietra e Charles aveva ragione a fare lo scettico.
    Le parole di Emrys la spinsero a voltare il viso verso di lui.
    «Dici?» In effetti, la sua spiegazione era molto più logica che l'idea di un complotto internazionale per nascondere chissà che cosa. «Però così non è divertente.» aggiunse, sporgendo il labbro inferiore in un broncio deluso. «Preferivo la mia versione.» Lo seguì con lo sguardo, mentre girava intorno a una delle pietre, stupendosi dell'interesse che stava dimostrando - cioè, non l'aveva ancora presa in giro! Si scoprì impressionata, ascoltando l'esposizione del Corvonero. L'aveva notato anche durante le interrogazioni: Emrys Howell aveva quel distaccato pragmatismo che portava le persone a prenderlo sul serio.
    Dovremmo andare là a provare per vedere cosa succede.
    «Oh sì!» disse eccitata, gli occhi luminosi, accompagnando quelle parole un sorriso allegro. «Magari durante l'estate potremmo... giusto, la traccia s'interruppe con una smorfia. Non avrebbero potuto testare l'effetto del Bombarda su Stonehenge, visto che al Ministero sarebbe stato immediatamente segnalato l'utilizzo della magia da parte di minorenni. «Nell'estate dei diciassette anni.» promise, annuendo convinta, appoggiando le mani sulla pietra, per poi piegare il busto verso destra, trovando gli occhi di Emrys. «Sarebbe fooorte se ci fosse qualche collegamento.»
    Il Corvonero si era di nuovo ritratto dietro la roccia costringendo la quattordicenne a fare il giro. Si strinse leggermente nella giacca, percependo una ventata di aria fredda scompigliarle i capelli biondi. «Emrys,» disse pensierosa, grattandosi la punta del naso col dorso della mano. «Mi annoio, giochiamo a qualcosa?» chiese interrogativa, sfiorandogli il braccio con le dita e picchiettando leggermente. «Non voglio tornare al castello così presto.» Era vero, nonostante dovesse vedere Charles di lì a un quarto d'ora là fuori si stava così bene e poi aveva voglia di fare uno di quei giochi che la divertivano un casino da bambina. Era vagamente consapevole che ad occhi esterni potesse sembrare infantile, ma Camille Macaulay si era sempre sentita distante dalle sue coetanee più smaliziate e, infatti, nei tratti del suo viso persisteva un che di bambinesco che spesso induceva i docenti a trattarla con una maggiore permissività.
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    Edited by Noruwei - 12/8/2016, 20:20
  8. .
    Benvenutaaa v-v

    Edited by Noruwei - 22/5/2016, 13:10
  9. .
    Benvenuto *-*
    Anch'io tendo a essere come te, quando mi prendo con la lettura finisco per leggere un libro intero in uno massimo tre giorni u-u
  10. .
    #tuttoaposto
    Emilirose Harrison
    Theo Raeken


    CONTROLLO ESEGUITO

    Edited by Calipso; - 24/5/2016, 10:33
  11. .
    “You are not thrown into the fire, you are the fire.”
    Allyn
    Davies
    Grifondoro
    Mezzo sangue
    II anno
    Caotico neutrale
    Prefetto
    Il tono ironicamente divertito della Lagrange gli dava più fastidio di quanto desse a vedere, probabilmente perché - ne era consapevole - lo stava leziosamente manipolando. Da una parte, tirandosi indietro avrebbe fatto la figura del pisciasotto, ma dall'altro, accettando i patti, sarebbe stato al suo gioco.
    «Non ho paura ribatté sprezzante, irrigidendosi dinanzi a quell'insinuazione. Stiracchiò una smorfia, squadrandola di sottecchi. «E tu invece?» la stuzzicò, ritornando a quel tono di placida malizia.
    Il modo con cui Isobelle si lavò le mani sulla questione di Halliwell non lo insospettì più di tanto: in quella scuola i pettegolezzi giravano in fretta e, spesso, le voci venivano leggermente distorte. «Hei, hei, calma, darling.» La interruppe con un gesto della mano. «Solo perché ora stiamo parlando non significa che non sia ancora in tempo per rispedirti a calci in Sala Comune.» Lasciò che quelle parole facessero effetto, prima di rivolgerle un rapido sfacciato sorriso. «Peccato che tu sia così divertente.» aggiunse, aggrottando la fronte pensieroso.
    In fondo, lo ammetteva, la proposta lo allettava. Aveva sempre avuto un debole per le sfide e, inoltre, il desiderio di dimostrare il proprio valore lo solleticava tanto quanto bastava a chiudere un occhio sulla presenza della ragazza al di fuori del coprifuoco.
    Avanzata la propria proposta, appoggiato allo stipite, attese la risposta della Serpeverde. Cosa accadde in quei decimi di secondo nella mente della Lagrange? Valutò i pro e contro? Allyn non ne poteva essere sicuro, ma sospettava che le sue emozioni non fossero tanto lontane dall'adrenalinica tentazione che aveva provato lui stesso pochi minuti prima.
    «Stessa cosa per me.» ribatté il ragazzo al commento della Lagrange sulla penitenza che lo aspettava. Non si sarebbe aspettato nulla di meno da lei. «Non credere che ci andrò piano solo perché sei femmina.» buttò lì con noncuranza, senza curarsi di giocare sporco. Dopotutto era stata lei a iniziare a stuzzicarlo, usando come leva il suo orgoglio.
    Gli occhi della Serpeverde erano fissi sui suoi, come a sfidarlo. Sarebbe stata una avversaria, eppure la cosa, invece di spaventarlo, lo allietava. Non sarebbe stato divertente stracciare una mammoletta. Guidò dunque il movimento della porta sotto la spinta di Isobelle, e, una volta all'interno, rivolse un'occhiata verso la parete dove erano affissi tutti i decreti scolastici. Godric, non pensava fossero davvero così tanti.
    Nell'ascoltare le parole della fanciulla sogghignò.
    «Cosa sentono le mie orecchie!» disse teatrale, rivolgendo un'occhiata di falsa delizia alla compagna. «Sta davvero pronunciando la parola "non posso", Miss Lagrange? Sbaglio o ho già vinto?» Schioccò la lingua contro il palato, volgendo il busto. «Pensavo sarebbe stato meno semplice disse allegramente, appoggiando le spalle alla parete e incrociando le caviglie. «Certo che potevi trovarti una scusa migliore, limonarti una sirena ti terrorizza così tanto?» continuò, senza alcuna precisa intenzione. Indurre la Lagrange a ritrattare? Auto-glorificarsi per la vittoria? Niente di tutto quello, semplicemente faceva parte della sua natura cercare di far perdere le staffe alle persone. E, poi, in fondo desiderava quella guerra all'ultima infrazione. Senza sconti. Anche a costo di urtare i nervi della Serpeverde.
    Per giunta non era nemmeno una sirena vera.
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  12. .
    “You are not thrown into the fire, you are the fire.”
    Allyn
    Davies
    Grifondoro
    Mezzo sangue
    II anno
    Caotico neutrale
    Prefetto
    Si era aspettato che fosse come ricevere una pugnalata al petto, invece provava solo una strana freddezza. Che altro fare? Già, che altro? Che senso poteva avere combattere per qualcosa, quando erano troppo presi a farlo tra di loro?
    «Ma per favore.» sbottò, scimmiottandola nella mente ("non vedo l'Allyn che conosco"). Ma che era? Una scena drammatica presa da un filmetto romantico di serie C? «Sono sempre io Sottolineò, per poi inclinare la testa verso sinistra. «Magari invece sei tu a essere cambiata. Ci hai pensato? Godric, alle volte sembravi mia madre! I voti, "dovresti studiare", la tua stupida media di tutte E.» sputò, i pugni serrati. In realtà, quello non è che c'entrasse sul serio qualcosa, tuttavia quei tratti che aveva sempre trovato lievemente irritanti improvvisamente gli parevano uno scoglio insormontabile.
    C'era stato un periodo, quando erano solo amici, che quei problemi non esistevano. Gelosie, fastidi immotivati erano pensieri così lontani - come quel pomeriggio estivo. Forse se fossero rimasti così, in quella sorta di limbo tra amicizia e affetto romantico, le cose sarebbero andate diversamente. Eppure nulla di ciò era ancora possibile, non dopo tutto quello che era accaduto, tutto quello che avevano passato.
    Inspirò lentamente, infilando le mani nelle tasche. «È okay.» si costrinse a dire con la mascella irrigidita. «Hai ragione, sono stanco di dovermi giustificare per ogni cosa, Ji.»
    Era stata lei a iniziare con i confronti, quando gli aveva detto di crescere con quello stesso sguardo esasperato di quando si accorgeva che non aveva seguito una parola della sua spiegazione sulla trasfigurazione del secondo gruppo. Forse il problema è che erano troppo diversi. Lei era così... fastidiosamente perfetta, con la media perfetta, matura (più di lui, almeno), mentre lui tendeva ad allontanare tutte le persone di cui finiva per affezionarsi nel profondo per quel desiderio inconscio di mantenere la propria autonomia.
    Non rispose a quell'ultimo 'stai bene', preferendo procedere per il corridoio senza voltarsi. Quando si voltò (un'ultima esitazione, un'ultima chance di tornare indietro) Jiselle aveva già voltato l'angolo, sparendo dalla sua visuale.
    Era finita.
    Finita per davvero.

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    “You are not thrown into the fire, you are the fire.”
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    Jiselle si avvicinò di un passo e Allyn si preparò psicologicamente alla sberla che, però, non arrivò. In compenso la ragazza preferì afferrare la sua cravatta, accompagnando il gesto con un raffinato "vaffanculo", concludendo con il gettarla sul pavimento del corridoio. Prima che potesse chinarsi per raccoglierla la Grifondoro lo spintonò, usando il petto come leva.
    Qualcuno aveva iniziato a ridacchiare, ma Allyn non ci fece caso. In quel momento dell'idea che i primini potevano avere di loro due non gliene fregava proprio nulla. E, in realtà, persino le urla di Ji iniziavano a essere tediose, visto il mal di testa che gli stavano procurando.
    Seguì la direzione della mano di Ji verso il gruppo di ragazzini, intenti a guardarli e rivolse loro una smorfia, notando le loro espressioni tese, probabilmente avevano il terrore di essere le nuove vittime della rabbia della fanciulla. Rimase due secondi senza parole, a osservare la schiena di Jiselle allontanarsi, poi piegò le ginocchia, stringendo le dita intorno al tessuto rosso-oro, il rumore delle suole della Grifondoro che percorrevano con rabbia il corridoio verso l'uscita.
    Per un attimo pensò di rincorrerla, di bloccarla per il polso e costringerla a voltarsi, di baciarla sulla fronte, poi - prima che potesse schiaffeggiarlo - sulle labbra, di pregarla di non andarsene perché aveva bisogno di lei. Prima, in quel momento, per sempre. Eppure le sue gambe non si muovevano come ancorate al suolo, il pugno destro stretto attorno alla cravatta che pendeva lungo il fianco.
    «Mi stai lasciando?»
    Si stupì di quanto il tono suonasse distaccato, completamente privo del casino che percepiva dentro di sé. «Ji?» insistette, avanzando di due passi. Aveva bisogno di sentirselo dire.
    Quella frattura creatosi mesi prima in infermeria (oh, che ironia) non aveva fatto che allargarsi sempre di più, in modo che la lama potesse conficcarsi più a fondo, permettendo il crearsi dell'infezione che lo guidava a pensare che Jiselle Levi non fosse altro che un'ipocrita. Lo sapeva, giusto? L'aveva sempre saputo che non era dotato di chissà quale maturità, che non sarebbe mai stato alla sua altezza, ma aveva detto di amarlo comunque. E ora glielo rinfacciava, come se lui l'avesse in qualche modo truffata.
    Si umettò le labbra, percependosi in qualche modo offeso. Che diritto aveva Jiselle di rinfacciargli una cosa del genere? Era stata lei a sceglierlo, a baciarlo quel pomeriggio in California nella sua stanza, tra le piume dei cuscini.
    «Dopotutto io sono quello che deve crescere continuò e, ancora, c'era quella sfumatura ironica così sbagliata. «Come posso reggere il confronto con la favolosa Jiselle Levi?»
    Lasciò ricadere nella borsa la cravatta, voltando le spalle verso l'uscita opposta.
    «Va al diavolo.» disse, sentendo la stramba promessa di quell'estate risuonargli nella mente. Saremo così per sempre, aveva detto. Inspirò, sistemandosi la tracolla sulla spalla: era una di quelle stronzate che si dicono quando tutto va bene.

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    “You are not thrown into the fire, you are the fire.”
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    Il Grifondoro sbuffò, passandosi svogliatamente una mano tra i capelli. «Visto? Lo sapevo che saresti andata sulla difensiva.» Lo faceva sempre, quando parlava del suo peso - oppure cambiava discorso, adducendo impegni e altro. E lei chiedeva quale fosse il suo di problema. «Oh, diavolo, scusa se mi preoccupo per la tua salute.» ribatté, stiracchiando una smorfia. «Come si fa a essere così crudeli?» Non aveva fatto o detto nulla di male. Era vero, la cravatta da studente perfettino lo infastidiva, infatti se l'era tolta. Che avrebbe dovuto fare? Tenerla addosso giusto per renderla contenta?
    «Stai facendo tutto tu.» rimarcò, alzando gli occhi verso al soffitto, accorgendosi degli studenti che avevano iniziato a fermarsi per assistere al resto del litigio. Era consapevole che Ji avesse ragione sul fatto che aveva un problema e quel problema aveva un nome e un cognome: Isobelle Lagrange e la sua stupida sfida che era del tutto intenzionato a vincere - e non poteva permettersi distrazioni. In un contesto più generale, forse, sarebbe stato più corretto dire che avevano un problema, lui e Jiselle.
    Era da mesi che non facevano altro che discutere, anche sulle piccole cose. Solitamente quelle brevi litigate si risolvevano in una giornata con uno dei due che ritornava sui propri passi, adducendo a qualche goffa giustificazione. Quella volta, però, Allyn non sentiva di doversi scusare per un bel niente. Per Godric, le aveva solo detto di mangiare qualcosa se non voleva volare via al primo colpo di vento, poi Ji aveva deciso di dare inizio a quella scenata melodrammatica.
    Sostenne sfacciatamente lo sguardo della fanciulla, avvicinatosi di un passo, domandandosi che volesse fare. Dargli uno schiaffo? Sarebbe stata la prova della sua psicopatia. A quanto pare, però, non erano ancora a quei livelli, visto che la ragazza preferì fare un passo destra, come per evidenziare quanto le facesse schifo stargli anche solo vicino.
    Cosa cosa cosa?, pensò, ascoltando il mare di idiozie che uscivano dalla bocca della Grifondoro, senza tuttavia riuscire a evitare di pensare che - in ogni caso - era bellissima anche da incazzata (senza motivo, precisò a se stesso con una sfumatura di cieca ostinazione).
    «Io sarei quello a cui rode il culo?» disse, inarcando un sopracciglio. Era lei che aveva appena fatto la parte della schizzata davanti a tutto il primo anno, solo perché le aveva suggerito di cenare. Oppure era per la cravatta? Infilò la mano nella borsa, recuperandola bruscamente, per poi voltarsi in modo da avere di fronte a sé la schiena della Levi, che si stava dirigendo verso l'uscita dei sotterranei.
    «Dio, è per questa, vero?» domandò tagliente, mentre se la riannodava malamente al collo, con gesti rapidi e furiosi. «Andiamo, ora puoi risistemarla Avanzò di qualche passo, ignorando la stoffa rosso-oro che ricadeva con malagrazia sul petto, sopra la divisa scolastica. Allargò le braccia ironicamente. «Felice adesso?»
    Nonostante prima avesse voluto starsene in pace per occuparsi del suo piano, ora che Ji se ne stava andando, non avrebbe mai potuto lasciarle l'ultima parola in un litigio. «E la prossima volta che hai le tue cose avvertimi con ventiquattro ore di anticipo.» aggiunse, arricciando le labbra, il mento alzato. «Così che evito commenti che turbino la tua sensibilità
    Allyn era sempre stata una persona passionale, incline a farsi trascinare dallo stato d'animo del momento. E quello, unito al suo discreto talento nell'arte di far perdere l'autocontrollo a coloro che lo circondavano, poteva divenire il suo difetto peggiore.

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    “You are not thrown into the fire, you are the fire.”
    Allyn
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    Come aveva previsto, Isobelle non era il tipo da lasciarsi impressionare con tanta facilità, al contrario, era come se una luce nel suo sguardo felino si fosse animata da quando aveva incominciato quella conversazione. Il pallore della banalità era sparito, lasciando il posto all'eccitazione della caccia, tradita unicamente dall'angolo sinistro delle labbra teso verso l'alto. Se fosse vissuta in Grecia secoli prima probabilmente Isobelle Lagrange sarebbe stata ritratta come la dea della discordia che con la delizia di una bambina annoiata scatenò la guerra di Troia.
    Era un contrasto perfetto: un demone racchiuso in un corpicino da bambolina. Nonostante Allyn lo sapesse che non ci si potesse fidare di Isy - era un anno che ci conviveva in classe - che motivo avrebbe avuto la Serpeverde di mentire? Non poteva aver azzeccato con tanta noncuranza il suo tallone d'Achille, quel nauseante sospetto di essere cambiato per andare incontro a Jiselle, alle sue aspettative. Cioè, cazzo, era un cliché così disgustoso.
    «Non sei credibile.» sbuffò, accorgendosi dei tentativi della Serpeverde di sembrare innocente. Chiunque, conoscendola, avrebbe riso di gusto davanti a quella performance. «Cos'hai davvero in mente? Vuoi sul serio che infranga tutti i decreti?»
    Era assurdo. Quello, però, non lo disse ad alta voce. Ad essere sincero, non sapeva nemmeno quali fossero con esattezza, visto che si era sempre fermato dal leggere prima di superare i primi cinque.
    Con sua sorpresa la ragazza acconsentì a dargli nomi, provocando una smorfia sul volto del Grifondoro. "Primini" aveva detto - lo sapeva che Houston c'entrava qualcosa, probabilmente si era voluto vendicare per quando l'aveva chiamato "portiere-mani-di-ricotta" dopo aver fatto entrare la pluffa di Cassidy. «Halliwell?» sbottò poi, irrigidendo le spalle. «Ma non ci parlo da una vita I suoi seguivano con attenzione i movimenti della fanciulla che, dopo un'aggraziata giravolta, aveva lanciato una lunga occhiata al corridoio, come per suggerirgli la direzione da prendere.
    «Sei proprio sicura?» la stuzzicò, incamminandosi di qualche passo. «Tutti-tutti?» Finse di pensarci su qualche secondo, le sopracciglia aggrottate, mimando persino un'espressione d'incertezza che venne repentinamente sostituita da una di placida malizia.
    «Mica lasci il divertimento tutto a me, vero?» Inclinò la testa di lato, infilando le mani nelle tasche. «Facciamo così: ogni regola che devo infrangere, la infrangi anche tu. Il primo che rinuncia...» Pronunciò quell'ultima parola con disprezzo. «...perde. La penitenza per il perdente la decidiamo poi.»
    Aveva raggiunto la fine del corridoio, la mano appoggiata alla maniglia, quando si voltò a guardarla. «Non vorrai che Halliwell pensi che anche tu abbia perso il tuo tocco, giusto?» la provocò, passandosi una mano tra i capelli, appoggiando poi il gomito allo stipite.
    Era giunto il momento di dare un'occhiata a quegli stupidi decreti.
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    Edited by Noruwei - 21/5/2016, 16:26
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